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L’esercito della Thatcher

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L'eredità della Lady di Ferro e le Compagnie Militari Private

Visto che mancano ancora tre giorni all’interramento di ciò che fu la Lady di Ferro, sono ancora in tempo per buttare un altro elemento sul tavolo del dibattito “Thatcher mito-Thatcher criminale”.

In realtà non so bene quale delle due tesi dovrei suffragare, visto che l’elemento stesso è oggetto di un dibattito complesso e scarsamente intellegibile; sto parlando delle Compagnie Militari Private, o CMP.

Dalla fine della Guerra Fredda, infatti, molti servizi militari (dapprima faccende semplici come la lavanderia, poi via via mansioni essenziali come l’addestramento e la sorveglianza armata) non sono più competenza esclusiva degli eserciti nazionali: alcuni paesi hanno deciso di darle in outsourcing ad aziende private composte di tecnici, ex-soldati e – specie negli ultimi tempi – sbandati in cerca di emozioni e un po’ di grana. Si tratta di veri e propri colossi economici con fatturati miliardari. L’affare, che era rimasto sottotraccia durante gli anni Novanta, è emerso in tutto il suo splendore con le avventure bushiane in Afghanistan e Iraq, dove i dipendenti delle CMP costituivano la maggioranza del personale dispiegato sul territorio, e sono finiti sotto i riflettori per un paio di episodi parecchio spiacevoli (come il pasticcio di Abu Ghraib).

Non voglio dilungarmi in riflessioni sull’opportunità o l’inopportunità di privatizzare le funzioni militari. Anche qui, c’è chi pensa che siano una manna dal cielo e chi le considera poco meno che bande di briganti prezzolati. Quel che mi interessa è che, qualunque sarà il giudizio della storia sulle CMP, le responsabilità di Margaret Thatcher nella loro ascesa non potranno essere ignorate.

Il binomio deregulation&privatization, di cui l’ex prima ministra inglese fu portabandiera, non poteva certo limitarsi ad acquedotti e ferrovie; la Lady di Ferro (imitata poi da Major e Blair) prese di petto anche il comparto della difesa, dando il via a quella privatizzazione dell’esercito che ha spianato la strada alle CMP. L’esempio inglese fu di capitale importanza oltreoceano, dove Reagan e Bush sr. seguirono le orme della Thatcher per smantellare il vetusto complesso militare-industriale a favore delle S.p.a. della guerra. E’ abbastanza? Grossomodo sì, se si considera che il 70% dei servizi militari privati vengono venduti a Gran Bretagna e Stati Uniti.

Certo, le cause di questo fenomeno sono – al solito – molteplici: i mutamenti delle tecniche belliche, la fine della contrapposizione fra super-potenze, lo smantellamento degli eserciti del Blocco orientale, che riversò sul mercato armi e soldati pronti all’uso. Ma l’ideologia sottostante, decisiva a far sì che le varie circostanze si incanalassero verso lo stato di cose attuale, ha un nome che è un neologismo: thatcherismo. Le Compagnie Militari Private, insomma, sono parte integrante della tanto discussa eredità politica di Margaret Thatcher.

Ironicamente, per la Thatcher, le CMP, più che un fatto politico, sono un affare di famiglia. Pochi ricorderanno il tentato colpo di stato in Guinea Equatoriale, nel 2004, sventato poco prima che una di queste Compagnie destituisse il presidente Nguema Mbasogo. Fra i finanziatori del golpe c’era un nome che brillava per importanza: quello di Mark Thatcher, figlio di Margaret.

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