L’atleta del mese: Nick Symmonds
Ad agosto l'ottocentista americano torna dai Mondiali di Mosca con un argento e la schiena dritta
Nel mese in cui Usain Bolt è diventato l’atleta più vincente di sempre, “A tutto campo”, sceglie di premiare il vincitore di una “misera” medaglia d’argento. La scelta può apparire solo apparentemente contradditoria. Al di là della splendida gestione di gara nella finale degli 800 metri ai Mondiali di atletica di Mosca, Symmonds è emerso in un agosto segnato dalle fenomenali prestazioni di tanti atleti perché ha saputo essere un campione anche fuori dallo stadio.
Non che agli atleti si chieda di impegnarsi in cause sociali, umanitarie o politiche, tuttavia in un mondo il cui le personalità degli atleti sono talmente omologate da apparire più influenzate da esigenze di marketing che dalla vita reale, la prese di posizione di Symmonds contro le cosiddette “leggi omofobe” in Russia è apparsa come un’autentica ventata di aria fresca.
Il mezzofondista americano non ha voluto “dissacrare” il podio o mancare di rispetto ai tifosi russi, ma nel momento di massima visibilità mediatica, garantito dalla vittoria della medaglia, ha fatto una scelta netta. Invece di limitarsi a salutare la mamma o ringraziare il gruppo sportivo di riferimento, come pedantemente tendono a fare molti atleti di casa nostra, Symmonds ha fatto una dedica speciale.
“Dedico la vittoria a tutti i miei amici omosessuali”; una semplice frase che suona come un grido di libertà perché, al di là delle “leggi omofobe” volute da Putin, non si può far a meno di notare come nel mondo dello sport i tabù nei confronti dei LGBT siano ancora ben lungi dall’essere caduti. Ben vengano allora i Symmonds o le Emma Green-Tregaro, l’atleta svedese che, sempre a Mosca, si è dipinta le unghie con lo smalto color arcobaleno durante i salti di qualificazione.
Del resto il professionismo sembra ormai aver privato lo sport di personalità forti e impegnate socialmente come Alì, Carlos e Smith. Se sul campo Messi non fa rimpiangere Maradona, al di fuori di esso la differenza carismatica fra le due figure è, nel bene e nel male, davvero impressionante.
Ecco perché al terzo posto abbiamo voluto premiare un campione italiano, capace non solo di mettere a segno la stoccata decisiva che vale l’oro nel fioretto a squadre ai Mondiali di Budapest, ma anche di impegnarsi nella vita di tutti i giorni studiando scienze politiche, per comprendere meglio certe dinamiche del mondo in cui vive e gareggia, ed intervenendo in prima persona (e non solo come testimonial) in una Onlus della sua città (Four For Africa).