Joenia Wapichana, la prima deputata indigena del Brasile che sfida le politiche di Bolsonaro
Ha 47 anni, è un avvocato e nel 2018 ha vinto un premio per i diritti umani. Ecco chi è la donna che tiene testa al presidente odiato dagli ambientalisti
La storia di Joenia Wapichana, prima deputata indigena del Brasile
Joenia Wapichana è la prima deputata indigena eletta in Brasile, dove il presidente Jair Bolsonaro sta minacciando i diritti della sua tribù e varando leggi che mettono a rischio le terre degli indiani del Brasile.
Joenia ha 45 anni ed è stata eletta il 7 ottobre del 2018, proprio in quelle elezioni che hanno visto trionfare il presidente di estrema destra, e da allora non ha smesso di opporsi alle iniziative di Bolsonaro che mettono a rischio il patrimonio delle comunità indigene.
“Quando l’ultimo albero è caduto, quando l’ultimo fiume si è seccato, quando viene pescato l’ultimo pesce, capirai che il denaro non viene mangiato“, scrive Joenia in un tweet, in cui condivide le devastanti immagini della foresta Amazzonica che in queste ore sta bruciando in Brasile anche a causa delle politiche a favore della deforestazione di Jair Bolsonaro.
Joenia Wapichana l’Amazzonia ce l’ha nel cuore, perché lei nella foresta ci è nata: è infatti originaria di Raraima, la zona più a nord del Brasile che nasce all’interno della Foresta Amazzonica, e appartiene alla tribù Wapichana, da cui ha preso il cognome.
Ha iniziato gli studi in una piccola scuola pubblica nella riserva dove viveva la famiglia. Dopo essersi diplomata, si è pagata la facoltà di legge lavorando come impiegata di giorno. A 23 anni è diventata il primo avvocato indigeno donna del Brasile.
Prima di diventare deputata, l’indigena Joenia Wapichana si è fatta conoscere in campo internazionale come difensore dei diritti umani: nel 2016 è stata l’unica a denunciare i 118 nativi che sono stati uccisi in conflitti per i terreni in Brasile e nel 2018 ha vinto il Premio per i diritti umani delle Nazioni Unite per l’impegno nel fermare le violenze contro le tribù del nord, perseguitate e costrette a lasciare la propria terra alle compagnie agricole.
“Le politiche pubbliche non possono danneggiare le persone indigene” ha dichiarato Joenia durante una conferenza organizzata da gruppi di attivisti che ha visto la partecipazione di 305 tribù e di alcuni Paesi europei in Brasile a gennaio scorso.
Eppure per Jair Bolsonaro la povertà di queste tribù può essere risolta solo facendo in modo che le industrie e le compagnie minerarie occupino i loro territori e corrispondano loro un indennizzo, politica che la comunità indigena rifiuta perché contraria alla propria cultura nativa.
In questi 10 mesi di governo, il presidente populista eletto a ottobre 2018 ha firmato un ordine esecutivo che ha tolto le responsabilità sui terreni amazzonici alla National Indian Foundation (Funai), l’organo brasiliano che si occupa delle politiche riguardanti le tribù indigene, e le ha affidate al Ministero dell’Agricoltura di Tereza Cristina, donna assai vicina alle lobby dei proprietari agricoli.
Wapichana ha denunciato più volte il fatto che la Funai sia stata deprivata dei suoi fondi e dei mezzi per difendere le persone indigene in Brasile.
La Funai gestiva i confini delle riserve indigene da 30 anni, ed era deputato, tra le altre cose, all’identificazione, delimitazione e creazione di nuove riserve indigene.
In Brasile ci sono oggi 462 riserve indigene, che occupano un’area pari al 12,2 per cento del territorio nazionale, per lo più in Amazzonia: in questi territori vivono complessivamente circa 900mila indigeni.
Joenia rappresenta loro.