Jimi Hendrix: All is by my side
Quando il potere dell’amore supererà l’amore per il potere, si avrà la pace
Il regista e scrittore statunitense John Ridley ha reso omaggio al guru del rock psichedelico Jimi Hendrix con un nuovo film, Jimi Hendrix: All is by my side, dal 18 settembre nelle sale italiane, che ripercorre l’ascesa nell’Olimpo del mainstream di quello che Rolling Stone ha definito il “più grande chitarrista di tutti i tempi”.
Dopo l’avventura di 12 anni schiavo, di cui Ridley ha curato la sceneggiatura, l’interesse è piombato sulla folgorante visionarietà di Hendrix, interpretato dal giovane musicista e attore André Lauren Benjamin, in arte André 3000, e sull’immaginario collettivo di un mondo in fermento rivoluzionario.
Il film, proposto il 7 settembre nella sezione Proiezioni Speciali al Toronto International Film Festival, abbraccia il biennio 1966-67 decisivo per il chitarrista di Seattle, che da sconosciuto sideman ha scalato le vette esplosive del successo prima con i Jimmy James and The Blue Flames, e poi con la Jimi Hendrix Experience.
Dotato di una potenza creativa e distruttiva che ha subito catalizzato l’attenzione, Hendrix ha scioccato e stravolto clichés mentali e musicali, culminando nel selvaggio live del giugno 1967 in occasione del Monterey International Pop Festival in California, storico evento durante il quale Hendrix diede alle fiamme la sua chitarra, la Fender Stratocaster, in un mix catartico di vibrazioni assordanti e gesti inconsulti.
Era nata una star, in collasso gravitazionale, dalla breve ma intesa meteora. La ricostruzione del mito prese avvio nel 1966, quando Hendrix conobbe la caparbia fidanzata dello storico chitarrista dei Rolling Stones Keith Richards, Linda Keith (Imogen Poots nel film), che lo mise in contatto con i pezzi grossi della scena musicale dell’epoca, come il manager dei Rolling Stones, Andrew Loog Oldham, e il produttore discografico Seymour Stein.
Linda Keith lo segnalò al bassista degli Animals, Chas Chandler, che notò il fuori classe Hendrix in un’esibizione a New York e, propostosi immediatamente come suo manager, trapiantò il talento di Hendrix a Londra dando vita alla Jimi Hendrix Experience con il bassista Noel Redding e il batterista Mitch Mitchell.
Furiosi, allucinati, dilanianti, ipnotici e provocatori, i live acts del trio più celebre della storia del rock hanno trasformato il brillante James Marshall Hendrix in un’icona della rivoluzione. Rimane storica l’interpretazione di Hendrix durante la convulsa jam session del 1° ottobre del 1966 con i Cream al Central London Polytechnic, e il talento di Eric Clapton – per un attimo – oscurato dagli impetuosi, febbricitanti lampi elettrici del chitarrista americano, le cui dita agili e affusolate cucivano la musica al rovescio.
Attraversato da colori brillanti e una regia a tratti psichedelica e discontinua che alterna momenti di stasi a lampi di frenesia, All is by my side apre una breve parentesi e non la chiude, evitando volutamente di mostrare la discussa morte del chitarrista. Il film è un tuffo negli anni Settanta da cui emerge una personalità tanto geniale quanto controversa dall’indole violenta, “taciturna e cerimoniosa”, ma appassionata e segnata dalla povertà e da traumi infantili.
Il film calca un po’ troppo la mano sull’immaginario collettivo legato agli anni Settanta e sulla vita sentimentale di Hendrix, il che conferisce un tono romanzato e – a tratti pesante – alla narrazione, escludendo così dalla visione altri e più importanti elementi discorsivi, quali per esempio il suo ruolo nel cambiamento culturale e la sua visione del mondo. Un film che, forse, va considerato solo come uno spunto ricco di sensazioni.
di Rosalinda Occhipinti