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Jabhat al-nusra, al-Qaida & co.

Immagine di copertina

Qualche chiarimento, a futura memoria

Ci sono casi in cui seguire con cura la cronologia degli eventi basta a spiegare cose apparentemente oscure.

Le prime evidenze dell’esistenza di un gruppo chiamato “Jabhat al-nusra” (Fronte della Salvezza) risalgono al gennaio 2012.

Siamo a nove mesi dall’inizio della rivolta, cominciata nel marzo 2011, e a sei mesi dalla nascita dell’Esercito Siriano Libero, di cui la Jabhat al-nusra non farà mai parte.

Il gruppo si contraddistingue agli inizi per la sua metodologia di intervento, gli attentati, che non fanno parte del “corredo” strategico dell’Esercito Siriano Libero.

È però ancora ridotto in termini numerici e di operatività.

Non sembra inoltre legato alle sigle del terrorismo internazionale, e non dichiara affiliazioni, sebbene fin da subito la sua attitudine “terroristica” e la prossimità anche geografica con l’Iraq – dove la sigla qaidista (Stato Islamico dell’Iraq) è ancora molto attiva – lo abbiano fatto accostare al network di al-Qaida.

La situazione cambia nei mesi a seguire.

L’organizzazione si impegna nel reclutamento, garantendo un buon addestramento e inquadramento, e cresce esponenzialmente, attirando a sé anche un buon numero di jihadisti provenienti da altri Paesi arabi e, più in generale, dall’estero.

Oltre a compiere attentati – alcuni dei quali suicidi – partecipa in qualità di forza combattente in diverse battaglie e risulta oggi egemone in alcune (ridotte) aree del paese.

Il numero dei suoi seguaci, oggi, sarebbe di circa 5.000 unità.

Diversi osservatori hanno legato lo sviluppo della Jabhat al-nusra all’entrata in Siria di affiliati ad al-Qaida in Iraq, siriani e non . Il suo capo, Abu Muhammad al-Julani, sarebbe proprio un siriano (originario del Golan, come dice il suo nome) che si è fatto le ossa combattendo in quel Paese.

L’agenda della Jabhat al-nusra è diversa da quella “nazionalista e democratica” dell’Esercito Siriano Libero e, in buona misura, degli altri gruppi islamici impegnati nel conflitto, la maggior parte dei quali da qualche mese si sono riuniti attorno alla sigla del “Fronte Islamico Siriano”.

La sua è una visione che include la Siria odierna nel più ampio Levante arabo, il cui centro è Gerusalemme. La sua battaglia in Siria è vista come “propedeutica” all’instaurazione di un califfato del Levante, di uno Stato islamico nella Grande Siria.

Gli Stati Uniti l’hanno iscritta da mesi nella lista nera dei gruppi terroristici, ricevendo le critiche da parte di alcuni comandi dell’Esercito Siriano Libero che hanno ritenuto prioritario non dividere in due il fronte anti-Asad.

Il venerdì successivo alla dichiarazione degli Stati Uniti sulla Jabhat al-nusra ha visto in molte piazze siriane manifestazioni di solidarietà nei confronti del gruppo.

I suoi supporter, come testimoniano diversi video, lanciano slogan antiamericani e celebrano la figura di Osama bin Laden, il più famoso fra i fondatori di al-Qaida.

Veniamo agli ultimi eventi, che segnano anche l’inizio di una nuova fase.

Lo scorso 8 aprile il leader della al-Qaida iraqena inviava attraverso diversi forum jihadisti un messaggio vocale in cui annunciava che lo Stato Islamico dell’Iraq e il Fronte di Salvezza si fondevano in una sola organizzazione, denominata “Stato Islamico di Iraq e Levante”.

La cosa ha scatenato l’immediata reazione dell’Esercito Siriano Libero che, pur ribadendo la “convergenza strategica” contingente, ha voluto sottolineare la propria distanza “politica” dalla Jabhat al-nusra, specialmente nel momento in cui la sua affiliazione con il network di al-Qaida risultava patente.

Ma anche la reazione della Jabhat al-nusra stessa che il giorno dopo per bocca del suo leader dichiarava che l’organizzazione – che porgeva il suoi omaggi al capo di al-Qaida, Ayman al-Zawahiri – non si era fusa con al-Qaida in Iraq.

Alcuni analisti, visto “l’omaggio”, affermano che “l’ordine” di fondere le due organizzazioni sia arrivato direttamente da Ayman al-Zawahiri.

Se così fosse la Jabhat al-nusra avrebbe disatteso un ordine.

Più probabilmente l’intera vicenda è, lasciando da parte al-Zawahiri, il risultato di un antagonismo fra le sigle irachena e siriana.

Non bisogna dimenticare che lo Stato Islamico Iracheno, cioè al-Qaida irachena, non ha più molto seguito in Iraq, essendosi votato sostanzialmente al caos per aver perseguito negli anni una strategia dinamitarda cieca (molte vittime innocenti). La Jabhat al-nusra, invece, ha in pochi mesi raccolto attorno a sé molti consensi e molti combattenti, impegnandosì certamente in attacchi terroristici-dinamitardi, ma anche in vere e proprie battaglie, nelle quali ha potuto mostrare il coraggio dei propri affiliati.

Questa “mossa” del capo di al-Qaida in Iraq può essere dunque letta come un estremo tentativo di “mettere il cappello” sulla Jabhat al-nusra.

Un tentativo che, fra l’altro, si è rivelato un boomerang mediatico, andando controcorrente rispetto a quella che era stata individuata dagli osservatori come una “strategia di dissimulazione” della Jabhat al-nusra, tesa a farsi ben volere dalla popolazione.

Una strategia che stava funzionando e che ora non funzionerà più, o funzionerà molto meno.

Da diverse aree della Siria “liberata”, luoghi dove le nuove entità politiche stanno costruendo il “dopo Asad”, giungono fra l’altro notizie di tensioni fra militanti della Jabhat al-nusra e di altre formazioni.

Tensioni che fanno preconizzare un lungo e turbolento “post-Asad”.

Al tutto si aggiungono le dichiarazioni sdegnate dei Comitati di Coordinamento Locali i quali, nonostante le violenze e le armi, rimangono l’unico vero organismo politico della rivolta siriana:

“I Comitati di Coordinamento Locali” si afferma in un comunicato “rifiutano completamente le affermazioni di […] Zawahiri riguardanti la fondazione di uno Stato islamico in Siria […]. I CCL condannano le interferenze di Zawahiri negli affari interni alla Siria […] Solo i siriani decideranno il futuro del loro paese. I CCL ribadiscono, di nuovo, che la rivoluzione siriana ha come obbiettivi la libertà, la giustizia e uno Stato civile, pluralista e democratico”.

 

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