Incontri estivi
Quando un affittacamere di Mostar si rivela essere un allenatore impegnato a combattere il nazionalismo sui campi da calcio
Allo sguardo del turista ingenuo e distratto Mostar in agosto appare una città viva che si è messa alla spalle gli orrori della guerra del 1992-1994. Il centro della città bosniaca, compreso il suo magnifico ponte, è stato completamente ricostruito, i bar, i locali e i ristoranti brulicano di giovani, mentre la macchina del turismo, dai negozi di souvenir agli hotel, ha ormai raggiunto ritmi da record.
Attraverso l’ufficio informazioni, poi, è possibile pernottare in centralissimi bed & breakfast gestiti, a prezzi molto convenienti, da affittacamere locali. Se avete la stessa fortuna capitata al sottoscritto anche il vostro potrebbe rispondere al nome di Mensud Durakovic. Da calciatore ha giocato a fianco dell’ex juventino Hasan Salihamidzic; oggi, dopo la guerra che lo ha visto impegnato in difesa della città assediata dalle forze paramilitari serbe prima che la coalizione croato-bosgnacca si sfaldasse e desse luogo ad una ancor più drammatica guerra civile, allena le giovanili del Velez.
Un tempo simbolo e orgoglio dell’intera città senza alcuna distinzione etnica l’FK Velez Mostar viene ora sempre più associato al tifo bosgnacco. Dopo la guerra civile hanno persino dovuto cedere il proprio stadio allo Zrinjski, la squadra simbolo del nazionalismo croato, che dopo la seconda guerra mondiale era stata esclusa dal campionato iugoslavo per aver partecipato a quello degli ustascia. Le ferite della guerra civile e la divisione in linee etniche della città hanno fatto sì che la piccola Mostar cominciasse ad ospitare, come hanno raccontato in un bel reportage Andrea Luchetta e Luca Gambardella, uno dei derby più pericolosi al mondo.
Al di là delle apparenze, infatti, le fratture e le divisioni, che portarono alla completa distruzione della città nei primi anni Novanta, sono ancora estremamente marcate e il calcio non può far altro che evidenziarle. Nella “città divisa“, tuttavia, ci sono poche ma determinate forze che si organizzano per cercare di frenare le spinte nazionalistiche tanto croate quanto bosgnacche. Se gli intellettuali della città si trovano all’OKC Abrasevic, un bel bar situato in una zona ancora segnata dalle molte macerie, Mensud Durakovic ha invece deciso che per educare al rispetto dell’altro e combattere l’isteria xenofoba le armi migliori fossero un pallone e un campo da calcio.
La storia della sua vita, quella di suo figlio Dzenan, che oggi gioca in Austria nel Forchtenstein, e della sua missione di combattere il nazionalismo attraverso lo sport è raccontato nel 2009 in un commovente documentario della regista modenese Claudia Tosi dal titolo “Mostar United – A struggle against nationalism“.