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Icardi non è Balotelli e neppure Okaka

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No, non stiamo parlando di calcio ma di diritti e di cittadinanza

Icardi non è Balotelli e neppure Okaka

Negli ultimi giorni, in parallelo con l’esplosione del talento della Sampdoria Mauro Icardi, è stata fatta trapelare la notizia, alimentata in un’intervista persino dal ct della nazionale Cesare Prandelli, che il blucerchiato potesse in futuro indossare la casacca della nazionale italiana.

Peraltro l’attaccante, capace di segnare un goal nel derby, una doppietta alla Juventus e un poker al Pescara, pur non chiudendo del tutto la porta a quest’opzione, sembra preferire la nazionale argentina, con la quale ha già esordito a livello giovanile.

Ora quello che mi preme sottolineare in questa vicenda è che, al di là dell’indiscutibile fascino di un tridente El Shaarawy – Balotelli – Icardi, quest’ultimo non è un cosiddetto “nuovo italiano“. Icardi è nato a Rosario, in Argentina, e all’età di sei anni si è trasferito in Spagna con la sua famiglia. Il talento della Samp, quindi è cresciuto calcisticamente in Spagna ed è in possesso della cittadinanza argentina, ma anche di quella italiana.

Grazie a una legge sulla cittadinanza, che riconosce esclusivamente lo ius sanguinis ma non lo ius soli ed avendo parenti italiani, Icardi è, fin dalla nascita, anche un cittadino italiano; esattamente come Camoranesi, Angelillo, Guaita, Schiaffino e tutti quegli “oriundi” che in passato hanno indossato, più o meno gloriosamente, la maglia azzurra.

Insomma, come ha giustamente ricordato il suo allenatore Delio Rossi: “Se farà bene qui avrà la possibilità di scegliere. Il problema è quando non hai la possibilità di scegliere”. Non va però dimenticato che per un Icardi che ha addirittura la possibilità di scegliere fra Italia e Argentina, ci sono un Balotelli e un Okaka che pur essendo nati in Italia hanno dovuto aspettare il diciottesimo compleanno per ottenere cittadinanza ed esordio in nazionale, e che, per ogni Balotelli ed Okaka che ce la fanno ci sono in Italia centinania di ragazzini “stranieri” solo per la legge, che smettono di giocare o a cui viene rifiutato il tesseramento a causa di regolamenti “irragionevolmente escludenti“.

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