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George Pell, il cardinale che ha ammesso di non aver fatto abbastanza contro i preti pedofili

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L'udienza in videoconferenza con l'Australia è durata 4 giorni. Pell ha ammesso che la chiesa cerca spesso di proteggere la reputazione a spese delle vittime di stupri

È durato quattro giorni l’interrogatorio al cardinale australiano e prefetto della segreteria per l’economia del Vaticano, George Pell, che ha testimoniato in videoconferenza davanti a una commissione d’inchiesta australiana che indaga su una serie di abusi sessuali su minori avvenuti tra gli anni Settanta e Ottanta. 

L’alto prelato, dopo 16 ore totali di domande serrate della “Commissione reale sulle risposte istituzionali agli abusi sessuali sui minori”, ha ammesso che la chiesa ha cercato spesso di proteggere la propria reputazione a spese delle vittime di abusi sessuali, ma ha continuato a sostenere di non essere al corrente di casi specifici di stupri. 

Durante l’ultima udienza ha poi ammesso di non aver fatto nulla dopo essere venuto a conoscenza degli abusi sessuali nei confronti di minori, che gli erano stati raccontati da un bambino.

Il cardinale ha detto che uno studente del St Patrick’s College di Ballarat, nel 1974 gli aveva raccontato che l’insegnante e religioso Edward Dowlan aveva “strani comportamenti” con i ragazzini. 

Dowlan, che ha poi cambiato il suo nome in Ted Bales, ha continuato ad abusare dei ragazzi per almeno altri 14 anni, dopo essere stato trasferito da quella scuola. È stato imprigionato nel 1996 e di nuovo nel 2015, per i reati di stupri contro più di 40 ragazzi tra gli anni Settanta e gli anni Novanta. 

Col senno di poi, 40 anni dopo quegli eventi, Pell ha ammesso che avrebbe dovuto fare di più dopo essere venuto a conoscenza dei fatti. Ha negato però che, quand’era vescovo, avesse cercato di corrompere una vittima a rimanere in silenzio, o di aver ignorato le denunce e aver coperto i preti pedofili. 

All’udienza in videoconferenza, che si è tenuta all’Hotel Quirinale di Roma, hanno preso parte, oltre a 70 giornalisti internazionali, anche un gruppo di 15 cittadini australiani, vittime di abusi quando erano bambini.

Le vittime hanno chiesto di essere ricevute dal papa prima di ripartire per l’Australia il 4 marzo, ma non hanno ricevuto risposta dal Vaticano.

Il cardinale Pell non è comparso fisicamente all’udienza, in Australia, per ragioni di salute. 

La commissione di inchiesta ha cercato di stabilire se l’abuso e i casi di pedofilia da parte di sacerdoti di Ballarat fossero a conoscenza di tutta la diocesi, e cosa Pell sapesse, dato il suo ruolo di vicario episcopale per l’educazione. 

Dopo gli interrogatori, questa mattina, 3 marzo, ha incontrato le vittime, dicendosi addolorato per la loro sofferenza e sperando che il suo incontro con loro a Roma possa avere un effetto positivo. 

David Ridsdale è una delle vittime giunte a Roma. L’uomo era stato molestato da bambino da suo zio, molto vicino al cardinale Pell, l’ex prete Gerald Ridsdale, che adesso si trova in carcere. Pell aveva testimoniato a favore dell’innocenza dell’amico nel 1993. Durante l’interrogatorio di ieri ha ammesso che era stato un errore. 

“La chiesa, troppo spesso, non si prende adeguatamente cura delle vittime e dei bambini”, ha detto Pell alla domanda se la chiesa fosse più preoccupata per la propria reputazione e per il proprio prestigio.

È la prima volta che un caso di copertura e protezione di pedofilia arriva così vicino al Vaticano, colpendo un prelato di alto rango come George Pell. 

Casualità ha voluto che l’interrogatorio a George Pell iniziasse il 29 febbraio, la mattina dopo che il film Il Caso Spotlight ha vinto l’Oscar come miglior film. La pellicola racconta la storia dei giornalisti del Boston Globe che nel 2002 scoperchiarono lo scandalo dei sacerdoti pedofili della loro città. 

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