Finale di Champions africana tra politica e calcio
Nella finale d'andata l'Al Ahly pareggia con l'Esperance Tunis ma in gioco non c'era solo la Champions League
Finale di Champions africana
Lo stadio Borg El Arab di Alessandria d’Egitto ha ospitato ieri la finale di andata della Champions League africana. In campo si sono sfidate due autentiche istituzioni del calcio del “continente nero”.
Da un lato c’erano i “diavoli rossi” egiziani dell’Al Ahly Sports Club, votata miglior squadra africana del ventesimo secolo, a sfidarli i tunisini dell’Espérance Sportive de Tunis, campioni in carica, giunti in finale per la terza volta consecutiva; una sfida dunque fra i principali club di due paesi che l’anno scorso hanno vissuto al loro interno importanti rivoluzioni politico-sociali.
Per la cronaca l’incontro è terminato in pareggio. I padroni di casa hanno messo sotto l’Espérance, ma sono stati i tunisini, con una rete su calcio d’angolo di Hichri, a passare in vantaggio e solo a due minuti dalla fine gli egiziani sono riusciti a impattare l’incontro con Hamdy.
Tutto rimandato dunque al 17 novembre quando a Radés si giocherà la finale di ritorno. Al di là del risultato, la sfida ha segnato per l’Egitto un piccolo passo verso la ‘normalità’ calcistica del paese.
Nonostante il campionato egiziano sia stato sospeso e poi cancellato a seguito dei drammatici incidenti di Port Said del 1 febbraio 2012, l’incontro è stato aperto al pubblico. In quell’occasione i tifosi dell’Al-Masry, armati di lame e pietre, avevano fatto irruzione in campo senza che le forze dell’ordine potessero o volessero fermarli, aggredendo giocatori e tifosi dell’Al Ahly e causando almeno 79 morti e un migliaio di feriti.
Le frange più radicali del tifo organizzato, fortemente critiche nei confronti del Consiglio Supremo delle forze armate, considerato il mandante del disastro, hanno disertato l’incontro per protestare contro i lenti progressi nel processo che dovrebbe fare chiarezza e giustizia sulle violenze di quel giorno, ma almeno 20 mila tifosi non hanno rinunciato all’opportunità di sostenere nuovamente la propria squadra del cuore.
Alla vigilia l’attaccante Emad Motaeb aveva dichiarato: “Faremo del nostro meglio per vincere e dedicare il titolo ai nostri fan che hanno perso la vita a Port Said. È importante avere nuovamente con noi i nostri tifosi”. Dagli spalti, peraltro, non sono mancati i cori per i tifosi scomparsi e la richiesta di “vincere la coppa per i martiri”.
Gli ultras, non solo dell’Al Ahly, hanno svolto un ruolo concreto nella cacciata di Hosni Mubarak, tenendo fisicamente Piazza Tahrir e, con l’istituzionalizzazione politica dei Fratelli mussulmani, sono diventati la componente della società civile antagonista più attiva nelle proteste, acquisendo il ruolo, talvolta ambiguo, di “sentinelle della democrazia”. In ogni caso è probabilmente un bene che l’incontro decisivo si giochi in Tunisia.