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Essere un architetto oggi

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Conversazione informale con Carmela Vigliotti

Una giornata di primavera, una tazza di thè e quattro chiacchere.

Di fronte a me, Carmela Vigliotti, architetto,una nuvola di capelli argento, occhiali tondi e un look quasi post atomico.

Case d’autore firmate in mezza europa, ognuna delle quali possiede un anima unica e originale. Il filo che le lega forse solo l’uso del ferro, uno dei suoi materiali preferiti. Un pò allergica al web, dice “Quando iniziai non esisteva internet, il lavoro è molto cambiato, ma amo che le mie case parlino per me a chi le visita.”

Una voce calma e suadente, di quelle che è un piacere ascoltare.

Parliamo di quello che vuol dire oggi essere un architetto.

Dove ha studiato e quali sono state le sue prime esperienze lavorative?

Mi sono laureata con 110 e lode alla Facoltà di Architettura di Valle Giulia a Roma, all’epoca l’unica che esisteva nella Capitale. Subito dopo la laurea ho iniziato a lavorare nell’edilizia pubblica, che in quegli anni era ancora un settore attivo. Progetti a Tor Bella Monaca per la precisione. Subìto dopo partecipai alla ricostruzione di Napoli dopo il terremoto dell’Irpinia del 1980 ,un intervento molto denso. Ho tratto molto da queste esperienze, soprattutto ho imparato a progettare gli spazi minimi, fondamentali ancora oggi nel mio lavoro. Per i giovani oggi questo è praticamente impossibile, se non altro perché di edilizia pubblica a Roma e in molte altre città italiane non se ne fa più.

Fondamentale poi fu l’incontro con le proprietarie di una maison di moda italiana molto celebre. Erano gli anni del boom del Made in Italy. Con loro ho fatto di tutto, allestimenti, vetrine fino a curare una grande mostra alla Galleria Nazionale di Arte Moderna che celebrava un anniversario di collaborazione con Karl Lagerfeld.

Curai anche le ristrutturazioni di alcune delle loro case, e da lì il passaparola ha fatto il resto.

La mia amica Eleonora, laureanda in Architettura, mi ha suggerito di porle una questione che ha ritenuto importante. La struttura dei corsi di architettura proposti dalle università italiane tende a portare lo studente a pensare molto in grande, attraverso uno studio molto vasto e approfondito finalizzato principalmente alla progettazione di grandi opere. Molti di loro però, appena usciti da un percorso quinquennale trovano difficoltà ad affrontare le questione più pratiche di questo lavoro, come ad esempio progettare un impianto elettrico o idraulico. A suo parere dovremmo optare per un approccio più pratico alla materia?

Io mi occupo di decorazione di interni: ridefinizione, ristrutturazione e ridistribuzione degli spazi per adeguarli ad un uso contemporaneo e decorazione dello spazio stesso. Quando frequentavo l’università esisteva solo un banalissimo corso di arredamento che io avevo in un certo senso snobbato perché maggiormente interessata alla progettazione, quindi tutto quello che so l’ho imparato sul campo. Oggi, invece, per chi interessato a questo tipo di percorso. ci sono molti corsi disponibili che riguardano la decorazione di interni. Ma ancora, purtroppo, sono considerate lauree di livello inferiore, esiste l’idea che si tratti di sotto categorie. Anche se questa è in realtà la fetta di settore più diffusa. Non tutti possono diventare archi – star, più realisticamente molti di loro possono aiutare le persone a vivere meglio. In fondo il mio è anche un lavoro che ha un compito sociale. Aiuto la gente godere nel migliore dei modi degli spazi a propria disposizione. Posso aiutare il ricco con la villa di 2000 metri quadri, ma anche una giovane coppia con un appartamento da 40 metri quadri. Si pensa al decoratore di interni come di una figura, oserei dire, aristocratica, ma mi sono accorta con il tempo di quanto possa essere utile, a tutti i livelli.

Quindi questo snobbismo esiste davvero?

Probabilmente si. Giustamente le opere di architettura con la A maiuscola sono sempre in prima pagina, ma la gente vera ha esigenze diverse nella vita di tutti i giorni, è una dimensione completamente diversa quella nella quale intervengo. Non mi sento minimamente inferiore. Mi spiego: non sarei mai in grado di fare il lavoro di Renzo Piano o Zara Hadid, ma, senza presunzione, non sono così sicura che per loro sarebbe così facile fare il mio.

Ai giovani che si stanno affacciando oggi al mondo del lavoro cosa consiglierebbe?

Ho una visione un po’ sessista della questione: tendo a percepire una maggiore attitudine per questo mestiere nelle donne. Sarà per una propensione naturale o per una maggiore sensibilità. C’è bisogno di instaurare un rapporto con il cliente fatto di complicità, diventa quasi un rapporto a due. In questo le donne sono più brave, più malleabili, più pronte a capire le esigenze dell’altro. Poi siate curiosi, di tutto, qualsiasi cosa che vedi, che percepisci, devi approfondirla. Questo nel lungo periodo paga molto. Siate grintosi e non vi lasciate scoraggiare.

Per chi vuole intraprendere una carriera nella decorazione di interni, sarebbe ideale cercare di assistere qualche architetto nei suoi cantieri. Non è facile, proprio per quel rapporto speciale tra architetto e cliente che si crea, però è sicuramente il modo migliore per farsi le ossa.

E non vi fossilizzate, oggi, nonostante i tempi duri che stiamo vivendo, si stanno aprendo nuove prospettive: eco – sostenibilità in primis, ma anche illuminazione e architettura dei giardini, che sta tornando prepotentemente alla ribalta.

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