Storie di donne e cooperative sociali in Tunisia
In occasione della Giornata internazionale delle cooperative, l’ong bolognese GVC lancia il dossier “Donne in cooperativa. L’Economia Sociale e Solidale in Tunisia”
“A Tallet Swyssiya, le donne non hanno molte possibilità. Le più fortunate sono allevatrici di polli o raccolgono l’alfa, l’erba medica che usiamo per produrre oggetti e accessori, ma a causa degli attacchi terroristici la situazione è diventata molto complicata e non possono più lavorare in quell’area per ragioni di sicurezza”. A raccontarlo è Hela*, una delle giovani che oggi fanno parte della cooperativa di apicultrici “Al Wafa”, in una delle aree rurali più isolate della Tunisia.
Nata da una famiglia di 10 persone in un paesino del governatorato di Kasserine, al confine con l’Algeria, la giovane ha prima tentato la fortuna in una fabbrica di cavi a Monastir. Il salario, però, era bassissimo. Per questo ha deciso di tornare a vivere laddove era nata.
“Ma una volta lì, ho subito minacce dai terroristi e sono dovuta andare via- dice-. Lo stesso è successo quando mi sono trasferita a Sbiba a Ain Zayen”. La ragazza, appena ventiseienne, non vuole raccontare i dettagli della sua storia ma dice: “Oggi sono una donna forte e libera di spirito, sono utile alla società e contribuisco allo sviluppo della mia regione”.
La costituzione della cooperativa per la produzione di miele “Al Wafa”, infatti, è stata possibile grazie a un progetto dell’ong bolognese GVC. La fase di avviamento, però, non è stata semplice. “All’inizio non avevamo una sede e dovevamo fare le riunioni all’aria aperta per non interrompere le attività- spiega-. Quando siamo riuscite a trovarne una, era così in periferia che vendere i nostri prodotti risultava impossibile”.
In Tunisia, le cooperative non esistono ancora ufficialmente. Per regolamentarne l’esistenza, insieme alle società di mutuo soccorso e ad altre forme di imprese sociali, è stato presentato un progetto di legge sull’Economia Sociale e Solidale. Il testo presenta diverse lacune, la più importante delle quali è l’assenza di un riferimento a soggetti svantaggiati come i disabili o ad altri tipi di vulnerabilità. Rappresenta, però, ugualmente una conquista. Apre infatti alla possibilità di sviluppare dal basso una crescita economica equa e sostenibile, che riguardi soprattutto le fasce più povere e a rischio di emarginazione della popolazione.
Secondo il ministro del Lavoro, Faouzi Abderrahmane, queste imprese – che definisce a scopo di lucro- dovranno avere “un forte legame con la comunità e prevedere una redistribuzione del 50 per cento degli utili tra gli azionari, mentre il rimanente dovrà servire per rendere più solida l’impresa nel tempo”. Si ipotizza, inoltre, che un giorno possa nascere anche una banca dell’Economia Sociale e Solidale.
Per cooperative come quella di Wided Chaabani, attiva nella produzione di formaggi, significherebbe avere un primo segnale di incoraggiamento per favorire la crescita ma anche per dar seguito al percorso di emancipazione e empowerment femminile sperimentato insieme ad altre donne. “A lungo nella mia vita non ho fatto che trascorrere tutta la giornata a casa: lavavo i piatti, preparavo i pasti per le mie sorelle e i miei fratelli, mi occupavo delle vacche- dice-. Non uscivo mai, se non per andare dal medico”.
Poi, a stravolgere la vita di Wided è arrivato il progetto “Eco de femmes” di GVC, che ha consentito a lei e ad altre donne di formare una cooperativa attiva nella produzione e vendita di formaggi e latticini a Majel Abess. “So bene cosa avranno pensato i miei genitori- ricorda-. Si saranno chiesti: ma come? La figlia minore che non esce mai di casa, ora assiste a conferenze in Tunisia e all’estero?”.
Per le donne che hanno avuto la possibilità di sperimentare il lavoro in cooperativa, alle resistenze opposte dai familiari si aggiungono spesso anche le difficoltà materiali. “All’inizio, non avevamo l’elettricità – racconta Nourhène Amari, del collettivo “Al Yasamine” che produce tappeti-. Eravamo costrette a finire di lavorare prima che il sole tramontasse per approfittare della luce del giorno”.
Per rendere sostenibili queste imprese, la formazione offerta dai progetti di GVC si è concentrata sull’ottimizzazione delle risorse, oltre che su un’offerta più ampia di prodotti. “Dopo aver seguito un corso per imparare a colorare noi stesse la lana, non abbiamo avuto più l’esigenza di acquistarla e questo ha rappresentato per noi un grande vantaggio in termini di risparmio economico” spiega Nourhène.
“Abbiamo imparato a sfruttare gli scarti per produrre il sapone” testimonia Zina Chaabani, che lavora nella cooperativa “Elamma” a Majel Bel Abbes che nella fase di avvio poteva contare sul coinvolgimento di 30 lavoratrici. Oggi, il numero si è dimezzato.
“All’inizio, abbiamo incontrato diversi problemi. Uno dei più seri è stato l’ottenimento del permesso sanitario per la vendita e il trasporto del formaggio. Abbiamo dovuto interrompere i lavori per un lungo periodo- continua-. È stato difficile ma prima di iniziare a lavorare in cooperativa non riuscivo a considerarmi un essere vivente”. Zina, infatti, in passato, ha lavorato alla produzione di tappeti per soli due dinari. Dopo, ha provato in una fabbrica dove si lavorava 12 ore al giorno per 40 dinari al mese, senza contratto e copertura sanitaria. Così, è nata l’idea della produzione e trasformazione di prodotti caseari. “Il problema più grande è stato il trasporto del formaggio. E per questo siamo state costrette a arrestare la vendita dei prodotti fuori da Kasserine. Oggi, per fortuna, grazie a GVC, abbiamo risolto il problema e comprato un mezzo per trasportare i latticini”.
A lungo, il sostegno di organizzazioni non governative internazionali ha rappresentato l’unico aiuto concreto per Gruppi di Sviluppo Agricolo, collettivi e proto – cooperative locali, insieme a enti di finanziamento islamico o altre piccole realtà attive nel micro credito. Unitamente al progetto di legge sull’ESS, lo Stato ha iniziato ora a ragionare per la prima volta sulla creazione di una banca pubblica per assicurare i finanziamenti alle realtà imprenditoriali nate dal basso.
Si tratterebbe di un tassello fondamentale in un paese in cui purtroppo ancora l’ESS non rappresenta che l’1 per cento del Pil. Tuttavia, creare un ecosistema favorevole alla nascita di cooperative, società di mutuo soccorso e imprese sociali a gestione femminile, soprattutto nelle aree rurali, necessita sicuramente di uno sforzo superiore.
*Nome di fantasia per proteggerne l’identità
Le testimonianze contenuto in questo articolo sono state ricevute dall’ong GVC e pubblicate da TPI.it.