Ditelo con i (vostri) fiori
Così oggi Istanbul riporta a casa i simboli ottomani
Magari non sarà proprio uno per ogni abitante come vorrebbe lo spot, ma non c’è dubbio che gli oltre 14 milioni di tulipani appena piantati a Istanbul per l’annuale festival portino in città una boccata di primavera (e, letteralmente, d’ossigeno). Nei parchi e agli angoli delle strade, in mezzo all’asfissiante traffico cittadino, una festa di colori e odori che caratterizza il mese di aprile nella metropoli sul Bosforo, formando disegni d’ogni genere tra cui non mancano le riproduzioni della bandiera turca.
Non è del resto una scelta casuale. Fiore originario proprio della Turchia, da cui prende anche il nome – che si fa risalire alla radice tullband, turbante, di cui evoca la forma –, visse la sua stagione d’oro nel Cinquencento sotto l’imperatore ottomano Solimano il Magnifico, che l’aveva fatto arrivare dalle steppe del Kazakistan e dalla Turchia orientale. A esportarlo in Olanda fu proprio l’ambasciatore fiammingo di Ferdinando I alla sua corte, avviandone la coltivazione nei Paesi Bassi di cui sarebbe presto diventato il simbolo per eccellenza: senza disturbare Cruijff e la rivoluzione (calcistica) dei tulipani, basta fare un salto al celeberrimo e suggestivo mercato dei fiori sui canali di Amsterdam.
Per i turchi, però, è lo scippo di un’icona. Basta guardare al modo in cui Istanbul si presenta al mondo per quella che potrebbe essere la sua più grande vetrina in età contemporanea: il logo per la candidatura (forte) ai Giochi olimpici del 2020 consiste proprio in uno skyline urbano avvolto in un tulipano. Non basta: il Comune quest’anno ha deciso di fare le cose in grande, creando un apposito museo nel bellissimo parco di Emirgan, a due passi dal Bosforo, e incaricando una commissione di studiosi di indagare il ruolo del fiore nella cultura turca. La spesa di meno di una lira turca (una quarantina di centesimi) a tulipano, nonostante le critiche per la breve vita dei fiori (circa un mese), va quindi ben al di là dell’estetica. E pure dell’economia, nonostante siano tutti rigorosamente prodotti in Turchia e la loro coltivazione dia oggi lavoro a circa 10mila persone.
Eppure, il festival dei tulipani di Istanbul è appena all’ottava edizione. Segnale, questo, che la rivalutazione è recente. Il richiamo alla tradizione ottomana, diventato un refrain di questi anni di governo Erdoğan in Turchia, si sposa oggi con un certo revanscismo che punta al recupero dei simboli “rubati”. E il tulipano – oggetto di numerose rappresentazioni dell’epoca in ceramiche e tappeti – ne fa certamente parte. Come l’esempio del successo di “Il secolo magnifico”, la serie tv su Solimano che pure non piace al premier turco perché troppo frivola e licenziosa. Sul piano simbolico, però, il neo-ottomanesimo è certo una stella polare della nuova Turchia. Come suggerisce lo slogan del festival: “I tulipani tornano a casa”. Ancora dubbi?