Da grande voglio fare il turista
Ha otto anni, vende caramelle insieme alla madre e da grande vuole fare il lavoro più bello del mondo: il turista
Sul marciapiede di una strada di Fortaleza, una città a nord del Brasile, una madre e i suoi due figli vendono caramelle ai passanti. Neymar (nome di fantasia) ha otto anni e passa le vacanze a fare il venditore ambulante insieme alla mamma ventiquattrenne e alla sorella di dieci anni. In un paese in cui l’aborto ancora è considerato un crimine, avere figli in giovane età è molto comune.
Neymar vende caramelle sull’Avenida Beira Mar, il lungomare più frequentato e vivace di tutta Fortaleza. Da un lato dell’Avenida, la vista si apre sull’oceano. Dall’altro lato, lo sguardo è impedito da una catena di grattacieli, condomini chic e hotel pretenziosi che già hanno ospitato la nazionale di calcio messicana e quella della Costa d’Avorio. Dietro questa barriera artificiale, all’ombra dei palazzi, si estende la città di Fortaleza. Case basse, bianche o scrostate di grigio, imbrattate dai murales, malandate. Una distesa di abitazioni umili e popolari, meno frequentata dai turisti.
Dall’altro lato del marciapiede, un bar di una nota catena brulica di clienti e attira l’attenzione del bambino. Neymar entra nel piccolo locale per vendere gomme e caramelle. “È la terza volta che entri in questo posto, qui non ci devi venire, te l’ho già detto!” tuona il proprietario prendendo per il collo il bambino, come si farebbe normalmente con un coniglio. Neymar ha gli occhi colmi di lacrime, non piange, ma corre dalla mamma. La donna, indignata dal gesto, mostra i segni sul collo del bimbo a un gruppo poco lontano di agenti della polizia militare, che fanno da scorta ad alcuni giocatori. “Faccia presente l’accaduto alla centrale della polizia” è la risposta degli ufficiali.
Racconta Ruben Berta, giornalista brasiliano che ha assistito alla scena, di essersi avvicinato alla donna e ai bambini poco dopo l’accaduto. Erano già le dieci di sera e i tre, con i sacchi di confetti e bonbon sulle spalle, si stavano dirigendo verso la fermata dell’autobus per tornare a casa. Il reporter si avvicina alla madre, si presenta, si dispiace per il comportamento del titolare del bar. La giovane donna scoppia in un pianto a dirotto. “È doloroso per una madre quando un figlio viene maltrattato, soprattutto se è un bambino e non può difendersi”. La famiglia entra presto nell’autobus e Neymar saluta con la mano il giornalista.
Qualche giorno dopo, Ruben Berta torna sul posto alla stessa ora senza trovarli. Torna il giorno successivo, percorre tutta l’Avenida Beira Mar, avvista la sorella minore e la chiama. La ragazzina lo porta dalla madre che tiene in braccio un bebè di undici mesi. “Questa è mia figlia minore, l’ho portata al lavoro con noi. Oggi non avevo i dieci reais (circa 3 euro) per pagare la signora che solitamente l’accudisce mentre sono qui a vendere caramelle”.
Arriva il piccolo Neymar. Ruben Berta cerca di avvicinare il bambino: “Allora ometto come stai?”, “Bene signore, ieri non ho lavorato perchè ero ammalato, oggi sto già meglio”. Il giornalista allora fa una di quelle domande che di solito fanno tutti i grandi ai bambini: “E dimmi un pò, da grande che cosa vuoi fare?” Neymar risponde pronto: “Da grande voglio fare il turista. Sì, il turista. I turisti vivono molto bene, non è così? E sanno parlare inglese molto bene, vero?“
Neymar dice di saper leggere, più o meno bene, e accompagna la frase con un gesto, scuotendo il palmo della manina. “Vorrei saper parlare inglese, così potrei vendere molto di più! I gringo (gli stranieri) che vengono qui mi dicono sempre “não entendo” quando offro le mie caramelle. Non riesco a vendere molto” continua il bambino, che mostra orgoglioso un braccialetto arancione che gli ha regalato un turista olandese. “È della Colombia!” aggiunge con tanta ingenuità.
La storia di questa madre che cresce i figli da sola, che ha già vissuto con i bambini per strada, che ora vive in una baracca in periferia per 250 reais (circa 60 euro) al mese, ma che ormai non può più permettersi di pagare, è la storia di tantissime altre madri brasiliane. La domanda del reporter sorge spontanea: “Mi scusi se mi permetto, ma lei non crede di sfruttare questi bambini portandoli qui a vendere caramelle ogni giorno? “. “So che le persone possono pensare questo” ammette la giovane donna, “possono pensare che io sia una vagabonda, ma è molto difficile trovare un lavoro nelle mie condizioni. Mio figlio non ha problemi ad aiutarmi nel lavoro. Mio figlio dice che sono forte come una vera guerriera e che un giorno comprerà una casa per noi. Mia figlia invece non vuole vendere, viene poco qui, dice che si vergogna di me. Quando i compagni di scuola mi vedono sul marciapiede a vendere caramelle la prendono in giro” ammette con amarezza.
“Nessuna vergogna!” interviene il bambino. “Un giorno abiteremo in quel palazzo alto, quello bello!” indicando con il dito l’hotel che ospitava la nazionale della Costa d’Avorio, eliminata dopo aver perso contro la Grecia all’Arena Castelão, lo stadio di Fortaleza.
“Un giorno sarò un turista e abiteremo tutti lassù in cima!”.