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Cosa nasconde la maschera di Batman

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Un simbolo di lotta contro corruzione e ingiustizia sociale: chi è il Batman di Rio de Janeiro

L’hanno spinto e colpito a tradimento con un manganello, ferendolo alla testa. Il suo carisma e la sua popolarità non sono serviti a sottrarlo alle percosse della polizia. Se l’è cavata con una fasciatura e cinque punti di sutura. Batman è ancora sotto shock. È incredulo, si massaggia la testa e minaccia “Aspettatevi il peggio, durante i mondiali di calcio continueremo a manifestare contro gli eventi sportivi, non mi tiro indietro”.

A Rio de Janeiro il clima è già abbastanza teso. Alla polizia le denunce di furti a mano armata, meglio conosciuti come “assalti”, sono aumentate vertiginosamente. È allarme bomba nella metro di Rio de Janeiro, nei pressi di Ipanema. Molte sono le categorie in sciopero già da qualche mese: professori, operatori ecologici, autisti di mezzi pubblici, bigliettai, personale accademico, vigilanti delle banche almeno una volta a settimana scendono in strada a protestare e lo scontro diretto con la polizia non si fa attendere. La Coppa del mondo non è accolta con molto entusiamo. Come si dice in questi casi, Rio de Janeiro ha bisogno di un eroe.

Eron Morais Melo ha trentadue anni, è sposato e lavora come odontotecnico a Rio de Janeiro. È il 20 giugno 2013 quando per la prima indossa il costume di Batman. Si cala la maschera da uomo pipistrello e si reca alla più grande manifestazione che il Brasile abbia mai conosciuto dal 1992. Il centro di Rio de Janeiro è messo a ferro e fuoco dagli scontri tra manifestanti e polizia. Quell’anno, la stampa internazionale documentò i fuochi di protesta contro la Coppa del mondo che si accesero in tutte le capitali federali del Brasile.

Anche Eron ricorda quell’estate di proteste infuocate. Da allora, non ha mai smesso di parteciparvi. Sempre in prima linea, sempre indossando la maschera. La prima volta che lo vidi fu ad una manifestazione anticoppa il 7 di settembre. In abiti da uomo pipistrello pensavo fosse un’esibizionista, un perditempo che partecipa alle proteste conciato da Carnevale. Ancora non sapevo che in molti gli tributavano rispetto.

Da quel giorno, la sua popolarità è cresciuta senza sosta. Il Guardian e il New York Times ne hanno parlato. Giornalisti internazionali lo corteggiano per intervistarlo, le reti nazionali lo riprendono in continuazione. È più chiacchierato della presidentessa Rousseff. È stato portato più volte al commissariato di polizia, ha passato una notte in prigione. Non si perde una manifestazione, protesta contro i salari bassi, contro la qualità scarsa degli ospedali, delle scuole e contro le espulsioni degli abitanti della favela di Metro, vicino allo stadio Maracanã, dove il sindaco vorrebbe costruire un parcheggio.

Incontrai nuovamente Batman per caso un pomeriggio di febbraio durante un programma radiofonico cui avevo partecipato come uditrice. Lui era l’ospite d’onore. Terminata la registrazione, lo avvicinai e senza troppi complimenti mi invitò a pranzo in un fast food nei paraggi. Fu più gentile del previsto, evidentemente squattrinato (Bruce Wayne non avrebbe mai pranzato take-away) e già molto simpatico. Sedemmo un paio d’ore da Bob’s burger, lo guardavo mangiare mentre mi raccontava la sua storia e come è nata l’idea di Batman.

“Vedi” cominciò a raccontare tra un sorso della sua bibita e un morso al cheeseburger “Batman è solo un simbolo di lotta contro una società corrotta, indosso la maschera per richiamare l’attenzione dei cittadini e della stampa su temi caldi. Rio in fondo non ha bisogno di un eroe ma di cittadini che partecipino attivamente alla vita politica, che capiscano l’importanza di prendere parte alle proteste. A Rio servirebbe una rivoluzione, ma la rivoluzione parte solo dalla coscienza delle persone”

Tanti auspicano il tuo ingresso in politica, getterai la maschera per candidarti?

“No, non ho intenzione di scendere in politica, io non sono il leader di nessun movimento, tantomeno delle proteste. Possono usare la mia immagine quando organizzano le proteste se questo aiuta a richiamare più persone, ma il popolo deve essere il suo stesso eroe. Quando avremo raggiunto dei risultati, vorrei solo tornare a dedicare più tempo alla mia famiglia. La politica non mi interessa, non voglio che il potere mi corrompa”.

L’anello scintilla all’anulare sinistro. Eron, ma chi te lo fa fare di vestirti da Batman e trascurare lavoro e famiglia per le proteste?

“È una causa in cui credo, il Brasile è il mio paese, il Brasile deve cambiare, servono educazione e salute di qualità, salari più alti e più sicurezza. A volte mi sembra di non ottenere nulla e cado nello sconforto ma mia moglie mi appoggia, la mia famiglia mi supporta, in tantissimi mi incoraggiano. Anche la polizia”.

Anche la polizia?

“Si, molti poliziotti non aspettano altro che una buona occasione per rimpirmi di botte, ma alcuni di loro stanno dalla mia parte. Durante una protesta, un agente mi avvertì di stare attento perchè avevano ricevuto l’ordine di trovare qualunque motivo pretestuoso per arrestarmi”.

Se il Brasile vince il mondiale si scorderà del costo umano di questa Coppa?

“Se vince il Brasile gli effetti saranno catastrofici. Temo che la coscienza politica appena risvegliata verrà di nuovo anestetizzata e il costo sociale della Coppa verrà ignorato. La corruzione, il super fatturato dei costi degli stadi, le morti bianche e la famiglie sfrattate dalle loro case verranno dimenticati. Non farò il tifo per la seleção brasiliana”.

Eron, hai paura?

Sorride. “Paura di cosa? io sono Batman, se mi dovesse accadere qualcosa tutti lo verrebbero a sapere. Il fatto che io sia così popolare mi aiuta perchè qualunque cosa succeda farebbe notizia e, se mi dovessero aggredire, scoppierebbe lo scandalo”.

Con queste ultime battute ci eravamo salutati e non l’avevo più rivisto, se non sulle copertine dei giornali o in qualche intervista alla televisione. Finchè non l’ho incontrato l’altra sera, come sempre per caso, ferito e dolorante, mentre tornava a casa dalla manifestazione.

“Aspettatevi il peggio durante la Coppa”.

Allora, aspettiamo.

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