Alla ricerca dei tre kelpers argentini
I media inglesi alla caccia dei tre abitanti delle Malvine che hanno votato a favore della sovranità argentina
Il 98,8 per cento degli abitanti delle isole Malvine (Falkland secondo gli inglesi) ha votato a favore della corona britannica nel referendum indetto la settimana scorsa dalle autorità locali per definire una posizione dei “kelpers” – i coloni inglesi nelle isole – sull’annosa questione della sovranitá.
Quello 0,2 per cento di differenza è destinato a far parlare a lungo. Si tratta di tre persone, non identificate, che avrebbero votato contro la continuità delle isole come Dipendenza d’oltre mare britannica. Il tabloid inglese The Indipendent si è recato sul posto per scoprire chi fossero i tre kelpers “discoli”, ma senza risultati. Gli stessi abitanti di Puerto Argentino (Port Stanley, secondo gli inglesi) mettono in giro voci sull’identità dei “traditori”.
La questione pare essere seria. Secondo quanto riportato dai media di Londra, gli stessi cittadini delle Malvine hanno cominciato una sorta di caccia all’uomo per rintracciare ‘quei tre’.
Mentre l’Argentina rivendica come propio uno dei territori più a sud del mondo, la Gran Bretagna mantiene il dominio sull’arcipelago dal 1833, anno dell’espulsione dei militari argentini che vi si erano stabiliti. Dopo la sanguinosa guerra del 1982 condotta dalla dittatura militare argentina contro le truppe di Margaret Tatcher, la strategia del Paese sudamericano si è riversata negli spazi diplomatici internazionali. Da più di trent’anni Buenos Aires cerca di far attuare le risoluzioni delle Nazioni Unite che obbligano il governo britannico a “dialogare” sulla questione della sovranità delle isole.
Nel frattempo, Londra assicura che il suo interesse è salvaguardare il diritto all’autodeterminazione degli abitanti delle isole, e per questo ha appoggiato con tutti mezzi l’ultimo referendum. “É come se un gruppo di squatters decidesse a chi appartiene la proprietà che stanno occupando”, ha ruggito in risposta la diplomazia argentina, che non riconosce il risultato della consultazione e assicura che il voto espresso “non abbia alcuna rilevanza sulla questione della sovranità”.