Ahmed e lo straniero
Turismo in aumento, nonostante instabilità e periferie in fiamme
Ahmed siede sul ciglio della strada. Ogni mattina è li, che stringe il “tasbeeh” tra le mani e fissa il vuoto, come fosse infinito ed eterno il tempo. Ma le giornate, puntualmente, giungono al termine e mi domando se la notte se lo porti via con sè, fino al domani, o se sia ancora lì, su quel ciglio di strada. Immobile.
Moltissimi e in aumento sono i poveri a Khartum, che affollano i sobborghi della capitale e gli angoli delle vie più frequentate dagli stranieri.
Ahmed si è alzato, guarda ancora davanti a sè ma senza incrociare il tuo sguardo, come taluni usano qui. Ha attraversato la strada, incolume, e si avvicina.
Il Sudan è un grande Paese, per estensione e convergenza di etnie e razze, una miscela, purtroppo, spesso esplosiva, che tiene lontano il turismo di massa. Dilaniato da guerre civili per decenni, dal 2006 si cerca, invano, di riportare definitivamente la pace in un territorio ricco di tradizioni e storie, quanto di armi e interessi economici. Solo in Darfur, oltre 2 milioni di sfollati ancora attendono di rientrare nei loro villaggi, quel che ne resta, ormai.
E così il turismo langue, ma l’Ozone café, al centro di Khartum, si popola ogni giorno di impiegati stranieri e turisti all’avventura. Per il 2012, gli introiti dal settore turistico in Sudan, concentrati intorno alla capitale e a Port Sudan, per le barriere coralline, sono stati stimati intorno ai 600 milioni di dollari, secondo quanto riportano le fonti del Ministero del Turismo sudanese, guidato dal Min. Mohamed Abdul-Karim Al-Had.
“Photo. Photo“, ripete Ahmed, e gesticola come un invito a fare una foto con lui.
E “photo” sia. Un segno di amicizia, un gesto di cortesia, quale regalo inaspettato!
Ma poi è “Dollar dollar..” e la poesia finisce, un infarto direi, di quelli che non lasciano scampo, la poesia è morta.
Prende un paio di dollari e li stringe a sé, come fosse il tasbeeh.
E di nuovo è li, sul lato opposto della strada. Lo “straniero”, anche se spesso presente non per turismo ma per le guerre e le violenze nelle periferie del Paese, c è anche a Khartum.
Ahmed l’ha capito.