A Natale siamo tutti più buoni
Forse
A Natale, si dice, siamo tutti più buoni.
In Egitto però il Natale non si sente e dal Cairo non arrivano buone notizie.
In questi giorni le notizie più preoccupanti sono arrivate dal cuore della capitale, dalla sede del Centro egiziano per i diritti economici e sociali – un’organizzazione da anni attivisima nella difesa dei diritti umani, capitanata dall’avvocato Khaled Ali.
Ali aveva osato puntare il dito contro la nuova bozza costituzionale, giudicando scarse le garanzie sui diritti sociali. E puntuali come un orologio svizzero, le forze dell’ordine sono arrivate in piena notte nella sede dell’organizzazione. I poliziotti non hanno certo bussato alla porta, ma sono entrati con forza e hanno arrestato alcuni membri del personale, tra i quali – guarda caso – Mohamed Adel, responsabile della sezione economica del Centro e, soprattutto, membro del 6 Movimento del 6 Aprile.
La brutte notizie non finiscono qui. Adel è stato condannato a tre anni di reclusione insieme a Ahmed Douma e Ahmed Maher, altri due attivisti del 6 Aprile, ovvero uno dei movimenti protagonisti della rivoluzione del 25 gennaio, ora nel mirino dei media che lo screditano giorno dopo giorno. Ma questo è un capitolo a parte.
Dal gennaio 2011, Maher lo abbiamo incontrato più volte, non solo al Cairo, ma anche a Roma, dove è stato ospite della Comunità di Sant’Egidio.
L’accusa ufficiale è quella di aver organizzato e partecipato a manifestazione che non hanno ottenuto l’autorizzazione necessaria, prevista dalla nuova legge che regola le manifestazioni di strada. La prima intervista pubblicata , non fatta, a Maher fu quella che fece entrare il Riformista ( defunta testata sulla quale ci siamo fatti le ossa) nell’occhio del ciclone di Il Giornale che ci accusava di non aver chiesto a Maher quanti soldi aveva ricevuto dagli States. A pensare a queste cose, ora, sembra fantastoria. MAher è dentro le stesse celle dalle quali aveva combattuto durante l’epoca mubarakiana. E non è l’unico…. Anzi
Nessuna nuova notizia arriva su Alaa Abdel Fattah, altra icona rivoluzionaria in carcere dopo le manifestazione di fine novembre. Aspettiamo fiduciosi, continuando a portare avanti la campagna #FreeAlaa, ma le speranze che giungano buone notizie sono davvero fievoli.
I risvolti politici sono secondari, ma ci sono: il 6 aprile si è opposto alla nuova Costituzione,ma difficilmente farà la differenza nel referendum del 14 e 15 gennaio.
Due anni fa, il giorno di Natale vidi sul mio cellulare il tweet che annunciava la liberazione di @Alaa, accusato dai militari di essere tra i responsabili della strage del Maspero. Chissà se anche questa volta sotto l’albero arriveranno buone notizie.
La speranza è sempre l’ultima a morire.