L’evoluzione favorisce la sopravvivenza del più pigro, secondo un nuovo studio
I ricercatori hanno preso in considerazione un periodo di 5 milioni di anni per il proprio studio
Un nuovo studio basato sull’analisi di un grandissimo numero di dati su fossili, molluschi bivalvi ancora in vita e gastropodi che vivono nell’Oceano Atlantico prova che la pigrizia è una strategia fruttuosa quando si parla di sopravvivere come specie.
Il paper si chiama “Metabolic rates, climate and macroevolution: a case study using Neogene molluscs” ed è stato pubblicato su Proceedings of the Royal Society B, una rivista scientifica britannica che si occupa di ricerca in campo biologico.
I ricercatori dell’University of Kansas hanno preso in considerazione un periodo di circa 5 milioni anni, dal medio pliocene al presente, studiando i tassi metabolici di 299 specie, ovvero il quantitativo di energia di cui i vari organismi hanno bisogno per la vita quotidiana, e si sono accorti di una correlazione tra tassi metabolici più alti e rischio di estinzione.
Il principale autore dello studio, il PhD Luke Strotz, ha spiegato: “Ci siamo chiesti se fosse possibile calcolare la probabilità di estinzione di una specie in base all’assorbimento di energia del suo organismo”.
Così, si sono resi conto che la differenza tra le specie di molluschi che si sono estinte negli ultimi 5 milioni di anni e quelle che invece sono ancora vive e vegete è principalmente una: quelle estinte avevano un tasso metabolico più alto.
Di conseguenza, spiega lo scienziato, “magari a lungo termine la migliore strategia evolutiva per un animale è quella di essere apatico e pigro. Più basso è il tuo tasso metabolico, più è probabile che la specie a cui appartieni sopravviva”.
E scherza: “Piuttosto che parlare della sopravvivenza del più forte, forse una metafora migliore per descrivere la storia della vita è ‘sopravvivenza del più pigro'”.
Secondo il ricercatore, questa scoperta potrebbe avere delle conseguenze importanti per prevedere quali specie scompariranno per prime di fronte al cambiamento climatico in atto.
“In un certo senso, stiamo guardando un potenziale indicatore della probabilità di estinzione”, ha detto Strotz. Ma, sottolinea, il tasso metabolico non è ovviamente l’unico fattore da prendere in considerazione.
Un altro fattore rilevante è, per esempio, la distribuzione geografica della specie.
Questo studio pare complementare a quello, basato su dei ritrovamenti archeologici in Arabia Saudita, che suggeriscono che l’Homo Erectus, un ominide antenato dell’uomo, si sarebbe estinto per un’eccessiva pigrizia mentale.