Chi era Katherine Johnson, la matematica che lottò per il “diritto di contare”
È scomparsa lunedì 24 febbraio la scienziata della NASA che rese possibile la missione Apollo 11: la sua storia
Chi era Katherine Johnson, la matematica che lottò per il “diritto di contare”
Ci ha lasciati alla veneranda età di 101 anni Katherine Johnson, la matematica afroamericana che portò gli Stati Uniti nello spazio e che si guadagnò il suo “diritto di contare” all’interno di una società e un ambiente, quello della NASA, profondamente razzista prima che maschilista e sessista. Deceduta lunedì 24 febbraio 2020, Katherine ha lasciato su questa Terra un segno indelebile e ha mosso i suoi ultimi passi a Newport, in Virginia, lì dove era nata e aveva imparato a camminare.
Negli ultimi mesi il suo nome era tornato alla ribalta perché Rai 1 ha riproposto un bellissimo film del 2016, Il diritto di contare, per la regia di Theodore Melfi. La pellicola, che ricevette tre candidature agli Oscar – di cui una per Miglior Film – e due ai Golden Globe, vede come protagonista Taraji P. Henson nei panni di Katherine Johnson, la scienziata afroamericana che entrò nella storia collaborando con i fisici della NASA nel tracciare le traiettorie per il Programma Mercury e la missione Apollo 11.
La pellicola diretta da Melfi rende onore a questa donna, come anche alle altre due matematiche afroamericane, Dorothy Vaughan e Mary Jackson – interpretate da Octavia Spencer e Janelle Monáe – che resero possibile la storica missione, grazie alla quale l’America riuscì a recuperare terreno per quella faticosa e competitiva “corsa allo Spazio” durante la Guerra Fredda. Quella di Khaterine Johnson e delle sue colleghe è una storia di emancipazione che il film racconta in modo brillante ed emozionante, perché descrive l’impegno e la fatica di un gruppo di donne nel conquistare il proprio “diritto di contare”, cioè di essere prese in considerazione in un contesto sociale che gliene dava ben poca.
Ma qual è la vera storia di Katherine Johnson? Chi era questa donna così brillante?
La storia della donna che voleva avere “il diritto di contare”
Nata il 26 agosto 1918 a White Sulphur Springs, piccolo centro sito nella Contea di Greenbrier, nella Virginia Occidentale, Katherine aveva un papà boscaiolo e una mamma insegnante. Entrambi non poterono non rendersi conto, fin dalla sua infanzia, che la loro figlia era un vero e proprio prodigio della matematica, motivo per cui prestarono moltissima attenzione alla sua istruzione. Nella contea di Greenbrier però, come in molte altre durante quegli anni ingiusti, non era garantita l’istruzione ai bambini di colore e così Joshua e Joylette Coleman – i genitori della piccola Katherine – le fecero frequentare il liceo della contea di Kanawha, dal quale lei uscì diplomata all’età di soli 14 anni.
A 16 anni Katherine era dunque già una studentessa universitaria del West Virginia State College che frequentava tutti i corsi di matematica dell’ateneo e che era ampiamente apprezzata da molti docenti, tra cui Angie Turner King e W.W. Schieffelin Claytor ( terzo afroamericano a ricevere una laurea in matematica). Due anni più tardi, quando ne aveva 18, Katherine si è laureata cum laude e trasferita a Marion, sempre in Virginia, per insegnare matematica, francese e musica in una piccola scuola elementare.
Il suo primo traguardo “anti-segregazione” lo raggiungeva nel 1938, quando divenne la prima donna afroamericana ad entrare – anche grazie alla sentenza della Corte Suprema del Missouri, Gaines versus Canada – nella scuola di specializzazione dell’Università della Virginia Occidentale a Morgantown nella contea di Monongalia.
Quando in seguito, nel corso di una riunione di famiglia, un parente dava la notizia che il National Advisory Committee for Aeronautics, cioè la futura NASA, stava procedendo a nuove assunzioni, ammettendo anche donne afroamericane nel dipartimento di Guida e Navigazione, la Johnson si propose immediatamente e nel 1953 iniziò la sua avventura nel team NASA. Inizialmente parte di un gruppo di tecnici donne – le “computors” – che eseguivano calcoli matematici analizzando specifici dati dalle scatole nere degli aerei, Katherine non ci mise molto a far notare il suo straordinario talento quando fu assegnata ad un team di ricerca di volo composto di soli uomini. Questi si “dimenticarono di farmi ritornare al vecchio team”, ha raccontato lei stessa, che ottenne rispetto e considerazione semplicemente ignorando quelle barriere razziali prima che di genere che non permettevano, ad esempio, alle donne di partecipare alle riunioni del gruppo di lavoro.
Dal 1958 fino al 1986, anno del suo ritiro, la scienziata lavorò come ingegnere aerospaziale: tra i suoi immensi contributi ricordiamo che nel 1959 ha calcolato la traiettoria per il primo volo spaziale con equipaggio (poi assegnato ad Alan Shepard), la finestra di lancio per la missione Mercury e tracciato i diagrammi di backup di navigazione per gli astronauti, da utilizzare in caso di guasto elettronico. Nel ’62 arrivò per lei un’altra grande soddisfazione: quando la NASA utilizzò per la prima volta i calcolatori elettronici per il volo orbitale di John Glenn con la Mercury Friendship 7, questo chiese espressamente che Katherine verificasse i calcoli oppure non sarebbe partito per la sua missione.
Grazie a lei, inoltre, crebbe l’attendibilità dei calcoli effettuati tramite computer digitali, strumenti che era solita utilizzare e di cui si servì anche per il calcolo della traiettoria per la missione sulla Luna del 1969, la celebre Apollo 11. Nel 1970, poi, fu la volta della missione Apollo 13.Katherine Johnson coadiuvò ben 26 pubblicazioni scientifiche e dal 1979 la NASA diede un posto d’onore alla sua biografia, inserita nelle liste di afro-americani che si sono distinti nel campo della scienza e della tecnologia.
Più di recente, il 16 novembre 2015, è stato poi il presidente Barack Obama ad inserire la Johnson in un elenco di 17 americani che hanno ottenuto la Medaglia Presidenziale della Libertà, mentre l’anno successivo le venne formalmente dedicato, al Langley Research Center a Hampton (Virginia), il nuovo impianto, il Katherine G. Johnson Computational Research. Inserita nella lista della serie televisiva 100 Women, che contiene un elenco di 100 donne ispiratrici e influenti di tutto il mondo, Margot Lee Shetterly le dedicò un libro (Hidden Figures: The Story of the African-American Women Who Helped Win the Space Race), dal quale è stato poi tratto il film Il diritto di contare. Agli Oscar 2017 Katherine Johnson, novantottenne, ricevette una standing ovation.
Rimasta vedova dopo che il suo primo marito, James Francis Goble, morì per un tumore al cervello, Katherine si risposò con il tenente colonnello James A. Johnson. Dal 2016 ad oggi Katherine ha vissuto con la sua famiglia ad Hampton, in Virginia, con sei nipoti e quattro pronipoti ai quali ha sempre suggerito di intraprendere una carriera scientifica.