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Benvenuti nell’apocalisse, il fisico Cotta-Ramusino spiega a TPI cosa accadrebbe in caso di catastrofe nucleare

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L’onda d’urto che distrugge tutto. La sfera di fuoco. Il fall-out e la contaminazione radioattiva (per decenni). Il fisico Paolo Cotta-Ramusino spiega a TPI le conseguenze di una guerra atomica sulle generazioni future

Cosa accadrebbe oggi in caso di un’esplosione nucleare? Le conseguenze sarebbero le stesse registrate per Hiroshima e Nagasaki durante la Seconda guerra mondiale, o le tecnologie in questi anni sono cambiate e porterebbero a esiti diversi? TPI ne ha parlato con il professor Paolo Cotta-Ramusino, fisico dell’Università di Milano, dove tiene un corso chiamato “Armi nucleari, disarmo e proliferazione nucleare”. Cotta-Ramusino ricopre inoltre, dall’agosto 2002, l’incarico di Segretario Generale di Pugwash Conferences on Science and World Affairs, organizzazione non governativa che ha vinto il premio Nobel per la Pace nel 1995 «per i suoi sforzi nel diminuire il ruolo svolto dalle armi nucleari nella politica internazionale e, a lungo termine, per eliminare tali armi».

Che conseguenze avrebbe oggi un’esplosione nucleare?

«L’esplosione nucleare genera tre effetti: un’onda d’urto dall’effetto distruttivo; un’onda termica, ovvero una sfera di fuoco che genera una temperatura elevata in una zona piuttosto ampia ma che dipende dalla potenza esplosiva (se la bomba è piccola, l’onda termica sarà più bassa, e viceversa); e poi c’è la radioattività, che dipende sostanzialmente dal fatto se l’esplosione avviene al suolo oppure in alto».  

C’è differenza con Hiroshima e Nagasaki?

«No, gli effetti principali sono più o meno gli stessi. Tenga presente che gli effetti a Hiroshima e Nagasaki dal punto di vista della radioattività sono state sostanzialmente minori di quella che potrebbe essere un’esplosione che viene condotta al suolo».

Perché?

«Le due città sono tornate abitabili da un bel po’ di tempo. Invece quando l’esplosione viene condotta al suolo, questo ha delle conseguenze pesanti per le radiazioni, come è accaduto sulle isole Bikini. Queste isole sono state inabitabili per decine di anni, e lo sono ancora oggi. Proprio da tali esplosioni è derivato un orribile uso del termine per indicare un costume da bagno che era “una bomba”».

Come funziona il fall-out radioattivo?

«Con l’esplosione di una bomba al suolo, si libera una sfera di fuoco ad altissima temperatura (il livello massimo è persino superiore alla temperatura della superficie solare). Questa sfera di fuoco vaporizza il terreno che raggiunge. Questo viene quindi risucchiato verso l’alto, si mescola con i prodotti di fissione, cioè le sostanze radioattive prodotte con l’esplosione nucleare. Questa nuvola contenente sostanze radioattive poi segue i venti dominanti e si deposita al suolo. A questo punto il terreno contaminato è molto ampio».

Si ha un’idea dell’entità della contaminazione?

«Dipende dall’entità della bomba. Con un’esplosione notevole l’area coinvolta potrebbe anche essere di qualche centinaio di chilometri, se è una bomba più piccola meno».

A essere contaminate sono anche aria e acqua?

«Sì, anche questo accade con la contaminazione radioattiva. Abbiamo visto che ciò è accaduto anche con le esplosioni di centrali nucleari, come il disastro di Chernobyl e quello di Fukushima. Tenga presente che sono stati compiuti 2056 esperimenti nucleari in atmosfera o al suolo. Noi siamo sopravvissuti. Naturalmente non erano in zone abitate, quantunque sappiamo che nell’atollo di Bikini e delle isole Marshall le conseguenze sono ancora presenti».

Quanto durano gli effetti?

«Decine di anni, nel caso delle esplosioni al suolo».

Qual è lo scenario peggiore?

«Nel caso di esplosione in alto, come quella di Hiroshima e Nagasaki, si massimizza l’onda d’urto. Nel caso di esplosione al suolo l’onda d’urto è minore ma la radioattività è molto più alta. Quindi sono due caratteristiche antagoniste in un certo senso».

Esiste il rischio che si ricorra all’atomica?

«Secondo me oggi il rischio è abbastanza basso. Il problema è che quel che conta non è il rischio in sé, che potrebbe essere ad esempio il 5 per cento. A essere rilevante è il rischio moltiplicato per le conseguenze».

Che intende?

«Se abbiamo la possibilità all’80 per cento di avere un temporale molto violento, le conseguenze non sono così gravi. Ma se abbiamo anche solo il 2 o il 3 per cento di possibilità di utilizzo di armi nucleari, allora dobbiamo stare il più attenti possibile a evitare che ciò accada».

Oggi se ne parla apertamente, mentre prima era un tabù.

«Il fatto di parlarne più apertamente secondo me ha due conseguenze, una positiva e una negativa».

Qual è il lato positivo?

«La presa della coscienza dell’opinione pubblica che ci siano una serie di problemi sull’utilizzo dell’arma nucleare e che dunque occorra stare bene attenti a non stimolarlo».

E quello negativo?

«Quello negativo è l’aspetto principale. Mi riferisco al fatto che tutto viene in un certo senso “politicizzato”. Non è tanto il conflitto tra Russia e Ucraina. È il fatto che gli Usa e i Paesi europei – a torto o a ragione, non entro nel merito – stiano fornendo armi a Kiev, con la conseguenza che la guerra continua ed è già percepita come un conflitto tra Occidente e Russia. Mosca possiede molte armi nucleari, così come gli Stati Uniti».

Uno di questi Paesi potrebbe decidere di usarle?

«Non è ragionevole farlo. Però se la situazione diventa politicamente molto tesa, c’è il rischio concreto che le cose scappino di mano. La Russia ha una politica di non uso delle armi nucleari, ma adesso la questione è cambiata: se Mosca si trova in difficoltà, anche per situazioni interne o perché vede a rischio l’esistenza stessa del Paese, potrebbe arrivare a usarle per prima. Per questo gli Ucraini sono stati invitati a non attaccare il territorio russo. Ma c’è la questione del Donbass, che ora la Russia ha incorporato, e bisognerà vedere cosa farà il Cremlino».

Potrebbe passare dalle minacce ai fatti.

«A parole lo minacciano tutti. Anche Biden che parla di “nuclear armageddon” non è molto diverso: è comunque una minaccia all’avversario, che è la cosa peggiore».

Vede una soluzione possibile?

«L’unica secondo me è un cessate il fuoco immediato. La Russia ha preso queste parti del territorio dell’Ucraina e le ha incorporate. Kiev è stata indotta a pensare che avrebbero dovuto recuperare i territori presi dai russi e quindi non ha accettato nessun compromesso. L’Occidente l’ha stimolata in questa direzione, è un dato di fatto. Ora ci troviamo in una situazione in cui nessuno vuole perdere, nessuno fa dei passi indietro. Non c’è un vero dialogo tra Usa e Russia, e allora non sappiamo dove andremo a finire».

Il rischio riguarda anche le generazioni future?

«Nel caso di contaminazione sì. Poi dipende anche da quante bombe vengono fatte esplodere. Se c’è un conflitto nucleare globale e intenso, di quali generazioni future stiamo parlando? Le vittime sarebbero tante, e poi le conseguenze sull’ambiente…Naturalmente far esplodere una bomba a scopo dimostrativo è una calamità, dal punto di vista fisico delle conseguenze. Però poi mi chiedo: si riuscirebbe a mantenere sotto controllo un conflitto nucleare? Oppure ogni conflitto di arma nucleare genererebbe un utilizzo da parte dell’altra parte? In questo secondo caso, si andrebbe avanti all’infinito».

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