“Ho scoperto di avere l’Asperger a 47 anni e ho riletto tutta la mia vita. Ma non so se sia stato un bene”
La testimonianza di Ivan, che ha scoperto di vivere questa condizione dopo la diagnosi del figlio
Ivan B. ha 47 anni e vive a Venezia. Quando suo figlio aveva 4 anni, gli è stato diagnosticato un disturbo dello spettro dell’autismo, così Ivan e la moglie hanno iniziato a seguire una serie di corsi sull’argomento.
Nel corso degli anni, Ivan ha notato che ciò che ascoltava su suo figlio poteva essere riferito anche a lui.
“Parte dei problemi che aveva lui li ho avuti anche io, specialmente durante l’adolescenza e la giovinezza”, racconta Ivan a TPI. “Intorno ai 14-15 anni ero andato dallo psicologo perché mi chiudevo spesso in me stesso, non uscivo mai di casa”.
A gennaio scorso Ivan ha completato il test internazionale per la diagnosi dell’autismo in età adulta, che ha confermato il suo sospetto: ha la cosidetta sindrome di Asperger, una condizione che fa parte dello spettro dell’autismo e che può avere diverse sfumature, da quelle più marcate a quelle più lievi che, come nel suo caso, non vengono riconosciute per gran parte della vita, fino all’età adulta.
“Avevo difficoltà a relazionarmi con gli altri, cosa che mi ha creato talvolta problemi sul lavoro, specialmente in occasioni impegnative, in cui bisognava parlare con tante persone”, racconta Ivan, “Questo mi crea ansia, certe volte proprio mi blocco e non riesco più a parlare. Oppure mi sento a disagio dove c’è tanta gente, ad esempio in un bar affollato”.
“Con questa diagnosi ho capito tante cose del mio passato che non riuscivo a spiegarmi”, prosegue. “La diagnosi ha sempre una doppia faccia. Da un certo punto di vista è positiva, perché ti spieghi tante cose. Da un altro punto di vista, però, la consapevolezza di avere questo problema fa sì che questo si manifesti anche quando questo non si sarebbe manifestato se tu non lo avessi saputo. Mentre prima qualche volta mi trovavo in difficoltà con la gente adesso succede quasi sempre, proprio perché so di avere questo problema”.
In famiglia, invece, secondo Ivan, raggiungere questa consapevolezza è stato positivo: “Adesso che mia moglie sa che ho questo problema a mi comprende meglio”, dice. “Capisce perché non comprendevo certe cose o perché mi davano fastidio alcuni rumori, come quello di qualcuno che mastica, o perché sono stato solo due volte in un luogo rumoroso come la discoteca”.
“Non è che non puoi vivere con l’Asperger”, ci tiene a specificare Ivan, “vivi, impari che hai una tua dimensione e una volta che hai capito la riesci a gestire”.
Anche il suo migliore amico, racconta, ha la sindrome di Asperger. “Ha la mia età e anche lui lo ha scoperto da non molto tempo”, dice. “Questo forse vuol dire che ci cerchiamo, che notiamo la somiglianza inconsapevolmente”.
La diagnosi di autismo in età adulta oggi non è così rara, come spiega a TPI Mireya Moyano Somoya, psicologa di origine boliviana che lavora a Verona, dove si trova un importante Centro di cura per l’autismo specializzato sulla sindrome di Asperger.
Lei ha vissuto questa esperienza sulla sua pelle, perché ha scoperto di avere l’Asperger a 52 anni, otto anni fa.
“Sono 16 anni che mi occupo prevalentemente di autismo e avevo una grande empatia autistica, riuscivo a trovare una lettura delle difficoltà dei ragazzini autistici senza pensarci troppo. Mi veniva per logica”, racconta la psicologa.
“In un convegno sull’Asperger ho comprato il test per applicare il questionario e mi sono riconosciuta. Ho cominciato a indagare e dopo il convegno di Tony Attwood (considerato il massimo esperto mondiale della sindrome di Asperger, ndr) che per la prima volta ha affrontato il tema dell’Asperger femminile in modo specifico. Prima non sapevo cosa dire ai genitori: guardate, sono autistica anche io. Era un po’ strano”, dice.
“Questa scoperta ha dato anche una chiave di lettura alla mia famiglia, perché ho due figlie Asperger su cinque e anche un paio di nipotini. Da quando siamo riusciti a togliere il peso alla parola e a parlare più tranquillamente è stato un sollievo un po’ per tutti. Adesso ad esempio a casa sappiamo che quando si fa da mangiare bisogna preparare cose varie: qualcuno non mangia un cibo perché è croccante, qualcun’altro non ne mangia altro perché è giallo, c’è molto rispetto”.
“La diagnosi in età adulta capita con una certa frequenza”, spiega la dottoressa Moyano. “Quando si ha un figlio con diagnosi dello spettro autistico, già nel fare i questionari che si propongono ai genitori, alcuni di loro dicono: quello che mi stai chiedendo è totalmente normale, perché capita anche a me. Dopo realizzano che non tutte le persone hanno lo stesso tipo di problematica e allora si sentono direttamente coinvolti”.
“Da tre anni abbiamo attivato il gruppo Asperger Veneto e abbiamo fatto delle conferenze per spiegare le caratteristiche e il metodo di approccio”, prosegue la psicologa. “Tanti genitori in quei corsi hanno cominciato a sentire di essere chiamati in prima persona. Anche alcuni nonni si sono riconosciuti in queste caratteristiche”.
Gli studi più recenti sulla sindrome di Asperger sembrano infatti confermare una componente ereditaria molto forte in questo tipo di condizione.
“Secondo le ultime ricerche c’è una componente genetica molto forte”, spiega Moyano. “Non pari al 100 per cento, nel senso che non tutti i figli di persone Asperger hanno questa condizione, ma è molto frequente che succeda in due generazioni o che qualcuno si ricordi di uno zio un po’ particolare. Andando a ritroso tante volte si trova un fattore genetico, solo che al tempo magari non c’era una diagnosi, si veniva considerati solo come persone strane”.
Ma qual è il percorso psicologico che può intraprendere una persona Asperger dopo la diagnosi?
“Bisogna guidare la persona affinché possa acquisire maggiore sicurezza in ciò che fa e imparare a riconoscere i primi elementi di allarme, per poter sapere poi come gestire la situazione emotiva ed evitare di andare in situazioni di sovraccarico”, spiega la dottoressa Moyano.
Un esempio è quello di come affrontare i contesti molto rumorosi. “È una situazione che mi riportano molto di frequente e che ho vissuto anche io in prima persona”, racconta la psicologa. “La nostra società è tanto rumorosa. La persona Asperger percepisce tutto in contemporanea, con un’intensità molto alta, e allora si fa un doppio sforzo per canalizzare la propria concentrazione su un elemento principale. A scuola ad esempio senti il docente che parla, il rumore della classe, il clacson fuori, unito magari alla luce al neon, che è molto forte. Tutto questo porta a un sovraccarico, perché sono troppi stimoli che arrivano in contemporanea. Finisce che sto male e non capisco il perché”
“Nel mio caso”, aggiunge, “era soprattutto la luce del mio studio che mi dava fastidio, mi veniva il mal di testa. Quando le ho cambiate ha smesso di venirmi il mal di testa”.
Altri punti su cui lavorare sono quelli relativi alla decodifica sociale. “A volte ti trovi con ragazzi che non riescono a capire i doppi sensi, in determinati contesti ridono solo per imitare gli altri e poi vengono presi in giro perché sono sempre gli ultimi a ridere. Questo a volte li porta a non voler uscire di casa e a sviluppare altre problematiche, come la depressione”.
Oggi di Asperger si parla molto di più, anche grazie a personaggi famosi, come la scrittrice Susanna Tamaro o l’attivista svedese Greta Thunberg, che ammettono di vivere questa condizione. Ma fino a qualche anno fa la consapevolezza su questa situazione non era così marcata e molti casi non venivano diagnosticati.
“Tony Attwood è venuto per la prima volta in Italia nel 2013, a fare un grande convegno sull’Asperger”, spiega la psicologa. “Non si pensava che fosse una condizione così diffusa, la diagnosi arrivava solo a chi aveva più problemi, mentre i casi che vengono definiti ‘subclinici’, cioè che non sviluppano altre problematiche aggiuntive, passavano proprio inosservati. Questo vale ancora di più per le donne” (qui la testimonianza a TPI di una donna che ha avuto la diagnosi da adulta).
“Quando dico che ho la sindrome di Asperger, alcune persone mi chiedono cosa sia”, racconta Ivan. “Non è molto conosciuta. Per questo penso che sia utile che se ne parli e che lo facciano certi personaggi famosi, perché crea una consapevolezza importante”.
Ma cosa deve fare un adulto se sospetta di avere la sindrome di Asperger? “Ci sono persone che scelgono di non fare il test. Oppure fanno un test online, si riconoscono e restano in un certo senso in pace con se stesse”, dice la dottoressa Moyano. “Io consiglio di farlo per avere una maggiore chiarezza e sapere quali possono essere i punti deboli su cui fare un determinato tipo di lavoro per una maggiore consapevolezza e per sviluppare strategie che consentano una vita serena”.
La reazione, in caso di conferma della diagnosi, è quasi sempre di sollievo, racconta la psicologa. “Si capiscono meglio tante situazioni del passato. Ti aiuta a leggere dando una nuova interpretazione a quello che è successo prima. La sensazione di essere ‘sbagliato’ o ‘fuori posto’ è quella che di solito ti accompagna per tutto il tuo percorso di vita”.
Quando c’è la diagnosi in età adolescenziale invece ci può essere una sorta di rifiuto.
“I ragazzi si chiedono: cosa c’è di me e cosa di questa condizione?”, dice Moyano. “Hanno bisogno di maggiore supporto, soprattutto per lavorare sulle fragilità e valorizzare invece i punti di maggiore forza, in modo che la persona possa mantenere uno standard equilibrato, senza andare in sovraccarico o in situazioni di maggiore difficoltà, determinate da un’alterazione dell’area percettiva e degli stimoli”.
Un caso ancora diverso è quello dei bambini: “Io lavoro con dei gruppi di bambini che sanno già di essere Asperger e si trovano bene tra di loro”, dice la psicolga. “Un bambino di 8 anni mi ha detto: finalmente ho trovato un altro bambino con cui posso parlare di mitologia greca e lui mi capisce”.