“Salvini ha ragione, pochi donatori. Ma occhio a come si danno i crediti formativi”, un ematologo dell’Università di Milano a TPI
“Proporrò al ministro Bussetti di introdurre agevolazioni per chi dona il sangue, sia nei licei che negli istituti tecnici e nelle università. Si tratterà di introdurre crediti formativi perché è un atto di civiltà, utilità e generosità. Ritengo che vada premiato con dei crediti, soprattutto per i giovani che hanno paura dell’ago o hanno qualche dubbio”. A metà giugno aveva fatto discutere questa dichiarazione del vicepremier Matteo Salvini, rilasciata durante un evento all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano.
Se da un lato l’idea di incentivare le donazioni di sangue tra i giovanissimi risulta allettante e necessaria, dall’altro riconoscere dei crediti formativi come diretta conseguenza di una donazione ematica contravverrebbe alla legge italiana – in quanto in Italia donare il sangue è un gesto volontario e gratuito – e andrebbe a discriminare chi, per motivi di salute o di credo religioso, è impossibilitato a sottoporsi a questo tipo di prelievo.
In attesa di un riscontro da parte del ministero dell’Istruzione, TPI ha intervistato Augusto Federici – ematologo e docente di Malattie del sangue all’Università degli Studi di Milano – per fare il punto della situazione.
Prime reazioni alla proposta di Salvini. “Lungi da me l’intenzione di attribuirmi la paternità di quanto detto da Salvini”, scherza il professore mentre risponde al telefono, “ma quando ho letto la notizia sul giornale mi ha fatto piacere: bisognerebbe parlare di più dell’importanza delle donazioni di sangue. Il ministro dell’Interno ha anticipato ciò che io vorrei fare da mesi, in un certo senso”, continua.
Poi si spiega meglio: “Alla facoltà di Medicina della Statale – coordinati da Gian Vincenzo Zuccotti – ragioniamo da tempo su come stimolare gli studenti alla donazione di sangue. Stiamo cercando di promuovere – con l’arrivo del nuovo anno accademico – un corso extra che educhi alla donazione, coinvolgendo anche la Regione Lombardia. Non escludo che Salvini ne abbia parlato direttamente con Zuccotti: si conoscono, il vicepremier leghista è donatore abituale”.
Le donazioni tra gli studenti. “Qui da noi quanto a donatori siamo messi male”, riprende Federici, che dirige il Centro di ematologia e medicina trasfusionale dell’ospedale Sacco.
“Si può donare solo dai 18 ai 65 anni, e il ricambio tra vecchie e nuove leve non è immediato. Per quello che vedo io – tra gli studenti di medicina, quindi tra persone che dovrebbero essere sensibili alla questione – meno del 5 per cento dona. Non credo che nelle altre università cittadine, più piccole della Statale, le percentuali siano diverse. Sono dati che vanno approfonditi, ma una cosa è certa: oggi cominciano gli esami del mio corso di quest’anno. Su 120 persone presenti in aula, meno di 20 donano sangue. E si tratta già di ragazzi invitati alle mie lezioni ad avvicinarsi alla cosa”, mette in guardia il docente.
“Per questo parlavo al professor Zuccotti della necessità di corsi specifici. È ridicolo pensare che qualcuno che si sta formando per lavorare in pronto soccorso poi abbia paura a farsi infilare un ago nel braccio per donare, eppure è così”, denuncia. Poi aggiunge: “Le studentesse donano di più rispetto ai maschi. Le donne, in generale, son più generose e più determinate degli uomini”.
Le differenze con quanto detto da Salvini. Se gli si fa notare che la proposta di Salvini – per come è stata esposta dal ministro – contravverrebbe alla legge, non rispettando la gratuità che deve contraddistinguere una donazione di sangue, risponde così: “Questa è un’osservazione valida: infatti il progetto che sta prendendo forma in Statale non punta a dare qualche credito in più, come ricompensa, a chi dona una tantum. Sarebbe come dire: “Se sei donatore, ti metto 30 e lode”. È una battuta, non ha senso: gli esami li passi se hai studiato. Qui l’obiettivo è un altro: proporre un corso ad hoc, facoltativo, che informi gli studenti sull’importanza di essere donatori e sulle varie modalità possibili per diventarlo. Solo chi sceglie questo corso, lo frequenta per intero e poi va a donare, al termine avrà dei crediti in più. Ma i crediti vengono riconosciuti per aver seguito il corso, non per la donazione. La speranza è che dopo essere entrati in contatto con questa realtà – anche grazie al corso – si senta la necessità di diventare donatori abituali. Una donazione singola serve a poco: ogni centro trasfusioni deve saper prevedere su quante donazioni può contare ogni anno per lavorare bene. Ma il gesto di donare rimane volontario e gratuito per definizione, altrimenti non sarebbe più un dono”.
Le difficoltà dei centri trasfusionali. Federici lancia un allarme: “Ci sono branche della medicina che sono ormai orfane: la medicina trasfusionale è una di queste. È difficile trovare ematologi che vengano a fare i trasfusionisti. Nella maggior parte dei casi gli specializzandi si dedicano all’oncoematologia, ma i trasfusionisti sono fondamentali: sono loro a gestire le cellule staminali, il sangue e i concentrati di piastrine necessari per fare i trapianti. Nei prossimi cinque anni in molti andranno in pensione, e poi? Se non si conoscono i meccanismi alla base di emorragie e trombosi, i pazienti muoiono. Dalle trasfusioni non si può prescindere. Per quanto la scienza abbia fatto progressi, ancora non c’è un sostituto valido del globulo rosso concentrato. Lo si può riprodurre in laboratorio, ma ci vogliono mesi per ottenere una sacca di sangue e i costi sono proibitivi: si parla di 50mila euro a unità”.
Il fattore economico. Quando si va a donare, per prelevare il sangue bastano 15 minuti o poco più, si solito. Secondo il professore la parte più impegnativa è un’altra: “Prima di donare si è sottoposti ad analisi e a un’attenta visita medica. Significa che bisogna avere a disposizione strutture attrezzate per accettare le donazioni, ci vuole un congruo numero di medici pronti a visitare chi vuole procedere al prelievo”, illustra il medico. Far funzionare queste strutture ha un costo non indifferente, ma il gioco vale la candela: “Se il mio ospedale deve acquistare da altre strutture sacche di zero negativo – l’unico tipo di sangue somministrabile a un paziente di cui non si conosce il gruppo sanguigno – deve pagare circa 200 euro a unità. Ciò significa che chi dona fa un regalo grande alla collettività. Per questo sarebbe bello poter coccolare i donatori tutelandone la salute il più possibile. Bisognerebbe andare oltre ai test essenziali garantiti per il sangue: esami per il controllo della prostata o per prevenire il tumore al seno andrebbero offerti gratuitamente ai donatori. Un checkup esteso gratuito – si parla di esami annuali che costerebbero sui 500/600 euro a testa – sarebbe un ottimo riconoscimento per un donatore, ma non equivarrebbe a pagarne la donazione”, auspica Federici. “Purtroppo però i finanziamenti regionali per offrire esami aggiuntivi ai donatori sono in calo”, chiosa.
I vantaggi per il donatore. Ciò non toglie che donare presenta vantaggi concreti anche per chi offre il proprio sangue oltre che per chi lo riceve. Gli esami del sangue sono gratuiti, regolari, sempre monitorati. “E poi donare permette un salutare ricambio ematico”, puntualizza il medico.
“Subito dopo il prelievo è bene non fare grossi sforzi e dare tempo al corpo di reintegrare il sangue perso – di solito si tratta di circa 450 ml su un totale corporeo di 5 litri – ma c’è chi si accorge spontaneamente quando sono passati 3 mesi ed è arrivato il momento della donazione successiva: se non c’è ricambio di sangue da un po’ l’ematocrito aumenta, così anche la viscosità nei capillari”, chiarisce Federici. “Si capisce che è ora di donare perché non ci si sente a posto, un po’ come quando si cammina in alta montagna senza essere abituati”, precisa.
In attesa che l’anno accademico 2019/2020 abbia inizio e quest’iniziativa in Statale si concretizzi, il desiderio di Federici è uno: “Insegnare a giovani e meno giovani che la donazione di sangue è una forma di volontariato: è un gesto gratuito che permette di salvare una vita”, ribadisce.