Le tue foto Instagram potrebbero rivelare qualcosa sulla tua salute mentale
Un team di ricercatori ha analizzato le foto di alcuni utenti e ha scoperto interessanti relazioni tra le caratteristiche delle immagini condivise e il livello di depressione
Le foto che vengono pubblicate online hanno sempre qualcosa da raccontare. Possono essere una forma di espressione personale, o rivelare dettagli sullo stile o le stranezze di chi le scatta. Ma secondo un recente studio, possono anche contenere importanti indizi sulla salute mentale di chi le condivide.
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Ad agosto 2017, Andrew Reece, ricercatore alla Harvard University e Christopher Danforth, professore all’Università del Vermont, hanno pubblicato i risultati della loro ricerca, in cui hanno analizzato la relazione tra foto e depressione. Ne è emerso che gli utenti Instagram con una storia di depressione alle spalle pubblicano immagini generalmente più scure rispetto a chi non soffre di questo disturbo.
Il team di ricercatori ha selezionato un campione di 166 persone, 71 delle quali avevano sofferto di depressione, e ha collezionato 44mila scatti. I partecipanti sono stati divisi in “depressi” e “sani” e le loro foto analizzate tramite un software, che ne ha rilevato tonalità, saturazione e luminosità, oltre al numero di volti presenti. Inoltre, i ricercatori hanno raccolto informazioni sul numero di post di ogni utente e i relativi like e commenti.
Dai risultati è emerso che i partecipanti “depressi” erano più inclini a postare foto di volti e a scegliere il filtro “Inkwell”, che rende le immagini bianche e nere. I partecipanti ritenuti sani, invece, quando condividevano le immagini, tendevano ad utilizzare il filtro “Valencia”, che rende i colori più brillanti. Inoltre, il gruppo di soggetti “depressi” risultava più attivo su Instagram e riceveva un numero maggiore di commenti e like.
I ricercatori sottolineano che si tratta di un campione ristretto e che i risultati non posso essere generalizzati a tutti gli utenti Instagram. Tuttavia, la tecnica utilizzata potrebbe essere una valida risorsa per la valutazione dello stato di depressione delle persone, come ha dichiarato il professor Danforth al New York Times.