Variante Delta, studi scientifici: “Ecco quanto sono efficaci i vaccini Pfizer e AstraZeneca”
Due studi britannici mostrano un'elevata efficacia dei vaccini anti-Covid anche contro la cosiddetta variante indiana, a patto di somministrare entrambe le dosi. I dati però variano da siero a siero
Due dosi di vaccini anti-Covid assicurano una solida protezione anche contro la cosiddetta “variante indiana” o meglio la variante Delta del nuovo Coronavirus, che tanta preoccupazione sta causando proprio in merito all’efficacia dei sieri attualmente in circolazione. È quanto emerge da due recenti studi condotti nel Regno Unito: il primo dell’Università di Strathclyde, in Scozia, pubblicato sulla rivista scientifica The Lancet e il secondo della Public Health England, un’agenzia del Dipartimento della salute britannico.
I dati emersi dalle due ricerche mostrano come nel medio periodo i vaccini riducano il rischio di ospedalizzazione contro la variante Delta del Sars-Cov-2 – ritenuta ben più contagiosa di quella inglese (la variante Alfa) e definita “preoccupante” dall’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) – a patto di somministrare entrambe le dosi. Il grado di protezione offerto varia però da siero a siero, con i vaccini a mRNA a garantire una maggiore efficacia, almeno stando ai due studi citati, sia contro l’infezione che in termini di minore rischio di ricovero.
D’altronde, un altro lavoro scientifico pubblicato la scorsa settimana sulla rivista Nature dai ricercatori dell’Università del Texas di Galveston mostrava come il siero prodotto da Pfizer-BioNTech fosse in grado di neutralizzare sia la variante Delta che la B.1.525 o Eta, identificata per la prima volta in Nigeria.
I dati divulgati dalle autorità sanitarie del Regno Unito mostrano ormai una prevalenza della cosiddetta “variante indiana” nei contagi registrati nelle ultime settimane, tornati ai livelli di febbraio. Proprio la maggiore contagiosità della variante Delta ha causato una ripresa delle infezioni in terra britannica, costringendo il governo guidato dal premier Boris Johnson a rinviare di quattro settimane il “Freedom Day”, inizialmente fissato da Londra al 21 giugno, quando sarebbe dovuta cadere qualsiasi restrizione attualmente in vigore per arginare la pandemia.
La scelta delle autorità britanniche di rimandare al 19 luglio l’abrogazione delle misure di profilassi contro la Covid-19 è legata all’andamento della campagna vaccinale. Secondo i consulenti del governo di Londra, è prudente aspettare ancora un mese per accrescere ulteriormente il numero di persone vaccinate, nonostante nel Regno Unito siano già state inoculate oltre 70 milioni di dosi. Nel corso della conferenza stampa tenuta ieri sera, lo stesso Boris Johnson ha spiegato che questo lasso di tempo permetterà di accelerare le somministrazioni dei richiami.
Proprio le seconde dosi risultano infatti fondamentali, stando agli studi dell’Università di Strathclyde e della Public Health England, per contrastare la diffusione della variante Delta. Ma quali sono i vaccini più efficaci?
Vaccini contro la variante Delta: lo studio pubblicato su Lancet
La cosiddetta “variante indiana“, diventata dominante nel Regno Unito almeno dalla metà del mese di maggio, risulta del 60 per cento più contagiosa di quella inglese (la variante Alfa) – ancora il ceppo prevalente in Italia, che potrebbe presto essere sostituito proprio da quest’ultima variante.
La ricerca pubblicata sulla rivista scientifica The Lancet sottolinea in primis come, anche nel caso della variante Delta, i soggetti più a rischio di ospedalizzazione in presenza di infezione da Sars-Cov-2 siano le persone affette da patologie preesistenti. Lo studio, condotto in Scozia tra il 1 aprile e il 6 giugno 2021 su 19.543 casi di contagio, evidenzia come la cosiddetta “variante indiana” sia stata rilevata “principalmente nei gruppi più giovani” e che “il rischio di ricovero ospedaliero per Covid è approssimativamente doppio nei soggetti infettati dalla variante Delta rispetto a quella Alfa, in particolare nelle persone affette da cinque o più comorbilità”.
I vaccini, come mostrano i dati, sono però in grado di attenuare tale rischio (sia nella popolazione fragile che in quella sana), ma richiedono almeno 28 giorni dalla somministrazione della prima dose per offrire una solida protezione contro la cosiddetta “variante indiana“.
Secondo i ricercatori dell’Università di Strathclyde, il siero in grado di assicurare le maggiori garanzie è quello prodotto da Pfizer-BioNTech, che contro la variante Delta offre una protezione del 79 per cento in confronto all’efficacia del 92 per cento dimostrata contro la cosiddetta “variante inglese” (la variante Alfa). Per contro, il vaccino realizzato da AstraZeneca garantisce una protezione del 60 per cento contro la cosiddetta “variante indiana” rispetto al 73 per cento di efficacia dimostrata contro la variante alfa.
“Questi risultati”, concludono i ricercatori scozzesi, “sono coerenti con gli effetti dei vaccini contro la variante Delta pubblicati dalla Public Health England“. La citazione si riferisce a un’analisi divulgata a fine maggio dal dipartimento della Salute britannico, che aveva mostrato come contro la cosiddetta “variante indiana” una sola dose di vaccini anti-Covid fosse del 17 per cento meno efficace nel prevenire la malattia sintomatica rispetto al caso della variante Alfa, rilevando invece una minima differenza in termini di protezione dopo il richiamo.
Vaccini contro la variante Delta: la nuova analisi del dipartimento della Salute britannico
Il nuovo studio pubblicato dalla Public Health England approfondisce invece ulteriormente la questione dell’efficacia dei sieri anti-Covid nel ridurre il rischio di ospedalizzazione dei soggetti contagiati dalla variante Delta del nuovo Coronavirus. Anche in questo caso, i vaccini a mRNA si sono rivelati lievemente più efficaci rispetto a quelli a vettore adenovirale, garantendo comunque un calo dei ricoveri.
La ricerca, condotta in Inghilterra tra il 12 aprile e il 4 giugno 2021 su 14.019 persone, mostra come contro il ricovero dei soggetti infettati dalla cosiddetta “variante indiana” il siero prodotto da Pfizer-BioNTech assicuri un’efficacia del 96 per cento dopo la somministrazione della seconda dose. Per contro, dopo il richiamo il vaccino realizzato da AstraZeneca è efficace al 92 per cento contro l’ospedalizzazione dei contagiati.
Vaccini contro la variante Delta: l’importanza del richiamo
Insomma, in termini di riduzione dei ricoveri, i vaccini anti-Covid mostrano la medesima efficacia sia contro la variante Delta che contro quella Alfa, ma soltanto in caso di somministrazione di entrambe le dosi. “Restano in corso ulteriori lavori per stabilire il livello di protezione (offerto dai vaccini anti-Covid) contro la mortalità della variante Delta”, conclude l’analisi della Public Health England. “Tuttavia, come nel caso delle altre varianti, questo dovrebbe risultare alto”. Quindi, nei soggetti a cui è stato inoculato il richiamo, i vaccini dovrebbero proteggere dall’infezione e assicurare un calo dei ricoveri e della mortalità, a prescindere dalla variante del virus.
“I vaccini sono lo strumento più importante che abbiamo contro la Covid-19”, ha sottolineato la dottoressa Mary Ramsay, responsabile della sezione immunizzazione presso l’agenzia del dipartimento della Salute britannico. “Hanno già salvato migliaia di vite”.
“Il programma di vaccinazione nel Regno Unito continua a ritmo sostenuto e ha già salvato migliaia di vite: è la nostra via d’uscita da questa pandemia”, ha commentato il segretario britannico alla sanità, Matt Hancock. “La prova dell’efficacia delle due dosi contro le varianti mostra quanto sia cruciale fare il richiamo: se non l’avete già prenotato, fatelo subito”.