Cosa significa vivere col vaginismo, il disturbo che rende il sesso un’esperienza straziante
Questa dolorosa condizione affligge due donne su cento, ma in poche sanno di cosa si tratta e aspettano anni prima di ricevere una diagnosi
“Quando ho provato per la prima volta a fare sesso, a sedici anni, è stato tremendo. Ci abbiamo provato per ore, invano, intervallando i tentativi di penetrazione con pause in cui cercavamo di capire che cosa stesse succedendo.
Semplicemente, non riusciva ad entrare. Il dolore era insopportabile ad ogni tentativo, era come se stesse per spaccarsi tutto. Non ho mai sofferto tanto”.
E. convive da sempre con questa condizione, a cui per anni non è stata in grado di dare un nome.
“Ho continuato a provarci, seguendo i consigli delle amiche: ‘all’inizio fa sempre male, poi passa’. Presto però è diventato evidente che c’era qualcosa che non andava. Mi sentivo inadatta e anormale, incapace di compiere il più naturale dei gesti.”
Ma E. non è l’unica. Come lei, il 10-15 per cento delle donne in età fertile prova dolore durante la penetrazione, numero che raggiunge quasi il 45 per cento tra le donne in post menopausa, come scrive la ginecologa e sessuologa Alessandra Graziottin nel libro “Il dolore segreto”.
Questa condizione, chiamata dispareunia, rende il sesso penetrativo un’esperienza atroce e può declinarsi in vari disturbi, non sempre facili da identificare.
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“La mia intimità smise di essere intima. Mi sottoposi a visite mediche ed esami di ogni tipo, per escludere qualsiasi problema fisico.
Dovevo raccontare a medici sbigottiti i particolari più privati della mia vita, trasformando il sesso in un dato clinico, combattendo l’incredulità che spesso li portava a sottovalutare la mia sofferenza durante gli esami invasivi a cui mi sottoponevano”.
Fugata a caro prezzo la paura di tumori, infezioni o malformazioni, ad E. è rimasta solo una frase disarmante: va tutto bene.
“È sconfortante sentirselo dire, quando non è vero. Perché se stai male senza motivo allora il problema sei tu”.
Solo cinque anni dopo, leggendo qualche blog, E. ha capito di soffrire di vaginismo, una condizione che causa uno spasmo involontario dei muscoli perineali che circondano la vagina, determinandone la chiusura.
Completare la penetrazione risulta impossibile, a prescindere da quanto intensamente la donna lo possa desiderare.
Secondo Natalina Manci, dirigente medico presso l’UOC di Ginecologia e Ostetricia dell’Ospedale S. Matteo degli Infermi di Spoleto, il disturbo affligge circa due donne su cento in età fertile.
In un articolo scritto a quattro mani con la dottoressa Cardinali, sessuologa, lo descrive come una patologia “che nessuna scuola di specializzazione descrive e per cui si richiedono al ginecologo una ‘expertise’ e una sensibilità che spesso non possiede”.
Anche per questo chi ne soffre può aspettare anni prima di ricevere una diagnosi.
“Inoltre la paziente con vaginismo sta lontano dal ginecologo, ha vergogna e pudore, si sente giudicata e anomala per cui evita anche di fare prevenzione con PAP test o ecografie pelviche”.
Secondo la dottoressa Rossella Berardi, sessuologa e psicoterapeuta del Centro AISPS Sessuologia di Roma, c’è sempre un tempo di elaborazione della difficoltà prima che la paziente chieda aiuto, una fase pregressa in cui prende coscienza della situazione.
“Si tratta di una condizione celata e raramente condivisa con famiglia e amici. Chi viene in terapia infatti di solito è convinto di essere un caso clinico unico e raro, poi scopre che non è così.”
Per secoli il vaginismo è rimasto celato da una coltre di diffusa ingoranza e disinformazione, che costringeva le donne in una gabbia di dubbi e sofferenza.
“La cosa peggiore, oltre al dolore, oltre al senso di colpa e all’incomprensione, erano le spiegazioni logiche della situazione a cui il mio cervello arrivava per direttissima, senza passare dal cuore” spiega E., col tono ormai sereno di chi ha raccontato una brutta storia già tante volte.
“Forse non lo amo, forse sono lesbica, forse non me lo merito, forse in realtà non voglio farlo. Tutte conclusioni a cui giungevo bypassando completamente il mio sentire pur di darmi una qualche spiegazione, e che mi facevano dubitare di me stessa, dei miei sentimenti, della mia capacità di comprendermi”.
Sono però pochissimi i casi in cui le donne riescono ad arrivare da sole alla causa prima del disturbo, risolvendolo.
Le cause del vaginismo sono tante e molto diverse tra loro, e secondo la dottoressa Berardi vanno ricercate nella storia relazionale e nel vissuto sessuale della paziente: “Non c’è un immediato rapporto di causa effetto: il vaginismo è l’ultimo anello di una catena di esperienze”.
La dottoressa Manci spiega che i muscoli si contraggono “a mo’ di difesa e di chiusura, a causa di una fobia che spesso non si sa da dove derivi se non da qualcosa di antico (nell’infanzia o adolescenza) che la donna non sa correlare, oppure da influenze esterne (educative o da dinamiche familiari).
Ogni caso è a sé ed è peculiare. Per questo il supporto della psicosessuologa dedicata è cruciale e risolutivo.”
Cercando su Google informazioni sul disturbo E. ha trovato le storie di donne che si raccontavano nel dolore, e scoprendo di rispecchiarvisi in pieno è stata travolta dall’emozione.
“Ricordo di aver pensato ‘non sono l’unica, non sono sbagliata, non è colpa mia, non durerà per sempre’. A quel punto ho cercato ‘esperti vaginismo’ e ho contattato una sessuologa, con cui ho iniziato un percorso”.
Il vaginismo infatti non è per sempre. Si può risolvere, con l’aiuto di uno specialista e tanta determinazione. Gli approcci utilizzati sono molto vari, a seconda dei bisogni specifici di ogni paziente.
Spesso, spiega la dottoressa Berardi, si utilizza la psicoterapia integrata, ossia un approccio psicocorporeo che accompagna la terapia analitica a tecniche di rilassamento muscolare e inserimenti progressivi, in cui si aiuta la paziente a fidarsi delle sue sensazioni.
Il tempo di guarigione è molto soggettivo, dipende da numerosi fattori tra cui la costanza e la motivazione della donna, ma spesso le cose iniziano a cambiare nel giro di qualche mese.
In questi casi, spiega la dottoressa Manci “il ruolo della ginecologia è anche quello di far conoscere l’anatomia e la funzione vaginale e la sfera psiconeuroendocrina della vagina a donne che la ignorano, o addirittura non ne hanno la minima cognizione e coscienza. Spesso la paziente non sa che si possono inserire ovuli di antibiotico in vagina.”
L’ignoranza riguardo all’anatomia dei genitali femminili può infatti peggiorare notevolmente la condizione di chi soffre di vaginismo, portando la paziente a costruirsi immagini sbagliate e controproducenti.
La sessualità femminile, tanto nella sua dimensione di piacere quanto in quella di dolore, è ancora un tabù, cosa che costringe migliaia di donne ad andare a tentoni alla ricerca del benessere sessuale.
Per questo motivo le due giornaliste del Guardian Mona Chalabi e Mae Ryan hanno realizzato Lettere dalla vagina, una serie in quattro video contro i tabù sessuali, accompagnati da un quiz in cui mettere alla prova le proprie conoscenze anatomiche.
In risposta al video “The Orgasm Gap”, in cui affrontano anche la questione del vaginismo, hanno ricevuto numerose lettere di spettatrici che si erano sentite sole e le ringraziavano per il loro lavoro di divulgazione.
Mona Chalabi ha detto a TPI: “Prima di iniziare le ricerche per la serie non sapevo nulla del vaginismo. Sono contenta di esserne a conoscenza ora – non solo perché comprendo meglio i corpi di altre donne ma anche perché sarò in grado di capire eventuali cambiamenti del mio.
Guardando i nostri video, alcune persone hanno scoperto di avere un problema, ma in realtà molte di più hanno scoperto che quello che pensavano fosse un problema (come ad esempio l’aspetto delle loro piccole labbra) era in realtà completamente normale.
Personalmente non mi aspettavo di ricevere così tanti messaggi da uomini. In tanti ci hanno scritto che anche loro volevano conoscere meglio l’anatomia delle loro compagne”.
La disinformazione su questi temi infatti mette alla prova anche i partner, che difficilmente capiscono spontaneamente come rapportarsi al problema in modo costruttivo.
“Un approccio troppo insistente può spaventare chi ne soffre, ma allo stesso tempo un approccio troppo cauto può generare una non evoluzione della situazione”, spiega la dottoressa Berardi.
Per alleviare la sofferenza delle donne e permettere anche alle coppie che lottano con la dispareunia di provare piacere durante il sesso, l’azienda FORIA ha lanciato FORIA Pleasure, un lubrificante al THC disponibile in California e Colorado che rilassa la muscolatura pelvica lanciando scariche di piacere in tutto il corpo.
Anche in Italia c’è qualcuno che si occupa di sessualità femminile ed educazione al piacere.
La Valigia Rossa è un’azienda italiana tutta al femminile, che ruota attorno alla salute e al benessere sessuale della donna. Le sue circa 130 consulenti incontrano gruppi di donne che desiderano una maggior consapevolezza riguardo la propria sessualità direttamente nel salotto delle loro case.
L’azienda, nata nel 2010 per cambiare il modo di vivere e parlare della sessualità ed abbattere i tabù che ancora oggi la circondano, è il primo grande progetto italiano ad unire la vendita di sex toys a momenti di supporto socio pedagogico.
Abbiamo avuto modo di prendere parte ad una riunione di presentazione dei prodotti, dove tra scherzi, sapori e odori stimolanti Ilaria Peverato, consulente di Bologna, ci ha incoraggiati a condividere dubbi e perplessità fornendoci importanti consigli e nozioni anatomiche, ed affrontando ogni momento con delicatezza e brio.
“Nessuno ha mai parlato alle donne di sessualità in un modo che le facesse sentire a loro agio, dunque è fisiologico che le lacune siano tante, soprattutto sull’anatomia” spiega Ilaria.
“Nella maggior parte dei libri di anatomia è raro che la struttura dei genitali femminili sia descritta nella sua interezza, forse perché non era un tema considerato prioritario. Ma le donne ora sono pronte: vogliono sapere, ci fanno domande, manifestano dubbi.
L’educazione al piacere è una guida semplice e indispensabile per vivere la sessualità in modo consapevole e responsabile nei confronti propri e degli altri, e far sì che sia un’esperienza serena, completa, rassicurante”.
Quando incontrano donne che sperimentano dolore durante la penetrazione, consigliano di provare approcci diversi.
“Culturalmente la sessualità ‘giusta’ è quella di tipo penetrativo; in realtà esistono diversi modi per conoscere il proprio corpo e avvicinarlo alla sfera del piacere.
Tutti i sex toys possono essere considerati oggetti ad uso terapeutico, perché utili a raggiungere il benessere psicofisico della persona. Di questo abbiamo fatto la nostra bandiera.
Nelle nostre riunioni sproniamo le nostre clienti a volersi bene, a prendersi cura di sé e ascoltare il proprio corpo. Non proponiamo la ricetta magica, ma parlare di piacere là dove tutti intorno a noi danno priorità al dolore è di per sé rivoluzionario”.