Battaglia alla Cop: sigarette elettroniche vs fumo tradizionale
Alcuni studi suggeriscono che il passaggio dalle vecchie bionde alle alternative tecnologiche senza combustione potrebbe significare un notevole risparmio per la sanità pubblica. Ma Ue e Oms, influenzata dalla Cina, hanno assunto decisioni controverse
La Conferenza delle Parti (COP) dell’OMS sui prodotti da fumo e della nicotina, che si è svolta dal 5 al 10 febbraio a Panama, rappresenta un momento cruciale nella discussione sulla regolamentazione delle sigarette elettroniche e dei prodotti alternativi al fumo tradizionale. Mentre il mondo lotta contro un’epidemia globale di fumo e le sue devastanti conseguenze, le nuove tecnologie stanno aprendo una nuova frontiera nella riduzione del rischio. Tuttavia, la discussione si è fatta intensa, con l’OMS e la Commissione Europea che hanno assunto posizioni controverse.
I danni del fumo
Con oltre 1,3 miliardi di fumatori nel mondo e circa 7 milioni di morti all’anno, il fumo è un’epidemia globale. Nonostante gli sforzi di controllo, il numero di fumatori è rimasto stabile: allo stato attuale, infatti, secondo il Global Report dell’OMS, occorrerebbero oltre 140 anni per porre fine al fumo. L’aumento delle tasse o le immagini shock pubblicate sui pacchetti, infatti, non hanno portato a differenze significative. Un’analisi critica delle politiche da rafforzare – come gli interventi basati sulla prevenzione – così come su quelle da introdurre – come la riduzione del rischio – potrebbe essere un passaggio di buonsenso. I prodotti senza combustione, infatti, che stanno già giocando un ruolo fondamentale nel ridurre il numero dei fumatori in molti paesi con effetti benefici sulla salute pubblica nel suo complesso, e potrebbero rappresentare una svolta in tal senso. Ma nonostante il dato secondo il quale in Europa il 78% dei fumatori scelga ancora le sigarette, mentre solo il 2% le e-cig, l’intenzione dell’OMS sembrerebbe essere quella di regolare in maniera restrittiva i prodotti senza combustione, equiparandoli alle sigarette.
La FCTC ha originariamente adottato il principio di riduzione del danno, riconoscendo che prodotti meno dannosi possono contribuire a ridurre i decessi e le malattie legate al fumo.
Nel 2015, infatti, l’Organizzazione Mondiale della Sanità scriveva: “Lo sviluppo di nuovi prodotti del tabacco che sono meno tossici o che creano meno dipendenza potrebbe essere una componente di un approccio globale per ridurre i decessi e le malattie legate al tabacco, in particolare tra i consumatori di tabacco che non sono disposti a smettere o non sono in grado di interrompere la loro dipendenza”. Tuttavia, negli ultimi anni, l’OMS ha, come detto, adottato un approccio più restrittivo basato sulla sola cessazione completa.
L’OMS si trova in disaccordo con oltre 10 enti regolatori in tutto il mondo, tra cui la FDA negli Stati Uniti e il Public Health England nel Regno Unito, che riconoscono il ruolo delle sigarette elettroniche nella riduzione del rischio. Studi scientifici e revisioni sistematiche, infatti, hanno dimostrato che le e-cig possono aiutare i fumatori a smettere e ridurre i danni per la salute. Tra le più recenti e autorevoli prese di posizione scientifiche in merito, ad esempio, c’è quella di “Nature Medicine”, che ha sottolineato il ruolo giocato dalle sigarette elettroniche nel promuovere la cessazione dell’attitudine al fumo e nel far ridurre il danno da fumo. Questo in virtù di numerosi studi, secondo cui le e-cig, pur non essendo prodotti a rischio zero, nel lungo termine possono portare dei benefici nei confronti dei loro utilizzatori rispetto al fumo di sigaretta, dato che il loro aerosol contiene livelli di sostanze dannose o potenzialmente tali, fino al 95% inferiori rispetto al fumo convenzionale.
In base a questi studi, alcuni Paesi, quali Inghilterra, Canada, Nuova Zelanda, Norvegia e Svezia hanno adottato approcci basati sulla riduzione del rischio, ottenendo risultati significativi nel ridurre il numero di fumatori a differenza dell’Australia, che, invece, ha adottato le proprie politiche in base ai divieti suggeriti dall’OMS. Secondo i dati ufficiali, infatti, negli anni tra il 2013 e il 2022 i tassi di fumo in Svezia sono diminuiti del 50%, nel Regno Unito del 27%. In Nuova Zelanda sono diminuiti del 48%, in Giappone del 33%. In particolare, la Svezia si sta avvicinando all’obiettivo di un Paese senza fumatori, unico tra i Paesi Ue: secondo il governo di Stoccolma, infatti, entro la fine dell’anno a fumare sarà meno del 5% della popolazione.
Posizioni in campo
La Commissione Europea ha proposto una posizione simile a quella dell’OMS, con il rifiuto del principio di riduzione del rischio e la volontà di equiparare i prodotti senza combustione alle sigarette. Tuttavia l’orientamento manifestato dal Parlamento Europeo è ben diverso ed è sempre stato in linea con un approccio di riduzione del rischio, riconoscendo un ruolo importante per i prodotti senza combustione.
C’è un altro aspetto da non sottovalutare che è quello relativo alla Cina e alla sua influenza all’interno dell’OMS. Pechino, infatti, è il secondo contributore più grande dopo gli Stati Uniti in quanto a risorse versate nelle casse dell’OMS. Quello del tabacco è un settore di grande interesse per il governo cinese. Secondo i dati relativi al 2022, infatti, la Repubblica popolare cinese è il più grande consumatore e produttore mondiale di sigarette tradizionali con oltre 350 milioni di fumatori cinesi stimati e 2,4 trilioni di sigarette vendute ogni anno. Non sorprende, quindi, che per quanto riguarda la regolamentazione in patria del fumo elettronico la Cina è molto più restrittiva avendo intrapreso nel corso degli anni una serie di iniziative per scoraggiare il passaggio dalle sigarette tradizionali alle sigarette elettroniche. La Cina, quindi, con il suo enorme mercato delle sigarette, e con il suo ruolo significativo nell’OMS ha influenzato le politiche riguardanti il tabacco.
Risparmi sanitari
Quanto scritto precedentemente non può che non sollevare domande sulla coerenza dell’Organizzazione Mondiale della Sanità nella sua lotta al fumo. Anche perché uno studio condotto in Inghilterra e Italia ha dimostrato che il passaggio da sigarette tradizionali a prodotti alle alternative tecnologiche senza combustione potrebbe portare a risparmi significativi per i sistemi sanitari nazionali. Secondo la ricerca, infatti, una diminuzione di appena l’1% dei fumatori potrebbe tradursi in un risparmio di circa 331 milioni di euro in tutte le Regioni. Non solo: i dati suggeriscono che se il 50% dei fumatori effettuasse il passaggio da prodotti ad alto rischio come le sigarette tradizionali alle alternative senza combustione, il Servizio Sanitario Nazionale potrebbe risparmiare 722 milioni di euro all’anno in termini di malattie legate al fumo.
Ecco perché la COP dell’OMS rappresenta una sfida cruciale nell’adozione di politiche basate sulla riduzione del rischio per combattere l’epidemia globale del fumo. Mentre la scienza continua a sottolineare il ruolo delle sigarette elettroniche e dei prodotti alternativi, la lotta tra approcci di prevenzione e riduzione del rischio si intensifica. Per questo è fondamentale trovare un equilibrio tra la protezione dei non fumatori e la fornitura di opzioni percorribili per gli attuali fumatori.