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Home » Salute

Animenta, la non-profit che racconta con parole nuove i disturbi alimentari

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Animenta è un’associazione nata nel 2021 dall’idea di Aurora Caporossi, 25 anni, romana, con alle spalle un passato di anoressia nervosa e oggi solo il desiderio di aiutare chi sta combattendo la sua stessa battaglia: ossia circa 3 milioni di persone in Italia, in gran parte adolescenti.

La community di Animenta ha più di 37mila utenti online e 300 volontari in tutta Italia. Grazie ai suoi canali di comunicazione ha supportato e accolto oltre 500 richieste di aiuto.

A oggi ha ricevuto 21mila euro di donazioni con cui ha organizzato eventi divulgativi nelle scuole e reti territoriali locali di supporto. Collabora con le ASL territoriali, gli enti locali, partner specializzati nei disturbi alimentari e oltre 80 specialisti tra dietisti, psicologi ed educatori.

“Ho deciso di fondare Animenta perché ho una storia da raccontare, che mi rende vicina a chi, come me, ha sofferto o soffre oggi di disturbi alimentari. Si tratta di malattie complesse che richiedono un linguaggio specifico. Ricordo benissimo il senso di disorientamento e di incomunicabilità che viene percepito da chi sta attraversando la malattia e non sa a chi rivolgersi. Questo, insieme alla mancanza di coordinamenti territoriali nella gestione delle cure e ai costi elevati che restano a carico delle famiglie, costrette spesso a rivolgersi a specialisti privati, mi ha portato a fondare Animenta. Il progetto risponde alla necessità di adeguare la sensibilizzazione al tema ai nuovi canali di comunicazione, usati dai più giovani, per riuscire davvero a dare voce a tutte le storie. Le parole curano”, spiega la Founder e Presidente Aurora Caporossi.

Animenta è un progetto che nasce con l’intenzione di promuovere una differente narrazione sui disturbi alimentari (DCA), andando al di là della visione generalmente comunicata dai media di  ragazze adolescenti con disturbi restrittivi, per parlare invece di una patologia psichica complessa, che supera stereotipi di genere, provenienza geografica ed età, che porta a utilizzare il cibo e il peso per controllare e gestire le emozioni.

Per farlo, Animenta punta soprattutto sul digitale: il portale web custodisce tante storie di chi ha affrontato la malattia e ha chiesto aiuto, per condividere testimonianze che possano incoraggiare chi ha bisogno di supporto. I social media, Facebook, Linkedin e in particolare Instagram, sono i canali privilegiati da Animenta, che qui incontra la sua community, composta da più di 37mila followers, per diffondere una corretta informazione, creare occasioni di ascolto e condivisione e raggiungere anche i soggetti più giovani.

I DCA in Italia: colpiti sempre di più giovani e bambini

Secondo i dati rilasciati nel 2023 da un Osservatorio ABA e ISTAT, sono circa 3 milioni gli italiani, che soffrono di disturbi alimentari e in seguito alla pandemia l’incidenza è salita del 30%, interessando soprattutto i più giovani a causa dell’isolamento prolungato e delle ridotte occasioni sociali. Secondo l’Istituto Superiore di Sanità, rispetto alle diagnosi più frequenti, tra questi disturbi non rientrano solo i più comunemente noti anoressia (che colpisce circa il 42,3% dei casi) e bulimia nervosa (18,2%), ma anche il binge eating disorder (abbuffate incontrollate, che incide per il 14,6%). Si aggiungono anche innumerevoli altre varianti che Animenta registra quotidianamente, come la drunkoressia, l’ortoressia, il disturbo evitante-restrittivo e altri che rendono difficile definire i confini di queste malattie e quindi riconoscerle.

Questi dati evidenziano la necessità urgente di cambiare e innovare i canali di comunicazione per aprire un vero dialogo con una generazione sempre più giovane colpita dai DCA e indicano l’urgenza di modificare la narrazione connessa a queste tematiche complesse e variegate, evitando stereotipi e definendole per quello che sono, ossia disturbi di natura psichica.

L’impegno di Animenta e i suoi numeri

Il network creato da Animenta, tramite canali online e offline opera sulla spinta emotiva della storia personale di anoressia nervosa di Aurora Caporossi e delle tante altre di chi ha trovato il coraggio di raccontarsi. Le donazioni ricevute, a oggi pari a 21mila euro, hanno permesso di organizzare momenti di ascolto, di confronto e di accoglienza per chi vive o ha vissuto un disturbo del comportamento alimentare. Aurora con la sua non-profit si impegna ogni giorno a riscrivere la comunicazione associata ai DCA, perché non venga associata unicamente a problemi connessi al corpo e al peso e cominci invece a essere considerata come una patologia complessa che riguarda la persona, nella sua totalità.

Dalla sua fondazione, l’impegno dell’associazione ha permesso di accogliere più di 500 richieste di aiuto. Il 40% delle persone che si rivolgono ad Animenta sono famigliari o persone vicine a chi soffre, che contattano l’associazione per trovare orientamento su come aiutarle. Il 10% sono insegnanti di discipline sportive che identificano casi tra i loro atleti e il restante 50% è composto da chi soffre dei disturbi.

Animenta, che aderisce al Movimento Lilla, realtà che riunisce le associazioni di settore, si è attivata già nel 2021 con richieste ufficiali, per richiedere al Governo che la cura dei DCA disponga di un budget autonomo e dedicato per ogni Regione italiana e che ogni Regione sia tenuta a dotarsi dei Livelli Essenziali di Assistenza (LEA) per queste malattie.

Come funziona Animenta: le reti territoriali e il primo supporto

Animenta connette chi ha bisogno con chi può curare, come dietisti e psicologi specializzati, che sono stati coinvolti nel progetto. Promuove inoltre lo sviluppo continuo di reti di prossimità supportate dai volontari, le collaborazioni con le ASL e con i centri DCA. L’elenco dei professionisti che sono in contatto con Animenta viene aggiornato costantemente in questa sezione del sito https://professionisti.animenta.org/.

La partnership stipulata da Animenta con UnoBravo, servizio di supporto psicologico online, inoltre, offre un primo colloquio di orientamento gratuito con un terapeuta specializzato nel settore dei DCA e il 10% di sconto sulla prima seduta a pagamento. Si offre, in alternativa, un orientamento dedicato all’individuazione dello specialista idoneo più comodo da raggiungere per il paziente, a tariffe calmierate quanto possibile.

I volontari, le attività di divulgazione e sensibilizzazione

Animenta nasce dalle esperienze di chi ha vissuto un disturbo alimentare, ma anche dalle parole, dalle voci di chi gli vive accanto. Gli oltre 300 volontari sono coloro che supportano l’Associazione con attività di comunicazione, promozione online, ideazione e sviluppo di eventi divulgativi in tutta Italia. Le parole curano, e la founder di Animenta ci crede fermamente.

Grazie a chi dei volontari opera come professionista nel settore dei disturbi DCA, si organizzano eventi divulgativi nelle scuole e nelle università oltre a iniziative organizzate con ASL ed enti locali, per incontrare ragazzi, docenti e genitori. Chi diventa volontario ma non è uno specialista del settore supporta l’associazione nel creare relazioni con il territorio, promuovere gli eventi divulgativi e nel contribuire allo sviluppo delle attività di comunicazione della community online.

I progetti di Animenta: le cene virtuali, gli spettacoli teatrali, la pasta di Animenta

Il racconto delle esperienze personali di chi ha affrontato la malattia è la base di Animenta, perché le storie sono uno specchio in cui riconoscersi e comprendere che non si è soli, trovando ispirazione per innescare un cambiamento. Tra le iniziative organizzate dalla community ci sono i  Let’s Eat Together, cene virtuali per passare insieme il momento dei pasti e condividere, da qualsiasi posto con uno smartphone, il momento dedicato al cibo con serenità in compagnia. Si organizzano inoltre in diverse città italiane laboratori di cucina con la collaborazione di Fondazione Cotarella, offrendo l’opportunità di avvicinarsi al cibo un passo alla volta, riscoprendone la leggerezza e il senso di familiarità. Infine, viene organizzato in varie città italiane un appuntamento di spesa condivisa, dove un gruppo di ragazzi della community viene accompagnato da un dietista in un supermercato, alla scoperta di una corretta lettura delle etichette degli alimenti, per acquisire consapevolezza su cosa significhi alimentarsi bene.

Con Ambra Angiolini è stato avviato il progetto teatrale Lettere al corpo che ha già coinvolto diversi ragazzi dell’associazione. Attraverso la musica, la danza e la recitazione sono state portate sul palco e interpretate le lettere ricevute dalla community, che raccontano la storia del rapporto col proprio corpo. Il laboratorio teatrale viene riproposto, durante l’anno, in diverse città italiane e la raccolta delle lettere è sempre attiva online.

È stata realizzata, insieme all’azienda alimentare Gusto Fantastico, la Pasta di Animenta. Pasta fresca di semola 100% lucana stesa e lavorata a mano e poi essiccata, confezionata in un packaging speciale pensato per far sorridere chi fatica a percepire il cibo come un momento di gioia da condividere. È possibile acquistarla sul sito di Animenta https://animenta.org/pasta/.

L’azienda vitivinicola Famiglia Cotarella invece ha messo a disposizione nella maggior parte delle enoteche italiane il vino Tellus Syrah dal fiocco lilla, di cui parte dei proventi vanno a sostegno di Animenta.

Animenta nelle scuole e nelle università: la prevenzione nasce tra i banchi

Le attività di divulgazione e sensibilizzazione  di Animenta, svolte nelle scuole e nelle università italiane, a oggi hanno raggiunto già 10mila giovani. Si organizzano incontri con presentazione di testimonianze ma anche laboratori didattici o attività interattive coinvolgendo psicologi, psichiatri, educatori e nutrizionisti del network. L’obiettivo è promuovere nei ragazzi una riflessione attiva sulla consapevolezza del proprio corpo e delle relazioni con l’altro, oltre ad aiutare i genitori e gli insegnanti, con incontri ad hoc, a comprendere in quale modo aiutarli e fornire i primi strumenti di intervento e prevenzione.

Animenta si rivolge anche agli specialisti della salute di domani. Ha organizzato e organizza talk con professionisti in formazione universitaria, per portare un contributo esperienziale sull’importanza di creare un rapporto umano di valore tra medico e paziente nell’affrontare i DCA. Ultimo di questi è stato realizzato con il Campus Bio Medico di Roma.

10 ottobre, Giornata Mondiale della Salute Mentale

Il 10 ottobre è la Giornata mondiale della Salute mentale. L’anoressia nervosa presenta il tasso di decessi più elevato tra le patologie psichiatriche. Compresa la depressione severa e in assenza di interventi terapeutici, la mortalità per gravi disturbi alimentari può raggiungere il 20% che si riduce al 2-3% con un adeguato trattamento. I dati arrivano da una ricerca condotta dalla National Association of Anorexia Nervosa and Associated Disorders (ANAD)[1].

I disturbi alimentari sono per natura disturbi psichici che richiedono un monitoraggio e assistenza: “Anche se non vediamo qualcosa, non significa che non esiste. Non sempre infatti  vediamo un disturbo alimentare o una malattia mentale. Quando una persona accanto a noi ci dice di soffrire di una malattia mentale spesso rispondiamo: eppure sembrava che stesse così bene. Questo perché i disturbi alimentari, e molte malattie mentali, spesso non sono visibili. Nel caso dei disturbi alimentari, però, provare ad intercettare quei, seppur minimi, campanelli di allarme può essere fondamentale per un intervento precoce e per una remissione completa dalla malattia“, afferma Aurora Caporossi, 25 anni, romana, con un passato di anoressia nervosa e fondatrice di Animenta, un’associazione con la quale ha scelto di aiutare le persone che combattono questa battaglia, soprattutto giovani. La community di Animenta ha più di 37mila utenti online e 300 volontari in Italia. A oggi, ha ricevuto 21mila euro di donazioni con cui ha organizzato eventi divulgativi nelle scuole e reti territoriali locali di supporto.

Secondo i dati rilasciati nel 2023 da un Osservatorio ABA e ISTAT, sono circa 3 milioni gli italiani che soffrono di disturbi alimentari e in seguito alla pandemia l’incidenza è salita del 30%, interessando soprattutto i più giovani a causa dell’isolamento prolungato e delle ridotte occasioni sociali. Secondo l’Istituto Superiore di Sanità, rispetto alle diagnosi più frequenti, viene segnalata l’anoressia  l’anoressia che colpisce circa il 42,3% dei casi.

Per aiutare chi soffre di anoressia nervosa e, in generale, di disturbi alimentari è importante riconoscere i primi sintomi, il cui inizio è silenzioso.

Vademecum dei sintomi iniziali da monitorare

Non è semplice riconoscere l’esordio di un disturbo alimentare, la nostra cultura normalizza e spesso incentiva moltissimi comportamenti distorti nei confronti di cibo, peso e corpo. Quali sono i campanelli d’allarme?  Qui di seguito un vademecum realizzato da Aurora Caporossi, Founder e Presidente di Animenta con la Dottoressa Giulia Graziano, dietista specializzata nel trattamento dei disturbi alimentari, parte del team di volontari di Animenta.

1.Cambiamento graduale o improvviso delle abitudini alimentari in termini di quantità o di scelta di alcuni cibi.
La cultura della dieta e la moda del fitness e del mangiar sano, spesso, possono diventare una giustificazione nel ridurre quantità e scelta degli alimenti. Il confine è molto sottile, ma non va sottovalutato. La dieta, intesa quale regime alimentare restrittivo, è considerata uno dei fattori di rischio per lo sviluppo dei disturbi dell’alimentazione. Per questo chi inizia a seguire diete senza stretto controllo di uno specialista si espone a rischi.

2.Frequente utilizzo del bagno dopo il pasto

Questo accade in particolare nel caso della bulimia nervosa, disturbo alimentare che si caratterizza per dei meccanismi di compenso che si mettono in atto dopo un’abbuffata.

3.Aumento nella quantità e nell’intensità dell’attività fisica

Le persone che soffrono di un disturbo alimentare iniziano a praticare attività fisica, spinte dall’ossessione di compensare quanto introdotto con il cibo, anche quando sono stanche o infortunate. L’esercizio diventa una priorità assoluta, totalizzante, che si sovrappone ad altre attività o responsabilità quotidiane. In particolare, per chi soffre di DCA, l’allenamento è legato a  un profondo senso di colpa e di vergogna per se stesso, come se non allenandosi si facesse qualcosa di sbagliato o si venisse meno a un dovere.

4.Modifiche dell’umore, soprattutto prima, durante e dopo il pasto.

Il cambiamento non riguarda solo i comportamenti legati agli aspetti alimentari; si può assistere infatti alla comparsa di reazioni impulsive, maggiore irritabilità, ansia e umore depresso.

5.Rifiuto dei momenti di socialità

Il disturbo del comportamento alimentare può allontanare la persona dalle situazioni familiari o sociali in cui sia presente del cibo, con scuse o giustificazioni che possono mascherare la motivazione vera di questi comportamenti che è l’impossibilità di controllare il cibo quando si esce dalla propria routine quotidiana dei pasti

È doveroso sottolineare che questi non sono gli unici segni di riconoscimento di un esordio di un disturbo alimentare. Ogni persona infatti è diversa e la malattia ha caratteristiche proprie, ma il vademecum presenta i sintomi più comuni.

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