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Il ritorno di Zinga accende l’entusiasmo dei militanti: ma intanto nel Pd sono iniziate le manovre per il congresso

Immagine di copertina
Credit: ANSA/ANGELO CARCONI

Era il grande rientro di Zingaretti. Alla Festa Nazionale del Pd a Bologna, dopo le sue dimissioni traumatiche di 8 mesi fa, con tanto di accuse al gruppo di dirigente del suo partito (“mi vergogno di un Pd che parla solo di posti durante il Covid”). Quindi con un po’ di apprensione: quel gesto sarà stato capito dai militanti? “È stato un trionfo”, dicono ora i suoi. Iniziato dal giro nelle cucine dei ristoranti, fra selfie coi militanti, saluti e tante parole di affetto. “Presidente!”. “Segretario!”. Ma molti, quasi tutti, lo chiamano per nome, “Nicola, bravo! Facciamoci una foto”. La platea centrale della sala dibattiti la sera è piena, il servizio d’ordine chiude gli ingressi perché per le norme anticovid c’è troppa gente. Tanta gente, ma zero dirigenti del Pd.

A parte Cecilia D’Elia, responsabile delle donne del partito, Mattia Santori, leader della sardine e Matteo Lepore, il probabile futuro sindaco di Bologna, nessun big capocorrente del partito si fa vedere a sentire l’ex segretario, segno che la rottura con quelle dimissioni fu e resta molto forte. Cuperlo finisce il suo dibattito, e invece di sentire il suo ex Segretario che lo aveva nominato a capo della Fondazione del Pd, preferisce la cena al ristorante del tartufo (molto gettonato alla Festa). Ma l’assenza più rumorosa è soprattutto quella del Presidente dell”Emilia Stefano Bonaccini, che era pronto a sostituire Zingaretti al Nazareno e che poi le dimissioni di Zingaretti hanno spiazzato.

Questo è il clima in cui Zingaretti inizia il suo dibattito, moderato da Bianca Berlinguer. E l’inizio è col botto, con quasi un minuto di ovazione per l’ex segretario. Nicola si carica. Spiega che le sue dimissioni “servivano per dare una scossa”, difende Draghi, loda Letta, parla di campo largo e di alleanze il più possibile estese contro questa destra, quindi anche coi 5Stelle. “Se Draghi va al Colle, attenti a non fare governicchi solo per non votare”, avvisa. È convinto che alle elezioni il PD andrà bene, difende Gualtieri, spinge Lepore, sempre fra gli applausi del suo popolo. “Non farò il terzo mandato in Regione. Due bastano“, avvisa, per rispondere ad una domanda di Bianca Berlinguer se su De Luca e Zaia che invece hanno cambiato il proprio statuto regionale per tentare il terzo giro. Finisce come era iniziata. Con gli applausi dei militanti, il gelo dei dirigenti nazionali e Nicola in giro per la Festa (molto affollata) a farsi selfie e salutare il suo popolo.

Zingaretti è tornato. Non si sa quanto i capicorrente del partito, a parte Letta, che ha un ottimo rapporto con Zingaretti, siano felici. Nei giorni scorsi, infatti, Base riformista ha provato a sondare il terreno del congresso, dopo un voto ambiguo dell’assemblea del partito. L’articolo 8 ritoccato dall’organo assembleare infatti recita che il congresso viene convocata 6 mesi prima della scadenza del segretario, ovvero a settembre del 2022, che vorrebbe dire prima delle elezioni (sempre che non si ricorra al voto anticipato). Troppa grazia, avranno pensato dalle parti di Guerini e Lotti, ed infatti a stretto giro di posta è arrivato il chiarimento del Nazareno: sei mesi prima va comunicata la data, quindi il congresso vero e proprio si terrà dopo le elezioni, secondo Letta.

Questo significa che a dirimere la questione saranno i rapporti interni. Bisognerà tenere d’occhio almeno due variabili: la prima porta il nome di colui che ha determinato tutti i cambiamenti dem, ovvero Dario Franceschini. Proprio lui che ha richiamato il buon Enrico da Parigi, è stato rimosso dal ruolo di capo delegazione al governo, sostituito da Andrea Orlando. L’altra variabile porta a Bologna, nel palazzo della Regione Emilia Romagna. Se l’attuale inquilino, Bonaccini, all’inizio del nuovo anno, cominciasse a scalpitare tutto il PD si rimetterebbe in movimento.

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