Zes unica, facciamo in modo che non sia l’ennesima occasione sprecata per il Sud (di D. Giarrusso)
Il governo, dopo anni di lotte da parte di tutti i meridionalisti, ha finalmente licenziato la ZES, la Zona economica speciale unica per il Mezzogiorno. Bene, ma non benissimo. Funzionerà? Innescherà una svolta per il Sud, o sarà solo lo specchietto per le allodole, mentre una pessima autonomia punitiva verso il Mezzogiorno inciderà la carne viva dei meridionali? Non ci dimentichiamo che ZES e infrastrutture servono soprattutto alle imprese del Nord. Per questo, massima apertura verso il governo, ma occorre vigilare.
Sicuramente, l’accorpamento delle 8 Zone economiche speciali dal primo gennaio 2024, prevista dalla nuova normativa, permetterà di affrontare congiuntamente una questione unica, come è quella meridionale, favorendo il necessario coordinamento centralizzato, rispetto ad uno spezzettamento che si è rivelato farraginoso. C’erano troppi sportelli unici per le imprese, e avere un interlocutore unico a Roma efficienterà i processi. Ma come non leggere in questo punto i limiti proprio di una certa autonomia, che il centrodestra sta proponendo, che rischia solo di allargare il gap Nord – Sud e parcellizzare politiche che devono essere unitarie in mille rivoli locali?
Diciamo la verità. È dal 1861 che lo sviluppo nel Mezzogiorno si è innescato o arrestato a seguito del ciclo economico. Quando c’erano politiche espansive e protezionistiche, cioè investimento pubblico mirato e agevolazioni per chi investiva in aree in ritardo di sviluppo, ad indennizzo dei maggiori costi logistici (leggi: scarse infrastrutture), per massimizzare il vantaggio competitivo del minor costo della manodopera, con la lungimiranza di puntare alla convergenza, il Sud cresceva. È successo con le Leggi speciali di Nitti, durante la stagione dei Patti territoriali, con le ZES, e ora, ci auguriamo, con la ZES unica. Quando si praticavano politiche procicliche, si tagliavano gli investimenti o gli incentivi, la divergenza si ampliava. COVID e guerra hanno spinto in direzione di un nuovo keynesismo. Ma è forse questa destra diventata keynesiana? Ho dei dubbi. Intanto, per far andare bene le cose, non ci resta che affidarci a Paolo Gentiloni, che sta lottando come un leone per spuntare un patto di stabilità non più cocciutamente ispirato all’austerità, come vogliono gli alleati europei dei sovranisti: ricordiamolo alla Presidente del Consiglio.
Per quel che riguarda il Sud, il governo locale non si deve lasciar trovare impreparato. Accettando la sfida della maggiore efficienza di una autonomia solidale, ma dicendo no all’autonomia competitiva che depriva il Sud delle risorse che servono per il grande balzo in avanti. Con la fine del blocco delle assunzioni nella Pa, al Mezzogiorno non servono infornate di ex percettori di RDC – a proposito: è stata una follia eliminare questo aiuto fondamentale -, ma valorizzare i suoi brillanti laureati che fuggono altrove. Prevarrà il buon senso o il vecchio clientelismo, di una destra affamata di poltrone?
Insomma, la ZES unica per il Sud è una buona notizia e una grande opportunità. Facciamo in modo, tutti insieme, dall’ultimo consigliere di quartiere al parlamentare europeo e al Presidente del Consiglio, che questa non sia una ennesima occasione sprecata, ma l’inizio del rilancio del Mezzogiorno.