Regionali, Zaia: “I miei voti un grande riconoscimento, ma anche un segno di protesta verso Roma”
Zaia: “Miei voti grande riconoscimento e segno di protesta verso Roma”
Alle elezioni Regionali di qualche giorno fa è stato di gran lunga il volto più vincente della Lega: Luca Zaia è stato riconfermato governatore del Veneto con una maggioranza bulgara (77 per cento) e secondo alcuni adesso è pronto addirittura a prendere le redini del partito, al posto di un Matteo Salvini apparso in difficoltà nelle ultime settimane. Lo stesso Zaia, qualche giorno fa, non ha risparmiato una frecciatina al segretario del Carroccio: “Perché vinco? Io governo, non vado in giro a fare comizi”. Il presidente veneto, tuttavia, in un’intervista al Corriere della Sera ha chiarito il senso delle sue affermazioni, lanciando un messaggio conciliante allo stesso Salvini: “Sta facendo un lavoro strepitoso – ha dichiarato -, ha preso in mano un cadavere eccellente e l’ha portato nell’Olimpo. Anche in Toscana: se ci avessero fatto firmare qualche anno fa per il 40 per cento, avremmo detto ‘tutta la vita’. La Lega è cresciuta molto, e come tutte le piante che sono cresciute rapidamente, ha bisogno di un palo, un supporto per poter continuare a crescere”.
“Abbiamo una caratteristica – ha continuato Zaia – e cioè l’identità. Non dobbiamo perderne un millesimo. La vera abilità è quella di miscelare la disponibilità temporanea al voto a una persona con un consolidato progetto politico. Quando non ci sarà più Zaia, dovremo rinunciare a quel consenso o dobbiamo lavorare oggi perché resti?”. Il governatore del Veneto ha poi analizzato i motivi per cui, a suo avviso, è arrivata una vittoria così netta alle Regionali: “Questo voto è il riconoscimento del mio lavoro da parte dei veneti. Ma anche un segno di protesta verso Roma. Civile, ma protesta. È stata una vittoria strepitosa, che corona la mia storia da leghista: mai avuto altre militanze. Nel 2010, la mia prima elezione fu meramente politica: tanto valeva il centrodestra, tanto ho preso io. Nel 2020 invece il rapporto tra cittadini e governatore diventa viscerale, prima il governatore era su un piedistallo, ora mi scrivono su Instagram, mail, WhatsApp. Il presidente diventa una sorta di super sindaco”.
Secondo Zaia, oggi il cittadino “non solo il partito ma anche l’uomo: non esiste un partito che valga il 70 per cento. Nemmeno uno dei miei oltre 2 milioni di elettori ignorava che io sono un leghista. Ma il valore dei candidati va oltre. Non significa che i partiti siano finiti, i partiti sono la sacralità dell’idea e l’identità. Ma i presidenti devono declinare l’identità nel modo migliore: mi rifiuto di pensare che solo a destra si chieda legalità e ordine pubblico e dall’altra parte tutti pensino che i delinquenti abbiano avuto un’infanzia difficile”. C’è anche spazio, ovviamente, per rivendicare i propri meriti politici: “Io cerco di rappresentare il Veneto. Non è questione di gestione del Covid, i sondaggi già mi davano al 70 per cento. Io ho ereditato una Regione che era la periferia dell’impero. Dopo l’Autonomia, la riforma sanitaria, le colline del Prosecco di Conegliano Valdobbiadene, le Olimpiadi, il maggior cantiere italiano che è la Pedemontana, mi lasci dire che qualcosa è cambiato. Ieri eravamo lavoratori e pagatori di tasse, oggi siamo una comunità che spesso detta l’agenda”.
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