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Varoufakis: “Meloni passerà alla storia come un inciampo di cui le generazioni future si vergogneranno”

"L'Europa ha perso una fantastica opportunità per sopravvivere. La guerra tra Israele e Hamas? Quando si impone l'apartheid a un popolo non ci può essere pace": da Berlino parla il leader e fondatore di DiEM25 Yanis Varoufakis

Perché l’Europa sta fallendo e che cosa si può fare per evitarlo?
Nel 2019 abbiamo attraversato l’Europa con la nostra proposta del Green New Deal. E quello che abbiamo detto all’epoca agli elettori europei è stato che questa sarebbe stata la proposta giusta per prevenire la dissoluzione dell’Unione Europea, e che sarebbe stata la nostra ultima possibilità. Ebbene, non abbiamo ottenuto buoni risultati. E alla fine ci siamo trovati con il Green Deal di Ursula von der Leyen, che è un abominio. Non ha nulla a che fare con quello che avevamo proposto. Il risultato è stato che l’Europa ha perso una fantastica opportunità per consolidarsi e sopravvivere. Non credo che l’Unione europea possa sentirsi al sicuro ora. Non sparirà, ma continuerà a frammentarsi, continuerà a disintegrarsi e continuerà a essere usata semplicemente come un mercato unico per conto degli affaristi. Ma l’idea di una casa comune europea, il sogno federalista, tutto questo è scomparso. E non credo che al momento si possa fare qualcosa per rianimarla, per quanto lo si voglia fare, semplicemente perché abbiamo sprecato queste fantastiche opportunità. Pensate ai trilioni di euro che la Banca Centrale Europea ha stampato in tutto questo tempo. Invece di investirli, come avevamo proposto nel 2019, nella tecnologia verde, nell’energia pulita e così via, sono andati tutti ai banchieri. Abbiamo perso un’opportunità. Ora DiEM25 attraverserà l’Europa con un’agenda transnazionale e paneuropea per difendere le vittime della follia del nostro establishment.

Negli ultimi mesi in Italia si sta parlando molto dell’introduzione di un salario minimo legale per fronteggiare il costo della vita. È una misura giusta secondo lei?
Il salario minimo è sempre un importante strumento per civilizzare la società in cui viviamo. Ma da solo non basta: abbiamo bisogno della contrattazione collettiva. Abbiamo bisogno della contrattazione tra i lavoratori organizzati da un lato e i datori di lavoro dall’altro. L’idea di sostituire la contrattazione collettiva con un salario minimo è strumentale agli interessi delle grandi imprese e anche a creare circostanze come quelle che il popolo italiano ha vissuto in tutti questi anni, con redditi medi in calo da 20 anni.

Il governo italiano in questo momento sul tema migrazione sta cercando di negoziare con i Paesi del Nordafrica le partenze: è una misura sufficiente per lei?
Questi negoziati tra i governi europei e l’UE e i regimi autocratici come quello tunisino o egiziano, il regime libico, sono un abominio. Dovremmo vergognarci di noi stessi. Questo è essenzialmente ciò che stiamo facendo: la Merkel ha iniziato questo processo nel 2015 con l’accordo con Erdogan, in Turchia. A tutti gli effetti, stiamo corrompendo, i Paesi autocratici poveri, i governi, non i Paesi, per aiutarci a violare la legislazione internazionale, il diritto internazionale sui rifugiati. Penso che il Papa abbia l’idea giusta. Dobbiamo creare passaggi sicuri per i richiedenti asilo, per i migranti. Dobbiamo avere un serio progetto migratorio paneuropeo. Al momento in Europa mancano due milioni di persone a causa dell’invecchiamento demografico. Quindi, la signora Meloni passerà alla storia come un inciampo di cui le generazioni future si vergogneranno.

Cosa pensa di ciò che sta accadendo in Israele?
L’altro giorno, un ex direttore del Mossad – il servizio segreto di Israele – è uscito allo scoperto per confermare che Israele stava imponendo l’apartheid ai palestinesi. È stata un’ammissione sorprendente. Quando si impone l’apartheid a un popolo, per decenni, quando lo si rinchiude in campi di prigionia – Gaza è il più grande campo di concentramento del mondo – non ci può essere pace. Il primo passo, decisivo, per porre fine alle inutili morti e sofferenze di palestinesi e israeliani deve essere la fine dell’apartheid e dell’occupazione israeliana in Israele e in Palestina.

A proposito di pace, qual è la sua opinione sulla guerra in Ucraina?
La guerra in Ucraina doveva finire ieri. La strategia dell’Occidente e della NATO di inviare armi in modo codardo è la seguente: non invieranno truppe finché l’ultimo ucraino non sarà sacrificato per sconfiggere la Russia. Cosa che non accadrà mai. Tutto ciò che avremo sarà la continuazione di una combinazione di Prima guerra mondiale, guerra di trincea e Afghanistan. Questo è ciò che abbiamo ora. Ogni settimana decine di migliaia di persone muoiono e rimangono mutilate. Tutto questo deve finire. DiEM25 ha una proposta molto chiara che prevede un compromesso. Le truppe russe devono tornare al loro posto prima del 22 febbraio. In cambio, l’Occidente deve garantire che l’Ucraina non entrerà nella NATO. Che sarà armata, ma non allineata. L’area del Donbass, che è molto complicata perché ci sono ucraini e russi e dove c’è una pulizia etnica da parte dei russi fascisti e degli ucraini fascisti, deve andare sotto la supervisione internazionale esattamente come l’Irlanda del Nord, che è entrata a far parte dell’Accordo del Venerdì Santo, concordato a livello internazionale e sponsorizzato dall’Unione Europea. Sarebbe un modo molto sensato di porre fine a questa guerra insensata e permanente.

La conosciamo come economista e politico molto impegnato, ma anche come autore di libri. Ci può anticipare qualcosa sul suo prossimo libro in uscita in Italia il mese prossimo?
Ho scritto un libro molto strano in cui uso un’analisi completamente marxista per spiegare perché il capitale ha avuto un tale successo, un tale trionfo, da distruggere il capitalismo e sostituirlo con qualcosa di più vicino al feudalesimo. Una versione tecnica, tecno feudale del feudalesimo. Se la mia ipotesi è giusta, allora i progressisti, la sinistra e persino i liberali dovrebbero essere molto, molto preoccupati. E dovremmo riconsiderare e rivalutare il modo in cui ci comportiamo politicamente.

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