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La bomba atomica di Crimi. Il leader M5S a TPI: “780 euro di reddito universale, prestiti di 10mila euro per cittadini e 250mila per le imprese, senza interessi. Siamo d’accordo col Pd”

Immagine di copertina
Vito Crimi nell'illustrazione di Emanuele Fucecchi

Vito Crimi, capo politico del M5S, spiega le sue proposte shock in una lunga intervista a Tpi.it firmata Luca Telese: “Abbiamo in mente un piano per far ripartire l’economia: 720 euro di reddito universale, prestiti da 10mila euro per le persone fisiche e partite iva, e 250mila euro per le imprese. Senza vincolo o interessi, a erogazione istantanea. Con il Pd condividiamo questa analisi, non abbiamo mai avuto volontà così comuni”

Onorevole Vito Crimi, la disturbo?

Mi concede solo un secondo? sto mettendo a nanna il bambino.

Prego.

Ha quasi due anni. Lo abbiamo chiamato Edoardo. Pensi, è nato due giorni prima del governo della legislatura.

Non ci credo.

Avevamo scommesso con Luigi: “Nascerà prima lui o il governo”? Ho vinto io.

Come funziona la vita da leader in quarantena?

Un disastro. Ti chiudi in una stanza della casa la mattina, inizi a fare telefonate, e poi ne esci solo la sera.

Quindi si sente molto vicino alla famiglia italiana media?

Assolutamente sì. È anche per questo è più che mai necessario dare un segnale.

Lei oggi ha lanciato su Facebook la proposta di una taglio volontario dello stipendio per tutti i parlamentari.

Sì, assolutamente. Mi sembra necessario, utile e vitale. Ma non possiamo nemmeno fermarci a questo: abbiamo in mente un piano di emergenza per far ripartire l’economia.

Come?

Con il reddito universale, con presto d’onore garantiti senza condizioni: 10mila mila euro per le persone fisiche e le partite iva. Fino a 250 mila euro per le imprese.

Senza condizioni e vaglio.

Senza nessun vincolo, a erogazione istantanea.

Ma è sicuro anche di questo?

Assolutamente sì. È quasi più importante quando – subito – che quanto.

Costa intende dire?

Che il fattore tempo è decisivo: o questi soldi arriveranno subito, o arriveranno troppo tardi in ogni caso.

E come pensate di fare?

Se ha tempo le spiego tutto.

Vito Crimi, capo politico del M5s, racconta di aver studiato per giorni. E di avere – adesso le idee molto chiare sulla portata dell’emergenza, sulla scala delle priorità è anche sui mezzi: “L’ho chiamato Elicopter money, ed in fondo è questo. Non vado matto per l’inglese, la cosa fondamentale è che il denaro arrivi presto. Con il Pd c’è la sintonia maggiore da quando è nato il governo, anche e proprio su questi temi”.

Onorevole Vito Crimi, lei ha messo sul tavolo molte proposte, partiamo da quella del taglio, perché è l’architrave del vostro pachetto.

Stiamo chiedendo un sacrificio ai cittadini. Ma se non lo facciamo noi, questo stesso sacrificio, come possiamo chiederlo agli altri?

È una vostra proposta antica, quella dei redditi.

È vero. Ma in questa fase non vogliamo approfittare del Coronavirus per chiedere al Parlamento una proposta divisiva.

E allora a cosa pensa?

Anche molti altri gruppi hanno dato segnali in tal senso, a cominciare dal’opposizione. Bene, allora facciamolo tutti, in forma temporanea.

E cosa intende per temporaneo?

Ho idea che si dovrebbe fare fino a fine legislatura.

Tutti i parlamentari?

Non solo loro, a dire il vero.

E chi altro?

Io lo immagino come un grande segnale anche per le elitès. Se vuole metterla sul piano economico, penso che chiunque abbia uno stipendio importante, oggi, dirigenti dello Stato e manager in prima fila, potrebbe aderire.

In forma volontaria, intende?

Perché no? Penso che queste risorse debbano andare a finanziare il reddito di emergenza che stiamo preparando in queste ore.

Non basterebbe, ovviamente.

Non certo a coprire tutta la spesa. Ma sarebbe molto più di una cifra simbolica.

Mi dia una misura indicativa.

Se fossero cinque milioni di euro al mese – per dire – grazie a questo taglio 5mila persone al mese usufruiranno di un reddito. Non mi pare poco.

E qui siamo già entrati nel cuore della vostra proposta. Come immaginate questa nuova misura? Con quali beneficiari?

Il Reddito di emergenza io me lo immagino come una misura di tipo universale: cioè rivolto a tutti coloro che nell’ultimo mese non hanno percepito un reddito e che non sono coperti da altre misure.

Stiamo parlando di una platea sterminata, non trova?

Guardi, se io ne parlo ora è perché negli ultimi giorni abbiamo fatto calcoli e simulazioni. Il sottosegretario Villarosa ha dato forma e struttura a questa proposta, abbiamo ponderato le cifre: non stiamo parlando di costi insostenibili.

Ma non c’è già la cassa integrazione straordinaria del Cura Italia?

Quella è stata un’ottima prima risposta, ma non arriva ancora a tutti.

Mi dice a chi pensa?

A diverse categorie. In primo luogo tutti coloro che lavorano nel mondo del turismo che hanno una ciclicità stagionale, e che quando è esplosa la crisi non avevano contratti attivi. Sono i primi che dobbiamo proteggere.

Lei mette l’accento anche sulla rapidità di questo intervento.

L’Inps ha battuto molti record in questi giorni, per emanare le circolari necessarie ad attivare le misure del Cura Italia. Ma fuori dei suoi canali dobbiamo immaginarci degli strumenti che consentano, a presentazione della domanda, una erogazione immediata.

Sembra facile: ma solo esaminare una mole di richieste cosi ampia.

Impossibile. Le dico subito che dobbiamo immaginare requisiti semplicissimi, senza vaglio.

Nemmeno quelli del reddito di cittadinanza?

No, non si può: niente Isee, niente parametri di filtro…

Ma cosa immagina?

Una sola condizione. Hai avuto un reddito a marzo? Se la risposta è sì non hai diritto all misura. Se la risposta è no, ne ha diritto. Se hai una soglia di reddito molto alta – immaginiamo di fissarla a 50mila euro, ma è da definire – perdi il reddito.

Ma così è una bomba atomica, e la platea degli aventi diritto sale vertiginosamente.

C’è solo una condizione di recesso. Se con un controllo a posteriori risulta che non avevi diritto per una delle condizioni perdi il reddito.

Ma perché non controllare prima?

Glielo ho già detto. Perché altrimenti impiegheremmo troppo tempo.

Quindi comprende anche chi guadagnava zero?

Per esempio, se guadagnavi 50mila euro al mese e ne hai guadagnati zero sei sopra la soglia. Tutti gli altri devono riceverlo.

Non le sembrano parametri molto larghi? Vi daranno degli statalisti e degli assistenziali.

Sono molti anni che ci definiscono statalisti e  assistenziali. Ma le faccio questa domanda: riesce ad immaginare qualcuno meno statalista di Trump o di Johnson?

No.

Tuttavia in questo momento due forze così liberiste e antistataliste imboccano questa strada con condizioni addirittura meno vincolanti di quelle di cui le sto parlando.

Ma a che soglia di reddito sta pensando?

A mio parere chiunque dovrebbe avere almeno i 750 euro che abbiamo immaginato come soglia del suo reddito.

Costi enormi.

Stiamo cercando di mettere in sicurezza una intera economia. In questo momento la metafora che immagino è un motore a bassissimo regime.

Si intende anche di meccanica ora?

Abbastanza per sapere che se non metti l’olio mentre sei sotto sforzo il motore si ingrippa. E poi lo butti via. Noi non possiamo bucare il motore dell’economia italiana in questa crisi.

Su questa idea c’è un conflitto con gli alleati del Pd?

Assolutamente no. Non c’è nessuna differenza tra noi e loro, no: condividiamo questa analisi.

Con il Pd?

Tante cose di cui parlo le hanno già dette i ministri Provenzano e Boccia. Mai abbiamo avuto volontà così comuni.

È sicuro che ne sia convinto anche Gualtieri?

Gualtieri condivide la linea e la nostra preoccupazione: ha solo il problema di chi deve far quadrare i conti, ma non è affatto contrario, glielo assicuro. Lo rispetto perché so quali difficoltà dovrà affrontare.

Quindi, per ricapitolare, soldi a tutti tranne i più ricchi.

Questa, immagino, è una versione prudente di quello che viene chiamato il cosiddetto elicopter money. E non basta nemmeno.

C’è pure altro?

Serve anche un’altra misura essenziale: un altro tipo di erogazione. Non un sussidio, ma un fondo che possa diventare un prestito condiviso.

Cosa intende?

Per molti cittadini oggi il problema non è il guadagno, che non è venuto meno, ma la liquidità che rischia di far fallire le imprese. Questa misura la immagino come una sorta di super garanzia bancaria.

E cosa ha di diverso da quelle tradizionali?

Che viene concessa a tutti, in Banca e senza nessun interesse.

Come?

Con una garanzia offerta dallo Stato.

Per lo stesso ragionamento di prima?

Se questo prestito lo concediamo con il vaglio dei criteri per gli aventi diritto non ne usciamo più.

Lo immagina per le aziende o per i privati?

Per entrambi. Con soglie diverse. Senza nessuna valutazione, per chi ha perso un reddito e per le aziende che hanno perso un fatturato. Ma con un tetto.

Di quanto parliamo?

Di una cifra solo relativamente bassa: l’equivalente di tre mesi di fatturato o di reddito.

E quindi?

Fino a 10mila euro di finanziamento ai privati e fino a 250mila per le imprese.

Ci sarà il rischio di qualche insolvenza.

È un rischio molto minore di arrivare troppo tardi. Ma sarà meno di quello che lei crede. La rigorosa Svizzera, non un paese di economia comunista, segue questa strada.

Anche su questo c’è un accordo?

Ne stiamo parlando in queste ore. Le soglie in questo caso non sono ancora definite, ma lo strumento – anche se pochi incredibilmente lo sanno – non solo è condiviso, ma esiste già.

Parla del decreto Cura Italia?

Sì. Avevamo già previsto, e anche già coperto con un finanziamento, una misura simile con una cifra limitata a 3mila e con un vincolo legato a determinate categorie.

E quindi?

Si tratta solo di sollevare il massimale ed estendere la platea.

Lei mi sta dicendo queste cose come libero pensatore o come leader del primo partito di questo Parlamento?

(Sorriso). Sono il capo politico del M5s, come lei sa, e non sono certo impazzito. Queste proposte sono frutto di un lavoro di squadra. È ciò che presentiamo al paese.

Come si chiamerà la misura?

È stato chiamato, in quel decreto, “Reddito di ultima istanza”, perché interveniva per chi non usufruiva delle altre misure.

Non suona bene.

Personalmente lo trovo un po’ tetro. Era un nome trovato un po’ di corsa, ne servirà un altro, di certo più solare: ma il congegno è questo.

Lei pensa anche a chi lavorava in nero?

Penso a chi non lo aveva redditi. Io dico così, perché nulla deve suonare come un incentivo al lavoro nero.

Teme il contrario?

Mai come in questa occasione la gente ha capito che non conviene lavorare in nero. Se sei un fantasma non accedi alle misure. Anche in questo il Covid cambierà il nostro modo di pensare.

Come immagina di declinare il reddito e prestito?

Per tutti coloro che erano precari, occasionali, saltuari. Lavoratori, diciamo così, irregolari. Sono tantissimi, nelle casistiche più svariate, e sono quelli che hanno bisogno di più protezione, perché hanno per definizione meno riserve di risparmio.

Non teme che si creino meccanismi passivi?

Per nulla. Nessuno deve pensare di salvarsi da solo. Se intorno ci sono macerie non si va da nessuna parte.

Parliamo dei costi.

Due calcoli fatti a spanna ci fanno pensare ad una copertura di 3-4 miliardi. Parliamo di 2-3 milioni di famiglie.

Tre miliardi ogni quanto?

Il costo è al mese per quattro mesi. Sarà meno di quello che stanno spedendo tanti paesi.

E poi ci sono i prestiti per le imprese.

Anche qui dobbiamo lavorare sulle piccole e le medie imprese. Un tessuto prezioso di questo paese, un ecosistema economico che va tutelato. Ma il prestito ha un costo diverso dal reddito.

250mila euro non è una soglia alta, pensando a quanto costerà?

Abbiamo immaginato un massimale. Ma qui il totale del finanziamento è inferiore al costo, perché come è noto c’è un meccanismo di leva legato al credito bancario.

E pensate che possa funzionare anche nella restituzione?

Essendo un credito senza interessi l’impresa non si indebita ulteriormente. Funziona come un grande anticipo di cassa ai capillari del sistema paese.

Sembra che in parte vi siate ispirati all’articolo di Mario Draghi.

Draghi è una grande risorsa, in termini di idee, per questo paese.

Detto così sembra un modo un po’ democristiano per dire che non le offrirebbe nessun incarico.

Non credo che lo vorrebbe neanche lui. Questo monopoli per cui si offrono poltrone è materia per i retroscena fantasiosi che leggo volentieri, ma che non si realizzano mai.

Lo immagina come possibile presidente della Repubblica, come dicono molti?

La corsa per il Quirinale è l’ultimo dei miei pensieri, mi creda. Abbiamo una crisi in atto, il codice del politichese in queste condizioni mi irrita.

Chiudiamo sulla Sanità. Lei ha iniziato, pochi lo sanno sfidando Formigoni su questi temi.

Mi sono avvicinato al M5s a Brescia, dove vivevo, dopo il primo Vday, Nel 2007.

E lei corse come candidato Presidente della regione Lombardia nel 2010.

Arrivammo al 3 per cento: ero un perfetto sconosciuto e presi più di Agnoletto. Non sfidavo solo a Formigoni ma anche Penati.

Perché me lo ricorda?

Perché sono finiti entrambi sotto inchiesta. E Formigoni è stato condannato per finanziamenti alla sanità privata.

Sta dicendo che questa è stata una causa dell’emergenza.

Da lombardo devo dire che la sanità in Lombardia è stata massacrata. Formigoni è stato condannato per il sistema che noi denunciavamo: non ora, ma nel 2010!

Fontana parla con orgoglio di questo sistema.

È un modello squilibrato, e dopo la crisi dovremo capire che effetti questo problema ha avuto. Nel sistema del privato lombardo – ne sono consapevole – puoi fare bene e velocemente gli interventi e qualsiasi tipo di analisi. E paghi quasi come nel pubblico: questo è un segnale.

Di cosa?

Di un disequilibrio che ora stiamo pagando.

Perché?

Con il modello delle convenzioni tutti i settori dicesi così “a perdere”, urgenze e terapie intensive sono stati lasciati al pubblico. E sono stati sostanzialmente disarmati di fronte all’emergenza Covid.

Le pioveranno molte polemiche sulla testa.

Pazienza, è la verità, ed è innegabile. Queste sanità era una rete molto forte nei settori di convenzione, ma molto debole – come abbiamo visto – nei settori che hanno dovuto reggere l’urto del Covid.

E poi cosa è successo?

Esaltando le grandi eccellenze è stata smantellata ogni capillarità della rete di assistenza.

È la stessa tesi del sindaco di Bergamo Gori.

Non a caso la trincea sono diventati gli ospedali, senza avere una adeguata medicina del territorio.

Facciamo un test: ha fatto bene o no Boccia a dire che senza lo Stato centrale Lombardia e Veneto non ce l’avrebbero fatta?

Ha fatto benissimo.

Sono stupito che sia così netto. La a Lega si infurierà.

In Lombardia hanno solo messo in piedi l’infrastruttura ospedaliera: ma il personale medico lo ha messo lo Stato. I ventilatori li sta acquistando lo Stato. I primi 330 sono andati tutti al Nord, come era giusto, perché abbiamo dato priorità assoluta rispetto alle altre regioni.

E l’idea che Lombardia e Veneto siano riusciti da soli nell’impresa, dunque, come la giudica?

(Pausa. Sospiro). Mi sembra davvero solo propaganda.

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