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Usa, l’inchiesta sui rapporti tra Italia e Russia che imbarazza la Lega: coinvolto uno dei fondatori e amico di Bossi

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Due italiani, due russi e un americano sono accusati di cospirazione e violazione di sanzioni: tra loro anche Bruno Caparini, imprenditore, amico di lungo corso di Umberto Bossi e tra i fondatori della Lega

Rapporti Italia-Russia, inchiesta Usa crea imbarazzo nella Lega

Una nuova inchiesta, aperta negli Usa, cerca di far luce sui rapporti tra Italia e Russia e rischia di mettere in imbarazzo anche la Lega. Il motivo? Tra le cinque persone indagate (due russi, due italiani e un americano) nell’inchiesta del dipartimento di Giustizia degli Usa c’è anche l’imprenditore Bruno Caparini, 80 anni, amico di lungo corso di Umberto Bossi e tra i fondatori del partito.

L’accusa nei confronti dei cinque è di violazione delle sanzioni industriali alla Russia (imposte dagli Usa in seguito all’annessione unilaterale della Crimea e alla politica di forza nei confronti dell’Ucraina) e cospirazione. Il cittadino americano, inoltre, è accusato di frode telematica e riciclaggio. Tutti e cinque rischiano un massimo di 25 anni di carcere e una multa di 1,25 milioni di dollari a testa.

Secondo il dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti, una grande società di gas con ottimi rapporti con il Cremlino – secondo alcuni quotidiani locali si tratterebbe di una controllata di Gazprom, che si trova attualmente sotto sanzioni Usa – avrebbe chiesto la consulenza di due russi (Vladislavovich Nikitin e Anton Cheremukhin) appartenenti a un’altra società. L’obiettivo era l’acquisto di una turbina Vectra 40g, da destinare a una piattaforma di estrazione di gas nell’Artico.

Dal momento che, in seguito alle sanzioni commerciali nei confronti della Russia, il dipartimento del Commercio degli Usa ha “espressamente vietato qualsiasi spedizione o trasferimento senza licenza della turbina Vectra a società russe”, i due imprenditori hanno ordito una sorta di raggiro.

Così, sempre secondo le accuse, i due russi avrebbero richiesto la consulenza di due italiani – il già menzionato Bruno Caparini e Gabriele Villone, della GVA Internazional oil and gas services (distaccamento saudita – a Dubai – dell’azienda bresciana Mesit, di cui Caparini è direttore commerciale). E i due italiani hanno incaricato un americano, Dali Bagrou, di acquistare la turbina tramite la propria azienda, la World mining and oil supply.

Valore dell’operazione: 17,3 milioni di euro. Nei giorni scorsi, la turbina in questione è stata sequestrata nel Kazakistan. Nikitin, Villone e Savannah sono stati arrestati e sono in attesa di processo, mentre Cheremukhin e Caparini sono a piede libero.

Il quotidiano La Stampa, che ha riportato per primo la notizia, ha provato senza successo a contattare Caparini, che non ha voluto commentare la vicenda. Ha parlato invece il figlio, Davide, ex parlamentare leghista e attuale assessore al Bilancio della regione Lombardia, spiegando di non essere al corrente di questa indagine. Al Fatto Quotidiano, invece, Caparini ha risposto, dicendosi totalmente estraneo alla vicenda: “Io sono in pensione. Quello non sono io. Le accuse che mi state comunicando sono per me una novità assoluta”, ha dichiarato.

Che si tratti dunque di un omonimo? Al momento non è possibile stabilirlo, visto che il dipartimento di Giustizia degli Usa non ha comunicato la data di nascita degli indagati. Intanto, l’atto di accusa dell’inchiesta nei confronti di Caparini e degli altri quattro indagati sottolinea come abbiano “cospirato per nascondere il vero utente finale di Vectra al produttore e al governo statunitense, presentando falsa documentazione”.

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