Ungheria, 15 Paesi Ue ricorrono contro la legge anti Lgbtq+: l’Italia no
Sono quindici i paesi dell’Unione Europea che hanno deciso di partecipare al ricorso della Commissione Ue contro la legge ungherese anti Lgbtq+. Una causa legale contro la legge sulla protezione dell’infanzia, considerata come un attacco alla comunità gay. Tra i vari Paesi anche la Germania e la Francia, ma nella lista non c’è l’Italia.
Nel dettaglio, si tratta di Belgio, Lussemburgo, Paesi Bassi, Portogallo, Austria, Irlanda, Danimarca, Malta, Spagna, Svezia, Finlandia, Slovenia, Francia, Germania e Grecia, che insieme al Parlamento europeo agiranno come parti terze nella causa intentata lo scorso anno dalla Commissione europea. “Rimaniamo fermi nel nostro impegno per una società inclusiva e per l’uguaglianza per tutti”, ha dichiarato il ministero degli Affari Esteri del Belgio, che aveva guidato l’azione legale contro la normativa. La legge ungherese, approvata nel giugno del 2021, contiene una disposizione che vieta o limita fortemente le rappresentazioni dell’omosessualità e del cambiamento di genere nei contenuti dei media e nel materiale educativo rivolto a un pubblico di età inferiore ai 18 anni.
Fonti dell’Eliseo hanno confermato a Tetu, storica rivista francese a tematica Lgbt, che “la Francia, in coordinamento con la Germania, ha deciso di sostenere la Commissione Europea nel suo ricorso contro la legge anti Lgbt in vigore in Ungheria dal giugno 2021”. Secondo Hatter society, un’associazione magiara contro l’omofobia, la legge ungherese ha avuto un’impatto sull’aumento della volenza anti Lgbt, con una diffusione dell’autocensura su questi temi in tutti i settori della società. Il mese successivo, la Commissione Europea ha lanciato una procedura d’infrazione sulla base del divieto di discriminazione contenuto nei trattati europei. Dopo una fase di negoziato con Budapest, che non ha risolto la questione, la Commissione ha scelto la strada del ricorso davanti alla giustizia europea.
“Questo disegno di legge ungherese è una vergogna”, aveva dichiarato senza mezzi termini la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen nel 2021. “Questa legge – aveva aggiunto – discrimina chiaramente le persone sulla base del loro orientamento sessuale e va contro tutti i valori fondamentali dell’Unione Europea: la dignità umana, l’uguaglianza e i diritti fondamentali dell’uomo. Quindi non scenderemo a compromessi su questi principi”.
“Per noi la questione della protezione dei bambini non conosce compromessi, proteggeremo i nostri figli, indipendentemente dal numero di Paesi che decideranno di unirsi alla causa in corso contro di noi”, ha dichiarato questa settimana Péter Szijjártó, ministro degli Affari esteri ungherese.