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Home » Politica

Cosa pensa il ministro dell’Economia Giovanni Tria di euro, reddito di cittadinanza e flat tax

Immagine di copertina
Il ministro dell'Economia Giovanni Tria

Tria sarà chiamato al difficile compito di dirigere la politica economica del nuovo esecutivo. Ecco quali sono le sue idee sulle principali proposte di Lega e M5s e sulla moneta unica

Dopo il lungo braccio di ferro su Paolo Savona, alla fine la casella di ministro dell’Economia del governo tra Lega e Movimento Cinque Stelle verrà occupata da Giovanni Tria.

Tria, 69 anni, è professore ordinario di Politica economica dell’università romana Tor Vergata.

Ha lavorato come esperto di economia per diverse istituzioni italiane, ministeri, enti governativi e organizzazioni internazionali come la World Bank, dove ha ricoperto il ruolo di consulente per lo sviluppo in Etiopia ed Eritrea.

È stato membro dei comitati scientifici di vari think tank italiani.

Il suo compito, all’interno dell’esecutivo gialloverde, si preannuncia particolarmente complesso. Il contratto di governo stipulato da Lega e M5s prevede infatti moltissime spese che potrebbero mettere a rischio i conti pubblici, di cui Tria sarà ora garante.

Ecco perché è interessante capire quali sono le posizioni del professore sui dossier più caldi che dovrà affrontare da ministro.

Cosa pensa Giovanni Tria dell’euro

Per quanto riguarda l’Unione europea, Tria si considera europeista, anche se ha più volte criticato il modo in cui si è sviluppata l’integrazione europea.

“Non ha ragione chi invoca l’uscita dall’euro senza se e senza ma come panacea di tutti i mali, ma non ha ragione neanche il presidente della Banca centrale europea, Mario Draghi, quando dice che ‘l’euro è irreversibile’, se non chiarisce quali sono le condizioni e i tempi per le necessarie riforme per la sua sopravvivenza. Anche perché il maggior pericolo è l’implosione, non l’exit”.

Queste le parole di Giuseppe Tria in un articolo pubblicato sul Sole 24 Ore il 9 marzo 2017, e firmato anche dall’ex ministro di Forza Italia, Renato Brunetta.

In un articolo pubblicato su Formiche.net lo scorso 14 maggio, Tria ha dato ragione alle posizioni di Paolo Savona, scrivendo: “Il governo italiano dovrebbe reagire (a chi sostiene l’ineluttabilità dell’uscita dell’Italia dall’euro)”, sostenendo che “è la Germania che dovrebbe uscire dall’euro perché il suo surplus della bilancia commerciale non è compatibile con il regime di cambi fissi che vige nell’eurozona, o perlomeno accettare un passaggio ad un regime di cambi fissi aggiustabili”.

Cosa pensa Giovanni Tria del reddito di cittadinanza

Sempre su Formiche.net, il professor Tria si è espresso anche sul reddito di cittadinanza, il provvedimento bandiera del Movimento Cinque Stelle e perno della campagna elettorale dei grillini.

“Non sappiamo ancora cosa sarà questo reddito di cittadinanza – ha detto Tria – e quindi, le risorse richieste e l’ampiezza del pubblico dei beneficiari. Esso sembra oscillare tra una indennità di disoccupazione un poco rafforzata (e tale da avvicinarla a sistemi già presenti in altri paesi europei, come ad esempio in Francia, certamente più generosa dell’Italia con chi perde il lavoro) e magari estesa a chi è in cerca di primo impiego, e un provvedimento, improbabile, tale da configurare una società in cui una parte della popolazione produce e l’altra consuma”.

Tria ha comunque specificato che, a suo parere, reddito di cittadinanza e flat tax “non rispondono a due visioni diverse dl modo in cui si dovrebbe uscire dalla crisi di bassa crescita dell’Italia”, ritenendole dunque due misure compatibili e “culturalmente” affini.

Cosa pensa Giovanni Tria della flat tax

Tria non è ostile alla flat tax, di cui anzi si può definire per certi versi un sostenitore, seppur con alcuni distinguo. Per l’economista è necessaria un’introduzione graduale di questa tassa.

Pur sostenendo che la flat tax “coincide con l’obiettivo di riduzione della pressione fiscale come condizione di una politica di crescita”, per Tria è comunque auspicabile “contare meno sulle scommesse e far partire la riforma con un livello di aliquota, o di aliquote, che consenta in via transitoria di minimizzare la perdita di gettito, per poi ridurle una volta assicurati gli effetti della crescita”.

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