Totoministri, le grane di Meloni: Fi insiste per Ronzulli, la Lega vuole Calderoli presidente del Senato
A un giorno dall’insediamento del nuovo Parlamento, con la prima seduta prevista domani, la maggioranza di centrodestra deve ancora trovare la quadra sulla spartizione dei ministeri tra i vari partiti che la compongono: il nodo resta quello legato al nome di Licia Ronzulli, spinta avanti da Berlusconi alla Sanità ma rifiutata dalla futura premier Giorgia Meloni, che non la vedrebbe di buon occhio in quel ruolo, al punto che potrebbe accasarsi al Turismo. Da Forza Italia chiedono anche la Giustizia (dove i nomi papabili sarebbero Elisabetta Casellati e Francesco Paolo Sisto, anche se Meloni vorrebbe metterci Carlo Nordio) e lo Sviluppo economico, Antonio Tajani sembra destinato agli Esteri, mentre con la Lega Fratelli d’Italia litiga sulla seconda carica dello Stato: a presiedere il Senato Salvini vorrebbe Roberto Calderoli, ma Meloni spinge per Ignazio La Russa.
Dal Carroccio la richiesta anche di avere l’Interno (Salvini continua a reclamarlo per sé oppure per il suo ex capo di gabinetto Matteo Piantedosi), le Infrastrutture, l’Agricoltura e le Riforme. Molte tessere devono ancora trovare il loro posto e non è escluso che la leader di FdI faccia alcune concessioni in modo da poter piazzare le sue pedine nei posti strategici che preferisce: ad esempio, Giancarlo Giorgetti potrebbe accasarsi all’Economia, in uno “scambio” che consentirebbe a La Russa di sedere sullo scranno più alto di Palazzo Madama. “Sarebbe motivo di grande soddisfazione e orgoglio occuparsi con un ruolo rilevante anche di Economia e Finanze”, hanno fatto sapere fonti di via Bellerio, che sperano di piazzare invece il capogruppo alla Camera Riccardo Molinari alla presidenza di Montecitorio.
A via XX Settembre Meloni avrebbe però voluto un tecnico: prima Fabio Panetta, esponente del board della Banca Centrale Europea, poi Dario Scannapieco, ad di Cassa Depositi e Prestiti, hanno rifiutato l’incarico. Dietro l’ottimismo di facciata ci sarebbe una leader ormai rassegnata ad avere una quota di tecnici a Palazzo Chigi più bassa di quella che aveva preventivato.