Da Cartabia a Panetta: i nuovi nomi del totoministri del governo Draghi (e le possibili riconferme)
Totoministri: il governo Draghi tra nuovi nomi e riconferme
TOTOMINISTRI GOVERNO DRAGHI – Non sarà una squadra “alla Monti”, costituita esclusivamente o prevalentemente da tecnici, ma un esecutivo sulla scia dell’esperienza Ciampi: un mix di politici e tecnici per raggiungere un punto di equilibrio. È questo ciò che trapela dai primi incontri istituzionali svolti ieri da Mario Draghi, che ha accettato con riserva l’incarico di formare un governo istituzionale “di alto profilo”, conferitogli dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Al contrario di Ciampi, che non fece consultazioni, Mario Draghi avvierà oggi i suoi incontri con le varie forze politiche (qui le ultime notizie sulla crisi di governo). Poi tirerà le somme insieme al capo dello Stato che, come stabilisce la Costituzione, nomina i ministri. Per conoscere i nomi dei possibili componenti della squadra è ancora presto, ma ci sono già alcune ipotesi. Ecco il “totoministri” del governo Draghi:
Il totoministri del governo Draghi
Un ruolo di spicco in materia economica nel governo Draghi potrebbe essere ricoperto da Fabio Panetta, membro del board della Bce che gode di grandissima stima da parte del premier incaricato. Secondo il Corriere della Sera, Panetta potrebbe essere chiamato a dirigere un ministero economico oppure “ad avere un ruolo chiave nella gestione del Recovery plan”. Altro nome in lizza per un ministero economico è quello di Carlo Cottarelli. Ma all’Economia potrebbe anche restare, all’insegna della continuità, Roberto Gualtieri, ministro in quota Pd, che Draghi conosce e stima.
Altra riconferma dall’esecutivo uscente potrebbe essere quella di Luciana Lamorgese, figura “tecnica” alla guida del Viminale nel governo Conte-bis. L’ex presidente della Corte costituzionale Marta Cartabia, che alcuni scenari davano in pole position anche come possibile premier (prima dell’incarico del capo dello Stato a Draghi), potrebbe andare alla Giustizia, per mettere in atto una riforma radicale in materia. In alternativa, il posto di Guardasigilli potrebbe essere ricoperto da Paola Severino, già ministro della Giustizia nel governo Monti, o da Raffaele Cantone, ex presidente dell’Anac.
La composizione politica dell’esecutivo dipenderà ovviamente da quali partiti sceglieranno di sostenere Draghi. Tra i papabili ministri in quota Pd ci sono Dario Franceschini e Lorenzo Guerini. Per Italia Viva, invece, uno dei nomi più gettonati è quello di Ettore Rosato.
Nel caso in cui la Lega scegliesse di discostarsi dalla linea di Fratelli d’Italia e di sostenere il governo Draghi, un posto di spicco potrebbe spettare a Giancarlo Giorgetti, esponente vicino a Matteo Salvini ma grande sostenitore dell’ex presidente della Bce.
Se il nuovo governo sarà appoggiato anche dal Movimento Cinque Stelle (che in un primo momento sembrava essersi tirato fuori) potrebbe restare nella squadra anche Luigi Di Maio. Agli Esteri potrebbe però andare Elisabetta Belloni, attualmente a capo della diplomazia della Farnesina.
Per mantenere una criticità nei ministeri chiave per la gestione della pandemia, potrebbero andare verso la riconferma sia Roberto Speranza sia Francesco Boccia, rispettivamente al ministero della Salute e degli Affari Regionali. Al lavoro si fa il nome di Enrico Giovannini, che ha già ricoperto questo incarico tra il 2013 e il 2014, sotto il governo guidato da Enrico Letta, ma anche quello dell’ex presidente dell’Inps Tito Boeri.
Il manager Vittorio Colao potrebbe andare alle Infrastrutture e ai Trasporti, oppure ai Rapporti con l’Ue. L’elenco si allunga con Come sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, invece, Draghi potrebbe scegliere un suo ex collaboratore alla Bce, Eugenio Sgriccia.
All’Istruzione potrebbe andare Patrizio Bianchi, docente dell’Università di Ferrara ed ex capo della task force del ministero. La Pubblica Amministrazione, infine, potrebbe essere assegnata a Roberto Cingolani, direttore scientifico dell’Istituto Italiano di Tecnologia di Genova.
Resta l’incognita sui numeri
Per arrivare alla formazione del suo governo, Draghi dovrà avere la maggioranza dei voti in parlamento. “Con rispetto mi rivolgerò al Parlamento – ha detto ieri Draghi al Quirinale – Sono fiducioso che dal confronto con i partiti e le parti sociali emerga l’unità“.
Ma che l’ex presidente della Bce abbia i numeri appare tutt’altro che scontato. Ad appoggiarlo, per il momento, sono solo Italia Viva e Forza Italia. Il Movimento 5 Stelle resta leale a Conte; il centrodestra è diviso tra astensione (Fratelli d’Italia) e indecisione (Lega); mentre il Pd non si sbilancia in modo unitario.
“Attenzione, Draghi ora può spaccare il centrodestra“, ha avvertito il cofondatore di Fratelli d’Italia e ideologo di Giorgia Meloni, Guido Crosetto, nell’intervista del direttore di TPI Giulio Gambino. “Da parte della Lega nessun veto a Draghi. Ascolteremo e valuteremo”, ha detto invece il capogruppo Lega al Senato Massimiliano Romeo in un’intervista a TPI.
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