Perché il taglio dei parlamentari subito (senza una nuova elegge elettorale) può diventare un problema
In assenza di una riforma del voto ci sono effetti sul modello di democrazia
Taglio parlamentari, problema senza nuova legge elettorale
Il taglio del numero dei parlamentari è uno dei temi finiti al centro della trattativa tra M5S e Pd per la nascita di una nuova maggioranza di governo ed è una delle questioni che potrebbe pesare in maniera determinate sull’esito dei colloqui. Luigi Di Maio, al termine dell’incontro della delegazione M5S con il presidente della Repubblica al Quirinale, nell’ambito del primo giro di consultazioni, ha posto la riduzione dei membri di Camera e Senato in cima a una lista di dieci punti chiave per un’intesa con altre forze politiche. Il Pd, dopo un primo faccia a faccia con esponenti pentastellati ha risposto manifestando la sua disponibilità ad approvare la riforma, ma con regole diverse da quelle che vorrebbe il Movimento.
Il taglio dei parlamentari nella trattativa M5S-Pd
“Noi siamo sempre stati e rimaniamo a favore del taglio dei parlamentari. Siamo disponibili a votare la legge ma riteniamo che vada accompagnato da garanzia costituzionali e da regole sul funzionamento parlamentare. È questo il senso del calendario che siamo disponibili a costruire insieme e in tempi rapidi”, hanno dichiarato in una nota gli esponenti Pd che hanno partecipato all’incontro con il M5S, il vicesegretario Andrea Orlando e i capigruppo Andrea Marcucci e Graziano Delrio.
In effetti il taglio del numero dei parlamentari è largamente condiviso dalle forze politiche. M5S e Lega erano vicini alla votazione definitiva. Ci sono pareri favorevoli da destra e sinistra. Ma non sono esclusi effetti negativi sul modello di democrazia. Come spiega oggi il Sole 24 Ore, la riduzione di oltre un terzo del numero di deputati e senatori (i deputati da 615 a 400, e i senatori da 315 a 200) potrebbe ad un’esigua rappresentanza dei partiti minori e delle minoranze linguistiche.
La legge attualmente in vigore, il cosiddetto “Rosatellum”, approvato definitivamente nel 2017 e in vigore quindi già alle Politiche del 2018, prevede l’elezione dei parlamentari con un sistema misto, proporzionale e maggioritario. Precisamente vengono assegnati con metodo maggioritario e collegi uninominali il 36 per cento dei seggi di Camera e Senato (con i candidati che si sfidano in un collegio piuttosto piccolo, in cui viene eletto chi ottiene anche un solo voto in più degli altri). Il restante 64 per cento dei seggi viene invece assegnato con metodo proporzionale in collegi plurinominali (in cui liste conquistano seggi proporzionalmente ai voti ottenuti).
Il taglio dei parlamentari e i rischi
Come evidenzia Il Sole 24 Ore oggi con un’analisi di Carlo Melzi d’Eril, avvocato cassazionista, e Giulio Enea Vigevani, costituzionalista, se si considera che al Senato i seggi sono attribuiti solo su base regionale, il taglio dei parlamentari comporta una minore rappresentanza dei partiti più piccoli, soprattutto nelle regioni meno popolose, alle quali sarebbero garantiti non più sette ma tre senatori (mentre a Molise e Valle d’Aosta sarebbero destinati ancora rispettivamente due e uno seggi).
C’è la necessità, dunque, di evitare effetti distorsivi, come viene evidenziato dagli esperti, e di accompagnare eventualmente la riforma che riduce il numero di deputati e senatori ad una nuova legge elettorale. La conseguenza potrebbe essere il ritorno ad un sistema proporzionale puro, quello in vigore fino alle Politiche del 1992.
Che ci siano ostacoli da superare per evitare distorsioni con una nuova legge elettorale in senso proporzionale lo ha ribadito anche Stefano Ceccanti, deputato Pd, costituzionalista. Il taglio dei parlamentari “si può approvare certamente, anche entro l’anno, ma non può essere fatto fuori da un sistema”, ha detto in un’intervista al Corriere della Sera. Basterebbe partire “dai nostri emendamenti”, ha aggiunto. “Se l’obiettivo è quello di tagliare il numero di senatori e deputati devono cambiare anche i numeri dei regolamenti parlamentari, altrimenti si penalizzano le minoranze. Per esempio sulla composizione dei gruppi”. Se ci si limita “a tagliare il numero dei parlamentari in Costituzione, si creano effetti distorsivi non desiderati con l’attuale legge elettorale”.
Per evitarli serve “modificare la legge elettorale attuale in un sistema proporzionale”. Un percorso che si può fare in poco tempo: “Basta cancellare i collegi uninominali dall’attuale Rosatellum, ridisegnando i collegi plurinominali”. Comunque “il passaggio a un sistema proporzionale puro introdurrebbe un problema di stabilità per i governi, nel senso che sarebbe più difficile costituire le coalizioni. Per questo, sarebbe anche utile “avviare l’iter di una riforma costituzionale bis che introduca la sfiducia costruttiva, magari votata dal Parlamento in seduta comune”.