Abbiamo incontrato il Bruce Willis della politica italiana: Stefano Bonaccini
Lo chiamano il Bruce Willis della politica italiana. Mattia Santori, il leader delle Sardine, dice che sorride troppo poco. Virginio Merola, sindaco di Bologna, lo rimprovera di portare la camicia troppo sbottonata. Ma lui è così: orgogliosamente figlio di un camionista (comunista), cresciuto con la politica vecchio stampo e venuto su moderno. Piace a Matteo Renzi, con cui parla (uno dei pochi). Si cura molto e cura molto la sua barba da hipster, porta gli occhiali a goccia, camice attillate. Ex calciatore promettente, Bonaccini è oggi il presidente uscente della Regione Emilia-Romagna
Ha pochissimo tempo Stefano Bonaccini. Ma alla fine riusciamo a incontrarlo. L’agenda del presidente dell’Emilia-Romagna è fittissima. Bologna, Modena, Piacenza. Poi di nuovo Bologna. Tribune politiche, collegamenti tv con i talk show più seguiti. E soprattutto due confronti con la sua sfidante, Lucia Borgonzoni, candidata per il centrodestra nel voto regionale di domenica 26 gennaio 2020. Duello che la senatrice leghista aveva sempre rifiutato, soprattutto sul piano nazionale, e che infatti è avvenuto di fronte a una tv locale e in un’altra occasione è stato organizzato dal Resto del Carlino.
Lo chiamano il Bruce Willis della politica italiana. Mattia Santori, il leader delle Sardine, dice che sorride troppo poco. Virginio Merola, sindaco di Bologna, lo rimprovera di portare la camicia troppo sbottonata. Ma lui è così: orgogliosamente figlio di un camionista (comunista), cresciuto con la politica vecchio stampo e venuto sù moderno. Piace a Matteo Renzi, con cui parla (uno dei pochi). Si cura molto e cura molto la sua barba da hipster, porta gli occhiali a goccia, camice attillate. Ex calciatore promettente, Bonaccini è oggi il presidente della Regione Emilia-Romagna. Regione storicamente rossa e che con lui – stando a quello che ha da dire Romano Prodi intervistato da TPI subito dopo Bonaccini – è cresciuta e ha fatto bene. Motivo per cui dovrebbe ottenere una facile riconferma elettorale.
Ma così non è. Lucia Borgonzoni, la candidata del centrodestra che è stata oscurata in tutto e per tutto da Matteo Salvini, rischia davvero di vincere il 26 gennaio prossimo. Del resto quella dell’Emilia-Romagna è stata una campagna tesissima, e le cui conseguenze politiche possono far traballare il governo di Roma. Il voto si è presto tramutato in un referendum su Salvini e nella sua sfida a Palazzo Chigi, che il leader leghista vuole sfrattare quanto prima.
Diametralmente opposta è parsa la posizione di Bonaccini, che in Emilia non ha voluto portare i volti più noti e i padri nobili della sinistra italiana. La Corazzata attesa a Bologna nelle province emiliano-romagnole non è mai giunta a destinazione. E neanche le armi e i bagagli per la Battaglia di Stalingrado si sono visti. Forse troppi divisi e presi dalle lotte interne al PD, i leader dem hanno lasciato che Salvini dominasse il campo in tutto e per tutto. E che oscurasse persino la sua stessa candidata per un one-man show che non ha visto limiti al peggio (citofoni e spacciatori inventati inclusi).
E hanno lasciato Bonaccini da solo in una sfida personale che va oltre le sue stesse possibilità. E incentrata quasi unicamente sulla narrativa da lui stesso voluta. In cui il governatore non ha combattuto sullo stesso terreno di battaglia, e ha provato a rispondere con dati e fatti in una sfida percepita quasi interamente sulla pancia della gente.
Ha fatto riflettere che il Bruce Willis della politica italiana abbia anche tentato di distanziarsi il più possibile, nella percezione del popolo, dall’immagine del PD. Ritenuta distante dalla gente e troppo spesso perdente. A tal punto che c’è chi lo ha criticato per non aver esposto in prima linea il simbolo del PD in questa campagna emiliano-romagnola.