Stefania Gasparini a TPI: “Dopo il voto sediamoci al tavolo con il M5S. Il Pd applichi il riformismo partigiano”
“Le persone non hanno capito perché è caduto il governo e questo ha contribuito a far perdere la fiducia in generale nei partiti, nella politica, sul fatto che possa servire a migliorare il presente, aldilà dei risultati elettorali”, così Stefania Gasparini, vicesindaca del comune di Carpi e coordinatrice della segreteria regionale del Pd a Tpi sull’ultima settimana di campagna elettorale che separa il Paese dal voto. Un Paese alle prese con le bollette e il rincaro dei prezzi dell’energia, che secondo Gasparini “è uno dei motivi del forte astensionismo”.
L’ho condivisa e la capisco, non si poteva fare diversamente, ma credo che dopo il voto ci vorrà un momento di riflessione in cui bisognerà capire come fare a ripartire tutti insieme, uniti contro la peggiore destra di sempre. Credo bisognerà fare di tutto per ritrovare un dialogo, le ragioni che ci avevano unito.
Credo che stare in un governo di coalizione ampia come quella dell’esecutivo Draghi abbia sicuramente portato i partiti a chiudersi in se stessi, cercando di ritrovare le proprie radici identitarie, e questo è accaduto in entrambi gli schieramenti. Ma la scelta di far cadere il governo Draghi in un periodo così complesso credo comunque che sia stata sbagliata. Ma siccome la politica si fa con una prospettiva di futuro, bisognerà sedersi a un tavolo e ripartire dai temi che per diverso tempo sembrava potessero unirci, ognuno con le proprie peculiarità.
Dal tema del lavoro al contrasto alle disuguaglianze, dalla tutela dell’ambiente alal giustizia sociale. Credo questi possano essere punti da cui ripartire insieme. La credibilità di una classe dirigente sta nel cambiare strategia in base alle fasi politiche, e in questo caso vuol dire tentare di ricucire dopo il voto. Non capisco perché non si debba provare a ripetere anche a livello nazionale l’ampia composizione di alleanze presentate in diverse amministrazioni locali,
Il periodo di campagna elettorale è, nella politica, una parentesi che evidenzia in maniera netta le proprie identità e culture politiche. Detto questo, non trovo scontato che il M5S tolga voti al Pd, questo si valuterà analizzando il voto del 25 settembre. A me non preoccupano loro ma gli indecisi che saremo riusciti a convincere da qui al 15. In politica bisogna stare molto attenti a dare per assodati i risultati, sia in senso positivo che in negativo, anche perché mai come oggi il consenso è volatile. Credo che il Pd stia facendo una buona campagna elettorale sui temi e su proposte e il risultato si vedrà.
Eviterei certi argomenti in piena campagna elettorale. A prescindere dal risultato che ci sarà credo sarebbe assurdo impiegare i prossimi mesi a discutere di leadership perché sarà un momento complicato per famiglie, imprese e per tutto il paese. Smettiamola di concentrarci sui singoli ma cominciamo a parlare di classe dirigente in modo collettivo senza individualismo che impediscono ragionamenti più approfonditi. Per le persone il mondo non finisce il 25 settembre, anche dopo il voto sarò meglio pensare al Paese, non al congresso.
Ho molta stima per la sua stoffa e il suo coraggio, che ha mostrato anche con la scelta di non candidarsi. Questo ci dice che una persona come lei se avrà voglia potrà fare qualsiasi cosa in cui crede all’interno del Pd. Sicuramente è una risorsa del centrosinistra, che a prescindere del ruolo che ha avuto o che avrà si spenderà sempre per accompagnare la crescita di una classe dirigente nel partito.
Voglio un partito che parli di idee, non di nomi o di correnti. Io vorrei un partito che abbia il coraggio di quello che chiamo riformismo partigiano: un partito riformista. Ma siccome questa parola rischia di essere banalizzata, voglio chiarire che io lo intendo di parte. Dalla parte delle persone più deboli, per uno sviluppo più equo e sano, un riformismo che deve parteggiare per il contrasto alle disuguaglianze e per il lavoro buono. È quello di cui dobbiamo parlare in campagna elettorale e verso cui dobbiamo continuare a tendere a prescindere dai nomi in campo.
Sono stata tra le persone che ha aperto piazza grande, ho sempre sostenuto con forza Nicola e tutt’ora condivido ciò che dice. Quando si è dimesso ho sofferto perché per un partito ripartire dopo le dimissioni di un segretario è sempre dura, vorrei che ci ricordassimo però le sue parole e il motivo per cui si è dimesso: non dimentichiamo di essere un partito e non un insieme di correnti.
Credo stia facendo il massimo per portare avanti una campagna basata sui temi e sulle proposte concrete per le persone. Ha messo in campo una squadra ben assortita. Dove ha potuto ha messo in campo un’idea di rinnovamento delle candidature, ha chiesto a tutti di mettersi in gioco nella partita più complicata degli uninominali, ha fatto il massimo in una campagna elettorale tra le più strane e difficili di quelle conosciute fino ad oggi.
Faccio fatica a prendere lezioni, per come è caratterizzata la mia storia politica, da De Magistris, e non ho paura a dirlo. Credo che la forza del Pd sia invece proprio quella di essere il più plurale e aperto possibile all’interno di un campo che è quello di centrosinistra, dove ogni persona porta la propria storia e le sue caratteristiche. Ma De Magistris non ci può dare patenti e bollini su cosa sia di sinistra.
Credo che le persone purtroppo siano stanche e disilluse, preoccupate del loro futuro. Le fasce più povere della popolazione, e lo dicono tutti i dati, rischiano di essere le più distanti dalla politica, per questo uno degli obiettivi del Pd e di tutto il centrosinistra deve essere quello di ripartire dai movimenti spontanei e cercare di far riavvicinare le giovani generazioni alla politica. Bisogna ridare passione e valore alla politica, e questo lo si fa non puntando un dito contro i più giovani, ma tendendogli la mano, cercando di dire che con la politica si può provare a cambiare il Paese e il futuro perché altrimenti, come diceva qualcuno prima di me, se non ti occupi tu della politica, la politica in qualche modo si occuperà di te.
Credo che un governo di larghe intese come quello Draghi, cioè un mischione con tutti dentro, non debba essere la nostra ambizione, anche se una parte di classe dirigente di questo Paese ambisce a quello. Ma noi dobbiamo ambire ad andare al governo con chi si sente rappresentato in un area di centrosinistra. Con Calenda faccio lo stesso discorso fatto con il M5S: continuo a non capire perché non ci si possa sedere attorno a un tavolo e ritrovare le idee per cui ci diciamo tutti di centrosinistra. Una classe dirigente matura dovrebbe fare questo, all’interno del centrosinistra, non di un governo con dentro pezzi di centrodestra o Lega. Non è auspicabile.
Come non voglio che diano a me la patente di cosa è sinistra e cosa e no, anche io non do patenti. Credo che si possano trovare ragioni di tornare a sedersi attorno a un tavolo. Bisogna che tutti abbiano la maturità e la capacità di farlo, se vogliamo bene al Paese questo sforzo va fatto.
Date le ultime cose che ha detto lei e alcuni esponenti della destra sulle donne e quello che hanno dimostrato negli anni, creo che l’avvento di un governo di destra non sia auspicabile per una donna anche se la propria leader è donna. Bisogna fare le politiche per le donne, non pensare a un modello di Paese e di società come quello applicato in Regioni come le Marche, che cercano di rendere complicato per una donna esercitare un proprio diritto.
Penso al tema dell’aborto e in generale dei diritti civili, a un modello di stato sociale che non è favorevole alle donne, perché non le solleva dal carico di cura. Non dobbiamo comunque nasconderci dietro a un dito: all’interno del Pd si deve avviare una discussione sul tema delle donne in politica. Non basta una donna per dire che le donne siano arrivate, vale a destra come a sinistra. Credo si debba fare una discussione generale sul perché le donne faticano ad approcciarsi alla politica, e questo è un tema non solo in capo a noi donne, ma a tutti, maschi compresi.