Draghi parla di “vaccini bene comune” ma sulla proposta di Biden nicchia
Ieri, per la prima volta, il monopolio di Big pharma sui vaccini ha scricchiolato: l’annuncio del presidente degli Stati Uniti Joe Biden di sospendere i brevetti potrebbe infatti essere una svolta nella gestione della pandemia. Si è aperta così una discussione a livello globale sui farmaci anti Covid e su questo l’Europa – i cui vertici si incontrano proprio in questi giorni al summit di Oporto – è già spaccata. Francia a favore della liberalizzazione, Germania che vi si oppone. E l’Italia? La posizione del premier Draghi è quella del Giano bifronte. Da una parte le belle parole, dall’altra una non-decisione.
Ma cerchiamo di capire meglio decostruendo il pomeriggio di dichiarazioni. Draghi ha atteso di sentire tutte le posizioni espresse dai suoi colleghi europei Macron, Merkel e von der Leyen. Solo a fine giornata ha inviato alla stampa una nota di due righe: “I vaccini sono un bene comune globale. È prioritario aumentare la loro produzione, garantendone la sicurezza, e abbattere gli ostacoli che limitano le campagne vaccinali”.
Non serve un’analisi del testo particolarmente approfondita per notare che non vi è traccia delle parole “brevetti” o “liberalizzazioni”. Né con Big Pharma, né contro di loro quindi. Un colpo al cerchio e uno alla botte. L’ex presidente della Bce anche in questa occasione segue la strategia che aveva già sperimentato per il caso AstraZeneca e per la Superlega di calcio. Ovvero accodarsi. Non sembrare ignavo rilasciando comunque una dichiarazione (anche se per ultimo). Ma questo senza però implicare il governo in conseguenti prese di posizione o azioni imminenti.
Il non-schieramento fa gioco anche nella politica interna, perché Draghi riesce così a fare lo slalom tra maggioranza e opposizione. Non pronunciarsi sui brevetti significa non appoggiare né Pd e M5S, che hanno accolto la svolta di Biden con molto entusiasmo e rilanciando il testo della richiesta all’Ue per una deroga sulle proprietà intellettuali approvata a marzo in Senato, né la Lega che è rimasta in silenzio.
Certo, i concetti che ha portato avanti Draghi sono legittimi, la produzione globale e una redistribuzione dei vaccini sono quanto mai urgenti. Ma il presidente del Consiglio non intende distaccatsi dai colossi del mondo farmaceutico. “Garantire la sicurezza” significa anche avvalersi del protocolli di Pfizer, Moderna e BioNTech che si sono difesi dicendo che “i brevetti non sono il fattore che limita la produzione e l’approvvigionamento dei vaccini”. Che poi è la stessa cosa che ha sottolineato la portavoce dell’esecutivo tedesco: “Il suggerimento degli Stati Uniti di revocare la protezione dei brevetti per i vaccini Covid-19 ha implicazioni significative per la produzione dei vaccini nel suo complesso. La protezione della proprietà intellettuale è una fonte di innovazione e deve rimanere tale nel futuro”.
Futuro. Appunto. Quello delle diseguaglianze sociali esplose con la pandemia è il tema dei temi per il futuro. E la non-scelta di Draghi potrebbe pesare a livello europeo sia per la lotta al Covid, ma addirittura per la visione di una nuova collettività che si sta prospettando. Le frasi di circostanza come “vaccini bene comune” da sole non bastano. L’Italia deve schierarsi.
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