Ma che fine hanno fatto Silvia Romano e Giulio Regeni
Che fine politica hanno fatto, dove sono andati a finire, che cosa ha intenzione di farne un governo che si ripropone tutti i giorni come difensore degli italiani e lascia italiani dispersi. Il commento di Giulio Cavalli
Ma che fine hanno fatto Silvia Romano e Giulio Regeni? No, no, non parliamo solo della fine fisica (quella di Giulio la conosciamo bene ed è ben racchiusa nelle parole della madre che ha raccontato di avergli visto in faccia tutto il male del mondo), ma dico che fine politica hanno fatto, dove sono andati a finire, che cosa ha intenzione di farne un governo che si ripropone tutti i giorni come difensore degli italiani e lascia italiani dispersi e giustizie incomplete con la stessa leggerezza con cui (non) si discute di chiusure domenicali.
Avrebbero dovuto essere il punto centrale della politica del governo gialloverde, lo dicono i fatti, lo dice la pervicacia con cui ogni volta il Presidente della Camera Fico (ma conta davvero qualcosa?) ci fotoannuncia di avere incontrato i genitori di Giulio Regeni e ogni volta che qualche membro del governo promette che nessun italiano all’estero verrà lasciato solo (dico, ma vi ricordate che due marò con ‘sta storia dei marò?).
E invece di Giulio Regeni s’odono solo le giuste lamentele del procuratore capo di Roma Giuseppe Pignatone che ci ricorda come gli aiuti investigativi promessi dall’Egitto siano piuttosto farseschi (uso un eufemismo, veh) mentre solo l’attivismo dell’avvocatessa Ballerini (legale della famiglia Regeni) ci aggiorna sulle pessime novità che non hanno niente a che vedere con la giustizia che Regeni meriterebbe ma piuttosto con la prepotenza del governo egiziano.
Il governo egiziano, appunto: se qualcuno di noi avesse avuto mai il dubbio che l’Italia sarebbe stata disposta a mettere in discussione accordi commerciali pur di restituire giustizia e dignità a Giulio Regeni si metta pure il cuore in pace. I rapporti tra Italia e Al-Sisi vanno a gonfie vele e come spesso succede in questi casi la speranza è che tutto finisca nel dimenticatoio. Anche le lacrime dei famigliari, dopo un po’, non fanno nemmeno più rumore.
E Silvia Romano? La ragazza che avremo dovuto riabbracciare poche ore dopo il suo rapimento? L’apprensione, almeno di facciata, che nelle prime ore da destra a sinistra, si esibiva contrita nei volti dei nostri politici affranti? È vero che Silvia Romano ha la sfortuna di essere di quella parte di buonisti e radical chic che si prende la briga di andare ad aiutarli a casa loro e quindi accende tutto lo spesso giudizio morale di chi da destra dice “è colpa sua, poteva farsi i cazzi suoi” (nonostante, per un gioco di parole, siano gli stessi che poi dicono che bisogna aiutarli a casa loro, quelli, ma vabbè) ma il silenzio che la Farnesina chiede per non disturbare le indagini ha il retrogusto dell’oblio da instillare il prima possibile.
Fonti locali dicono che anche il ritmo delle ricerche nel villaggio di Chakam in Kenya abbiano rallentato non di poco il ritmo e da 96 giorni non si hanno tracce di lei. “Non si tratta con i sequestratori” fanno sapere dal governo ma dopo tre mesi forse sarebbe il caso che il governo riferisca sulla situazione. Se non ha nulla da dire ci dica il nulla, ci abbiamo fatto il callo. Ma il problema non è che Silvia Romano sia sparita solo nelle discussioni di governo (e ci auguriamo che esistano davvero delle trattative) ma Silvia Romano è sparita anche dai media, come quelle sparizioni che si danno ormai per scontate e che ormai non fanno più notizia.
Scriveva Cioran che «Senza la facoltà di dimenticare, il nostro passato graverebbe così pesantemente sul nostro presente che non avremmo la forza di far fronte a un solo istante di più, e ancora meno di entrarvi. La vita sembra tollerabile solo alle nature leggere, a quelle per l’appunto che non ricordano.». Ecco a noi piacerebbe che tutto pesasse intollerabilmente.