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Senato, conti in tasca all’opposizione sui voti a La Russa. Pd e M5S accusano Renzi, Terzo Polo si smarca | VIDEO

Nasce claudicante la XIX legislatura della Repubblica italiana, perché poggia su una maggioranza che si è mostrata spaccata sin dal primo voto, quello sulla presidenza di Palazzo Madama. Il senatore di Fratelli d’Italia Ignazio La Russa è salito sullo scranno più alto del Senato grazie ai ribelli dell’opposizione che hanno sopperito ai voti mancanti di Forza Italia, i cui senatori hanno risposto compatti all’appello di Silvio Berlusconi, astenendosi sul nome voluto da Meloni. Solo il cavaliere e l’ormai ex presidente del Senato Maria Elisabetta Alberti Casellati hanno espresso la propria preferenza, gli altri non hanno risposto alla chiama.

Un intrigo dal sapore dei “101” franchi tiratori del 2013, perché per tutto il giorno è andata avanti la caccia ai 17 parlamentari che hanno votato il neo presidente al di fuori dei quattro partiti di maggioranza. Primo imputato: Matteo Renzi, che è anche il primo a parlare subito dopo la proclamazione di La Russa. “Non siamo stati noi a garantire i voti di scarto, si tratta di un regolamento di conti interno al centrodestra”, assicura il leader di Italia Viva. In giornata ricorderà che “una mossa simile l’avrebbe rivendicata”, come fatto per la caduta del Conte II, e accuserà il M5S e il Pd di aver garantito al senatore meloniano la vittoria. Entrambi i partiti respingeranno le accuse, puntando il dito sullo stesso Renzi.

“La gallina che canta per prima è quella che ha fatto l’uovo”, dichiara il deputato dem Graziano Del Rio uscendo dal Senato. Un ragionamento simile a quello del leader del M5S Giuseppe Conte, il quale suggerisce di andare a vedere “chi accusa gli altri per primo” per capire chi ha garantito i voti a La Russa, perché “di solito come da copione ha delle colpe da nascondere”, dice ai cronisti. Ma oltre a Renzi, anche Carlo Calenda, leader del Terzo Polo, assicura di aver votato scheda bianca e di non aver segnato il nome del senatore: “Basta guardare i filmati per capire che sono stato nell’urna un nano secondo, credo valga lo stesso per Azione e per Renzi”, dichiara a Tpi. 

Al di là della provenienza dei voti decisivi per La Russa, il dato politico che emerge dalla prima giornata della legislatura è quello di una maggioranza debole e divisa, che ha bisogno di accordi con l’opposizione per ottenere il primo importante risultato. Il No di Meloni a Licia Ronzulli, che il cavaliere avrebbe voluto ministra della Sanità o dell’Istruzione, ha pesato a tal punto da spingere l’ex premier a opporsi all’elezione di La Russa, malgrado le polemiche avrebbero reso evidenti le difficoltà della coalizione di trovare un accordo condiviso all’interno del più ampio negoziato sulla squadra di governo.

Il quadrò, forse, si farà più chiaro mercoledì 19 ottobre, quando verranno eletti i vicepresidenti di Camera e Senato, cariche che spettano a esponenti dei partiti di opposizione. “Lì si potrà vedere chi è stato in qualche modo ricompensato”, fa notare il neo senatore dem Carlo Cottarelli fuori da Palazzo Madama.

 

 

 

 

 

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