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Home » Politica

Il calcio torna alle scommesse? FdI vuole abolire il divieto di pubblicità per il gioco d’azzardo

Immagine di copertina
Già oggi lo sponsor dell’Inter è Betsson Sport, sito di infotainment sportivo legato alla società di scommesse Betsson. Credit: AGF

Per tv e club di Serie A significherebbe rimettere le mani su ricche sponsorizzazioni. Insorgono le opposizioni

Presto i siti di scommesse potrebbero tornare a farsi pubblicità sulle maglie delle squadre di calcio italiane, negli stadi e in televisione. Nelle scorse settimane Fratelli d’Italia, il partito della premier Giorgia Meloni, ha presentato una proposta di modifica dell’articolo 9 del decreto-legge “Dignità” del primo governo Conte, datato 12 luglio 2018.

L’articolo è quello che vieta ogni forma «di pubblicità relativa a giochi o scommesse con vincite di denaro, comunque effettuata e su qualunque mezzo» includendo anche le maglie delle società di calcio che ne avevano beneficiato in passato e le affissioni negli stadi. La modifica è stata approvata in Commissione Cultura del Senato con l’opposizione dei Cinque Stelle e del Partito Democratico e ora affronterà l’esame dell’aula. 

Il punto
Il divieto di pubblicità di siti di gioco d’azzardo, come detto, fu introdotto dal cosiddetto Decreto Dignità, voluto fortemente dal primo governo di Giuseppe Conte. Il decreto aveva tra le altre cose l’obiettivo di contrastare la ludopatia e tutelare le categorie di giocatori più a rischio, come anziani e minorenni. Un cambio di rotta che all’epoca generò parecchie proteste da parte dei club, ma anche dai media specializzati. 

Fino al 2018, infatti, le società di scommesse sportive sponsorizzavano con frequenza e ricchi contratti varie squadre professionistiche, ed erano per vari editori di giornali fra gli inserzionisti pubblicitari più presenti. 

Va però detto che nel corso degli ultimi anni il divieto è stato spesso e “facilmente” aggirato. Come? Invece di pubblicizzare i siti di scommesse, le sponsorizzazioni riguardano siti che formalmente danno notizie e aggiornano sui risultati sportivi, pur contenendo nel nome un riferimento (spesso implicito) ad altri siti di scommesse online. Per fare un esempio: l’Inter ha come principale sponsor sulla maglia uno di questi siti che è sponsor anche di altri club italiani come Torino, Napoli e Palermo. 

E in tv? Stesso discorso. Prima della trasmissione delle partite o durante l’intervallo fra il primo e il secondo tempo non è raro vedere in onda contenuti in cui si confrontano le quote dei risultati tra i vari siti di scommesse. Questi contenuti sono ammissibili perché secondo le linee guida dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (Agcom) non sono considerate pubblicità, bensì segmenti in cui vengono date delle informazioni. Il blocco insomma viene aggirato. 

I prossimi passi
La risoluzione approvata nelle scorse settimane invita il governo a rivedere la legge, perché avrebbe «disatteso le aspettative del legislatore non risultando affatto efficace al contenimento dei fenomeni di ludopatia» e al tempo stesso avrebbe ridotto le entrate del «sistema calcio penalizzandolo nel contesto europeo». 

Chi in questi anni ha fatto pressione per abolire il divieto ha denunciato che all’estero, a partire dal Regno Unito, le pubblicità di scommesse sono possibili: secondo stime di media specializzati varrebbero circa 1,5 miliardi di euro l’anno. 

Nel testo della risoluzione, si legge che la Commissione impegna il governo a «valutare l’opportunità di destinare una quota annuale dei proventi derivanti da giochi sullo sport e scommesse sportive agli organizzatori degli eventi sui quali si scommette», in pratica alle società sportive e agli organizzatori dei campionati di calcio. 

Più nello specifico, la risoluzione prevede la possibilità per il governo di destinare almeno l’1% dei ricavi frutto delle scommesse sportive «a un fondo destinato alla costruzione di nuovi stadi e per l’ammodernamento di quelli vecchi». In più, dà la possibilità di riconoscere «un’ulteriore quota» per il finanziamento di specifici progetti sociali e sportivi e di formazione dei giovani all’interno delle società sportive, a patto che siano «in favore dei settori giovanili, dell’impiantistica sportiva, nonché del calcio femminile», del contrasto alla ludopatia e dei fenomeni di abuso, violenza e discriminazione nei confronti di atlete e atleti. 

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Per il ritorno delle pubblicità delle scommesse mancano diversi passaggi in parlamento e non è ancora stata approvata nessuna norma, ma il voto della Commissione indica che la maggioranza potrebbe essere compatta nell’idea di cancellare il divieto.

Le reazioni
«Nessuno è a favore della ludopatia, tutti vogliamo contrastare una piaga sociale. Per questo abbiamo deciso di rivedere ciò che finora non ha funzionato», spiega il senatore di FdI, Paolo Marcheschi, relatore della proposta: «Il Decreto Dignità non solo non ha ridotto la ludopatia ma ha prodotto più scommesse clandestine». 

Fermamente contrario il leader del Movimento 5 Stelle, Giuseppe Conte: «Hanno riaperto le porte alla pubblicità senza limiti del gioco d’azzardo nel mondo del calcio, negli stadi, sulle maglie delle squadre e durante le partite e in questo modo la maggioranza Meloni dà mandato all’esecutivo di fermare la norma con cui il mio governo aveva messo un argine al dilagare di spot e pubblicità sfrenate sulle scommesse».

Cautela da parte di Matteo Salvini che nel 2015 dichiarò che «un Paese che campa sul gioco d’azzardo è un Paese fallito». Il leader della Lega, che ha dichiarato «di non giocare d’azzardo e ritenere che il gioco resti un problema», ha spiegato che «il governo deciderà sul tema guardando a quello che fanno gli altri paesi europei». 

Per il Partito Democratico, Mauro Berruto si domanda «quale sia la reazione di Giorgia Meloni, in passato sempre pronta a sottolineare la sua stessa e assoluta contrarietà sul tema, con decine di perentorie e inequivocabili dichiarazioni». 

«Siamo assolutamente contrari ad eliminare il divieto, per le società di calcio-scommesse, di fare pubblicità e di sponsorizzare le società di calcio», ha invece ribadito Cecilia D’Elia, capogruppo del Pd in Commissione Scuola, Cultura e Sport di Palazzo Madama. «Anzi, crediamo che sia necessario rafforzare il divieto di gioco d’azzardo anche in questo settore. Mentre su altri punti come sul calcio femminile e sulla promozione dei vivai giovanili, in Commissione Cultura abbiamo lavorato insieme e a lungo in questi mesi con la maggioranza, affrontando diversi aspetti del mondo del calcio, sul principio del divieto di gioco d’azzardo lo schema di risoluzione del relatore Marcheschi non ci trova d’accordo». 

Sulla vicenda è poi intervenuto il ministro per lo Sport e per i Giovani, Andrea Abodi: «Sul tema delle scommesse ho rispetto per le posizioni altrui e mi indigna sentirmi dire che sono asservito a logiche di interessi terzi: a me interessa solo il bene comune. Tutti vogliamo contrastare la ludopatia che crea disastri nelle persone e nelle famiglie. Secondo me ripristinare la pubblicità determina un discrimine tra il gioco legale e illegale e sulla tracciabilità del gioco e dà la possibilità di comunicare sul gioco responsabile. C’è l’impegno a reinvestire parte delle risorse per il contrasto alla ludopatia». 

L’abolizione del divieto era fra i punti del programma con cui Gabriele Gravina è stato recentemente rieletto alla guida della Federcalcio. «Il nostro ministro dello sport – aveva detto – sarà molto attento: conosce il nostro mondo e saprà interpretare nel miglior modo possibile le raccomandazioni del documento della settima commissione». 

Chi ci guadagna?
Le società di scommesse sono tante, hanno giri d’affari enormi e grandi disponibilità economiche, che investono principalmente nel settore sportivo. In primis nel calcio, lo sport più seguito e quello che genera la maggior parte delle scommesse in Italia e non solo. Soldi che ricadevano (ma come spiegato sopra in parte ancora ricadono) sulle società sportive, mezzi di informazione, influencer specializzati e sui conti dello Stato. 

Per farsi un’idea, quando nel 2018 entrò in vigore il Decreto Dignità, ben 15 delle 20 squadre di Serie A avevano accordi commerciali con operatori delle scommesse. Varie stime hanno valutato intorno ai 100 milioni di euro l’anno l’entità delle sponsorizzazioni possibili nella nostra Serie A senza il divieto. 

Parliamo di aziende che investono tanto, tantissimo, anche all’estero. Oggi circa il 14% degli sponsor di maglia dei primi dieci campionati europei sono società di scommesse. Sono 11 su 20 in Premier League, il principale campionato inglese e più famoso al mondo. Premier che però, con una decisione propria, ha già stabilito di vietare queste sponsorizzazioni dalla stagione 2026-2027. 

La cancellazione del divieto di pubblicità in Italia favorirebbe economicamente le società di scommesse stesse (che potrebbero raggiungere un numero più ampio di potenziali giocatori d’azzardo) e le società sportive (con un incremento delle sponsorizzazioni), ma anche televisioni e giornali, che in passato sono stati destinatari di notevoli investimenti pubblicitari. E infine lo Stato. Nel nostro Paese infatti le scommesse sono tassate al 20,5% se la raccolta avviene sulla rete fisica (agenzia di scommesse) e al 24,5% per le puntate online. L’imponibile, cioè la parte tassata, è la differenza fra le somme giocate e le vincite corrisposte. 

Nel 2022 (ultimo anno di cui sono disponibili dati ufficiali e complessivi) in Italia sono stati giocati in scommesse sportive 18,7 miliardi di euro (all’interno di un mercato del gioco d’azzardo molto più ampio), con proventi per lo Stato di 600 milioni.

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