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Lo sciopero degli stabilimenti balneari mette in imbarazzo Meloni

Immagine di copertina
Uno stabilimento del Lido di Ostia chiuso per sciopero. Credit: AGF

Nel primo mattino di oggi, venerdì 9 agosto, è andato in scena lo sciopero degli stabilimenti balneari per protestare contro il mancato intervento del Governo Meloni sul fronte delle concessioni. L’iniziativa mette in imbarazzo i partiti della maggioranza, in particolare Fratelli d’Italia e Lega, da anni schierati con le imprese del settore che si sentono minacciate dalla direttiva Ue “Bolkestein”, che imporrebbe appunto di mettere a gara le concessioni.

La Federazione Italiana Pubblici Esercizi (l’associazione della Confcommercio che rappresenta le imprese del turismo) e la Federazione Italiana Imprese Balneari (la Fiba, associazione che fa capo a Confesercenti) hanno proclamato uno stop del servizio di due ore, dalle 7.30 alle 9.30.

Per la Fiba, l’adesione è stata dell’80%. Maurizio Rustignoli, presidente di Fiba, parla in una nota di “battaglia giusta e doverosa per chiedere al Governo subito una legge definitiva che possa finalmente ridare certezze al comparto balneare italiano”. “Non chiediamo privilegi, non vogliamo eludere i principi europei – assicura Rustignoli – ma non siamo disponibili a far espropriare le nostre imprese”.

L’associazione confindustriale Assobalneari e altre organizzazioni di settore, invece, non hanno aderito alla mobilitazione, convinte che non sia giusto “penalizzare migliaia di consumatori” con uno sciopero.

Nel mirino dei balneari c’è la direttiva europea del 2006 nota come Bolkestein (dal nome dell’allora commissario Ue), che impone in tutti i Paesi membri dell’Unione europea, tra le altre cose, di mettere a gara le concessioni demaniali marittime per aprire il mercato alla concorrenza.

Da quasi vent’anni, in Italia, tutti i governi che si sono succeduti hanno rimandato il problema prorogando di volta in volta le concessioni in vigore. A fine 2022 l’attuale esecutivo ha rinviato la scadenza delle “licenze” alla fine del 2024. Il termine dunque si avvicina, ma questa volta una nuova proroga sembra impossibile.

La Corte di Giustizia dell’Ue ha più volte stabilito che l’Italia deve attuare la direttiva e lo stesso verdetto è stato espresso anche in diverse pronunce del Consiglio di Stato italiano. Il nostro Paese, inoltre, dal 2020 è sottoposto a una procedura d’infrazione europea proprio per il mancato rispetto della Bolkestein.

Se le concessioni fossero messe a gara, gli attuali gestori degli stabilimenti rischierebbero di fatto di perdere da le loro aziende, per le quali – va detto – pagano canoni irrisori. Di fronte a questa prospettiva, gli imprenditori chiedono almeno al Governo di fissare dei criteri nazionali sui bandi, per evitare che ci siano parametri diversi da regione a regione, e invocano un indennizzo economico per la perdita della concessione.

I partiti del centrodestra – in particolare Fratelli d’Italia e la Lega – sono storicamente contrari alla direttiva Bolkestein e negli scorsi anni avevano strenuamente difeso i gestori dei lidi. “Tutela della nautica e delle imprese balneari: 8mila chilometri di litorale e 300mila addetti del settore sono un patrimonio che va difeso da ogni forma di ingiusto esproprio”, si leggeva nel programma elettorale di FdI per le elezioni politiche del 2022.

“Manca la volontà politica di risolvere la questione”, rimproverava ad esempio Giorgia Meloni al Governo Draghi nel gennaio 2022, otto mesi prima di diventare lei stessa capo dell’esecutivo.

E ancora il mese seguente l’attuale premier – dai banchi dell’opposizione – parlava alla Camera di “esproprio” nei confronti di “una categoria demonizzata”. “Si può fare diversamente ed evitare l’applicazione della direttiva Bolkestein”, diceva la leader di Fratelli d’Italia, che tuttavia ora curiosamente dovrà rassegnarsi ad applicarla.

Il tema dei balneari sarà affrontato dall’esecutivo nel cosiddetto decreto Salva-infrazioni che il Consiglio dei ministri discuterà a fine agosto. A tentare una disparata mediazione con Bruxelles, intanto, è il ministro degli Affari europei Raffaele Fitto, in lizza per diventare prossimo commissario Ue.

Secondo il Sole 24 Ore, il Governo potrebbe mettere sul piatto una proroga delle concessioni fino al 2030 nelle Regioni in cui la percentuale di occupazione delle spiagge è inferiore al 25%. Intanto la Lega è in pressing su Meloni: “Spero che l’Europa possa darci l’ok, altrimenti sarebbe un problema”, dice da Milano Marittima Matteo Salvini, vicepremier e ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti.

Tra i più in imbarazzo nell’esecutivo c’è la ministra del Turismo Daniela Santanchè, che fino al 2022 era titolare del Twiga, uno dei più esclusivi lidi della Versilia: “I balneari – dice al quotidiano La Repubblica – non sono una mia delega ma ho piena fiducia in Fitto e nel presidente del Consiglio, una soluzione si troverà”. “Quello che mi interessa – aggiunge Santanché – è il futuro dei 30mila balneari. Sono inquieti, ma se ne parla dal 2009”.

Dopo blocco navale, cancellazione delle accise, abrogazione della legge Fornero, e così via, sui balneari rischia di consumarsi l’ennesima promessa tradita dal centrodestra.

LEGGI ANCHE: “L’Italia tra neoliberismo e svolta autoritaria”: colloquio con Nadia Urbinati e Fabrizio Barca

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