La vittoria di Schlein: mappa delle primarie più combattute di sempre
Quelle del 26 febbraio scorso sono state le primarie per l’elezione del segretario del Partito Democratico più aperte che si siano viste fino a oggi. La vittoria di Elly Schlein su Stefano Bonaccini, infatti, è stata la vittoria col margine più ridotto da quando il PD sceglie i suoi leader con questo strumento, nonché la prima in cui il candidato più votato nei gazebi non è stato lo stesso scelto nel primo passaggio aperto solo agli iscritti.
Questo scarto ridotto (Schlein ha ottenuto il 53,7 per cento dei voti contro il 46,2 di Bonaccini) si ripercuote in una mappa elettorale molto più frastagliata del solito. Le vittorie dei diversi segretari passati finora dalle primarie PD erano sempre state di misura molto larga, e lo sconfitto si limitava a uscire vincitore solo in contesti elettorali molto specifici: nel 2019, guardando il caso più recente, Nicola Zingaretti arrivò primo in tutta Italia con il 66 per cento, superando di oltre 40 punti Maurizio Martina, fermo al 22. Questo portò Zingaretti a imporsi in tutte le province italiane ad eccezione di Salerno, Benevento, Avellino e Potenza in cui fu il suo principale sfidante a prevalere. Simile caso nel 2017, con Matteo Renzi avanti in tutta Italia e Michele Emiliano che, nonostante il terzo posto dietro ad Andrea Orlando, riuscì a vincere in tutte le province della sua Puglia.
La mappa del voto stavolta è molto più colorata ed è caratterizzata da una generica divisione tra centro-nord a sostegno di Schlein e sud a sostegno di Bonaccini al cui interno si possono notare numerose sfumature, a partire dalla vittoria del presidente dell’Emilia-Romagna in tutte le province della sua regione ad eccezione di Parma.
Il dato forse più interessante, tuttavia, non emerge direttamente dalla mappa ma andando ad analizzare i dati in maniera più specifica, e riguarda i grandi centri urbani, luogo in cui tradizionalmente il PD ottiene più voti. Da molti anni, infatti, per i dem è in corso un fenomeno che riguarda molti partiti di centrosinistra di diversi Paesi, sempre più forti nei contesti urbani anche tradizionalmente più vicini al centrodestra e sempre più in difficoltà nelle aree extraurbane e rurali anche in presenza di una forte tradizione di sinistra.
Se andiamo a vedere i risultati del PD nelle elezioni politiche del 2022, vediamo come i pochi collegi uninominali vinti siano principalmente situati all’interno di grandi città italiane come Roma, Milano, Torino, Genova, Bologna e Firenze. In questi contesti, come nelle altre grandi città italiane, Elly Schlein ha ottenuto risultati spesso di molto superiori alla media nazionale o quanto meno della regione.
Sotto: la mappa delle primarie 2023 (in rosso le province vinte da Schlein, in blu da Bonaccini)
Schlein ha ottenuto ad esempio il 70 per cento in provincia di Genova e il 69 in quella di Milano, stessa percentuale ottenuta a Roma città. Ottiene il 66 per cento sia a Torino che a Firenze, si limita a un 52 a Bologna dove è forte la concorrenza del presidente di regione. Nelle città dove il PD aveva ottenuto il suo maggiore bottino, Schlein fa i migliori risultati.
Questo cosa significa? Probabilmente che la vittoria della neosegretaria è avvenuta grazie anche al traino di questo pezzo di elettorato più che di altri, che ha visto in lei la figura più adatta a guidare il PD reduce dalla sconfitta delle ultime politiche.
Spesso si è semplificata la corsa alla segreteria PD come uno scontro tra un candidato come Bonaccini più affine a un’alleanza con Renzi e Calenda e una candidata come Schlein ritenuta più vicina a un’alleanza con il Movimento Cinque Stelle. Partendo da questo presupposto, può sembrare sorprendente vedere Bonaccini in testa in aree come il Sud in cui i pentastellati ottengono il loro migliore risultato e Schlein fare il botto nelle grandi città e nei centri storici, in cui il Terzo Polo fa i suoi migliori risultati. A maggior ragione vediamo come questa apparente divisione fosse un po’ semplicistica, con un dato che mostra come Schlein sia stata più brava del suo avversario a essere vista come la figura giusta da un pezzo di elettorato del PD, quello urbano, che ha un peso molto importante.
A proposito di peso, c’è un dato sull’affluenza (che alla fine ha chiuso a poco più di un milione di votanti) che deve far riflettere. Se non stupisce il fatto che i votanti alle primarie siano diminuiti, dal momento che anche alle elezioni politiche l’affluenza è in calo progressivo da tempo, è interessante vedere la distribuzione degli elettori.
Youtrend ha rilevato come nel 2013, dieci anni fa, nelle primarie in cui Renzi sconfisse Gianni Cuperlo e Pippo Civati, il 35 per cento degli elettori venisse dalle cosiddette “regioni rosse” (Emilia-Romagna, Toscana, Umbria e Marche), una percentuale che quest’anno si è ridotta al 28, meno sia del nord che del centro-sud. Questo mostra come stia mutando la base elettorale del PD e come queste regioni, un tempo roccaforti del centrosinistra, siano sempre più contendibili: non è un caso che Umbria e Marche sono oggi governate dal centrodestra. Nello specifico, alla nuova segretaria starà non sottovalutare il dato degli elettori della Toscana, passato a poco più di 100mila, meno della metà dei 210mila che si recarono alle urna in questa regione nel 2017.