Sardine, Cristallo a TPI: “Ci chiamano tossici perché vogliamo la Cannabis legale. Salvini sbandierava i Mojito al mare”
“Non ho mai conosciuto nessuno che ha smesso di farsi le canne perché era proibito o che non ha iniziato a farsele perché era proibito. Ho visto invece tante persone ricorrere al mercato nero rinforzando le mafie. Il proibizionismo ha fallito, in tutto il mondo è stato superato perché è un tipo d’impianto che non porta da nessuna parte”: queste le motivazioni che hanno spinto Jasmine Cristallo e il movimento delle Sardine ad aderire alla campagna dell’associazione Meglio Legale per discutere della legalizzazione della Cannabis: tre eventi che si svolgeranno a Roma, Firenze e Bologna l’11, 12 e 13 giugno, mentre in Commissione Giustizia è in discussione il Disegno di Legge Magi, che prevede la legalizzazione domestica della coltivazione.
“Un provvedimento che eviterebbe ai cittadini di doversi rivolgere agli spacciatori e al mercato nero” dice Cristallo a TPI. O ai pazienti come Walter de Benedetto, l’uomo affetto da una grave forma di artrite reumatoide che aveva auto-prodotto in casa le piantine di marijuana per colmare l’insufficienza di farmaci cannabinoidi a lui regolarmente prescritti, di essere accusato di spaccio.
È palese. Ci sono evidenze che dimostrano che questa sostanza non è equiparabile ad altre sostanze, che è una risorsa per moltissime patologie e problematiche. In Italia è difficilissimo anche per i malati poterla reperire. Walter nella sua lettera al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella aveva scritto che quel tipo di dolore non aspetta. Perché non posso decidere di non provare dolore utilizzando una sostanza che mi intossica un po’ meno di altri farmaci? Questo ragazzo prova dolori inenarrabili. Perché ha dovuto elemosinare qualcosa a cui dovrebbe avere diritto ? Civilmente non è accettabile che ci siano difficoltà a fornire farmaci a queste persone. Il dibattito è ideologico: in altri posti del mondo, come gli Stati Uniti, questa cosa è stata superata.
Anche su questo c’è un tabù. Va bene se stai soffrendo come un cane, ma se lo scopo è ricreativo, perché la cannabis ti può togliere l’ansia, non va bene? La cannabis non è una droga. Lo è come tantissime altre sostanze che creano dipendenza, come il tabacco e l’alcol, che però vengono gestite dallo Stato. Sono tutte sostanze psicotrope. Abbiamo bibite a contenuto alcolico pubblicizzate in tv come iniziazione all’alcol. Perché quel mercato lì va bene, anche se produce morti ed effetti devastanti sull’individuo e la cannabis no? Perché posso ‘ricrearmi’ bevendo uno spritz e non fumando una canna?
Ci sono studi che ci raccontano che si può slatentizzare qualcosa, come avviene anche per altre sostanze. La possibilità di poter controllare questa sostanza ti consente però di difendere i soggetti fragili, i giovani. Ad oggi non possiamo difendere nessuno perché è tutto affidato al mercato nero, e un ragazzo che finisce nelle mani di uno spacciatore potrebbe arrivare ad altro: da questo dovremmo tenere lontano i giovani. Viviamo in un Paese in cui c’è un abuso di psicofarmaci e una sofferenza emotiva. Perché non alleviarla con una canna, invece che con sostanze più forti? Su questo esiste un tabù ideologico, ma il proibizionismo ha fallito. La regolamentazione porterebbe poi a una quantità di benefici economici per lo Stato di cui non si parla mai. Dovremmo affrontare il dibattito scevri da ogni cancello ideologico.
Questa non è una questione di priorità. Noi non stiamo al governo, lui è al governo. Ognuno porta avanti le sue battaglie. La proposta di legalizzare il consumo domestico è in discussione in Commissione Giustizia e quindi degna di essere dibattuta anche fuori dal Parlamento. Stiamo cercando di farlo perché è un tema che riguarda milioni di italiani. Ed è giusto che questo dibattito si affronti in maniera leale senza condizionamenti di matrice ideologica. Perché chi si occupa di questo tema è definito tossicomane? Io sono astemia e non fumo, sono quella che guida sempre al ritorno quando si esce la sera, ma combattere certe battaglie significa pretendere che ci sia un’evoluzione in quello che vivi. Penso a Salvini, alle scene del Papeete con lui che da Ministro dell’Interno sorseggiava di pomeriggio un Mojito: non credo possa permettersi di puntare il dito contro chi sta cercando di portare avanti un dibattito quando poi lui serenamente sbandierava superalcolici.
Ci sono progressisti o sedicenti tali che potrebbero benissimo testimoniare la volontà di affrontare il dibattito e superare finalmente i cancelli ideologici, ma non lo fanno. In Italia i temi complessi vengono invece definiti divisivi, come lo Ius Soli o il Ddl Zan.
Il segretario del Pd ha fatto un’apertura su questo, nonostante abbia una storia politica moderata. Ma altri esponenti di centrosinistra dovrebbero mostrare più coraggio.
Se nota, questo dibattito non è in mano al centrosinistra, non è dove dovrebbe stare. E il proibizionismo è legato invece a un’altra filosofia. Alcuni esponenti del Pd a differenza del segretario non hanno testimoniato apertura.
Quello sulla cannabis è un dibattito difficile, ma ci sono tanti altri luoghi lasciati all’incuria dal centrosinistra. Questo è un momento in cui si deve riaffermare un’identità soprattutto attraverso il tema del lavoro, che dovrebbe avere pilastri intoccabili. Invece abbiamo assistito ad una rincorsa di politiche neoliberiste che hanno prodotto quello che vediamo oggi. Non posso pensare che in Italia sia stata la sinistra a distruggere il sistema sanitario nazionale con la modifica del Titolo V, che ha creato le disuguaglianze venute a galla durante l’epidemia di Covid-19. Anche questi sono temi che si dovrebbe tornare a discutere.
Nella commissione giustizia ci sono tanti esponenti del M5S che si sono occupati di questo dibattito alla Camera. Penso a Fabiana Dadone.
È stata accolta come qualcuno che vorrebbe incentivare il consumo di Cannabis. Una cosa da vergognarsi. Io sono convinta che una cosa è dire ai propri figli che è pericoloso buttarsi in mare, un’altra cosa è insegnare a nuotare. Mi sono occupata di disagi giovanili e ho incontrato tantissimi ragazzi che si sono ritrovati all’interno del proprio Liceo o della propria Scuola stigmatizzati come spacciatori per avere addosso una canna. Non è educativo e quello stigma te lo porti dietro per tutta la vita, soprattutto se lo getti su ragazzi di quell’età.