Salvini intervistato dal New York Times: “Io come Trump”. E il quotidiano lo definisce “esperto di vittimismo politico”
Il prestigioso quotidiano statunitense New York Times ha intervistato il leader della Lega, Matteo Salvini, a pochi giorni dal voto del Senato sul caso Gregoretti. Il corrispondente Jason Horowitz traccia un quadro della situazione politica italiana, in particolare sul tema dell’immigrazione, evidenziando come finire sotto processe potrebbe rivelarsi un vantaggio dal punto di vista politico per l’ex ministro dell’Interno.
Nell’articolo – intitolato “Perché a Matteo Salvini non importa essere indagato” – Salvini viene definito un “esperto di vittimismo politico” e paragonato in questo all’ex premier Silvio Berlusconi, che – si legge – “ha trascorso decenni a dipingere i pubblici ministeri italiani come opposizione comunista del Paese, con grande fortuna politica”.
“Salvini ha sostituito Berlusconi come leader de facto della destra italiana, sebbene si sia seduto in disparte da quando il suo governo di coalizione è caduto l’estate scorsa”, scrive il New York Times.
Nell’intervista, peraltro, Salvini preferisce paragonarsi al presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, recentemente uscito indenne dal procedimento di impeachment.
“La sinistra prova a vincere usando mezzi giudiziari visto che non può vincere attraverso mezzi democratici: ma contro Trump tutto finirà in un nulla di fatto, contro di me lo stesso”, osserva il leader della Lega. Sul caso Gregoretti nell’intervista Salvini afferma che, se la richiesta di autorizzazione a procedere contro di lui passerà l’esame del Senato, “metteranno sotto processo l’intero popolo italiano”.
“Il tema dell’immigrazione non è certamente un tema che mi spaventa”, sottolinea l’ex ministro. “Ogni mesi c’è una indagine a mio carico sul tema dei migranti”.
L’articolo del New York Times parla anche della sconfitta della Lega alle recenti elezioni regionali dell’Emilia-Romagna e descrive un Salvini ormai rassegnato a dover aspettare la fine della legislatura, nel 2023, per poter tornare al governo. “Non c’è fretta”, commenta però il leader leghista.