Salvini sulla flat tax: “Chi guadagna di più risparmia di più”
Per il ministro dell'Interno "se uno fattura di più, risparmia e reinveste di più creando lavoro"
Matteo Salvini, ai microfoni di Radio Anch’io, torna a parlare della flat tax, uno dei provvedimenti simbolo della sua campagna elettorale e di cui si sta ampiamente discutendo in questi giorni.
“È giusto che chi guadagna di più paghi meno tasse. Perché spende e investe di più. L’importante è che ci guadagnino tutti: se uno fattura di più, risparmia di più, reinveste di più, assume un operaio in più, acquista una macchina in più, e crea lavoro in più. Non siamo in grado di moltiplicare pani e pesci. Il nostro obiettivo è che tutti riescano ad avere qualche lira in più nelle tasche da spendere”.
Per il ministro dell’Interno, quindi, abbassare la tassazione a chi ha redditi alti è funzionale a stimolare gli investimenti e a creare lavoro. Proprio su questi principi, del resto, si basa l’idea di introdurre la “tassa piatta”.
La flat tax in questi giorni sta facendo molto discutere. Lunedì 4 giugno, in un’intervista ad Agorà, il leghista Alberto Bagnai ha spiegato in che modo il nuovo governo ha intenzione di introdurre la tassa in due diversi momenti per imprese e famiglie.
“Mi sembra che ci sia un accordo sul fatto di far partire la flat tax sui redditi di impresa a partire dall’anno prossimo”, ha detto Bagnai.
“E poi a partire dal secondo anno si prevede di applicarla alle famiglie”.
Secondo il nuovo piano spiegato da Bagnai, quindi, la riduzione dell’aliquota per le aziende sarà ridotta a partire del 2019, mentre quella delle famiglie nel 2020.
L’imposta sul reddito delle persone fisiche, o Irpef, passerà dalle 5 aliquote attuali a 2 secche, la prima pari al 15 per cento per i redditi fino a 80mila euro e la secondo al 20 per cento per quelli superiori.
Alberto Bagnai, secondo indiscrezioni, potrebbe ricoprire la carica di sottosegretario all’Economia.
Cos’è la Flat tax
Cavallo di battaglia della Lega, la flat tax (letteralmente “tassa piatta”) è un sistema fiscale che applica la stessa tassazione, in termini di aliquota, a tutti i contribuenti, indipendentemente dal loro reddito.
Differisce quindi dai sistemi di tassazione progressiva, che differenziano le aliquote a seconda dei redditi dei contribuenti.
In Italia, che come la quasi totalità dei paesi occidentali adotta un sistema progressivo, l’imposta sul reddito delle persone fisiche (Irpef) si applica sulla base di scaglioni che vanno dal 23 al 43 per cento.
Coloro che guadagnano di meno versano allo stato il 23 per cento (in Italia ciò vale per i redditi fino a 15mila euro, ad esclusione della no tax area), mentre per chi guadagna più di 75mila euro l’aliquota è del 43 per cento.
Con la flat tax, queste differenti soglie verrebbero uniformate, e a tutti i contribuenti verrebbe applicata la medesima aliquota fiscale.
Per fare un esempio, con una flat tax al 30 per cento, chi guadagna 100mila euro l’anno ne verserebbe 30mila alle casse dello Stato, mentre chi ne guadagna 30mila ne verserebbe 9mila.
La flat tax è un vecchio cavallo di battaglia di Silvio Berlusconi, che la propose già alle elezioni del 1994. La Lega, però, aveva formulato una proposta ancora più estrema, ovvero quella di una flat tax al 15 per cento.
In entrambi i casi, è prevista una “no tax area”. Ciò significa che sarebbero esentati dal pagare l’imposta unica le persone il cui reddito è inferiore a una certa soglia.
Per coloro che sostengono l’utilità di questo sistema di tassazione, la flat tax permetterebbe innanzitutto di diminuire drasticamente l’evasione fiscale.
Inoltre, con la flat tax tutte le categorie sociali pagherebbero meno tasse, seppur in misura proporzionalmente molto differente a seconda del reddito.
Proprio su quest’ultimo punto fanno leva molte delle critiche alla flat tax. Questo sistema, infatti, riduce moltissimo le tasse per chi ha redditi elevati, mentre per i redditi bassi la riduzione delle imposte è minima.
In sostanza, la flat tax viene vista dai suoi detrattori come un regalo ai ricchi, che di “equità fiscale” avrebbe poco o nulla.
Inoltre, il rischio è che la riduzione delle entrate per lo stato possa essere estremamente dannosa in particolare nei primi anni di applicazione della legge.
Il senatore leghista Armando Siri aveva detto che “la flat tax premierà il ceto medio tartassato”, dato che in Italia sono solo “100 mila le persone che dichiarano sopra i 300 mila euro su 40 milioni di contribuenti”.
In questo articolo è stata verificata la veridicità delle affermazioni del senatore leghista.
Anche il nuovo ministro dell’Economia Tria aveva espresso la sua opinione in merito alla flat tax, specificando di essere favorevole alla sua introduzione, purché sia graduale.
Pur sostenendo che la flat tax “coincide con l’obiettivo di riduzione della pressione fiscale come condizione di una politica di crescita”, per Tria è comunque auspicabile “contare meno sulle scommesse e far partire la riforma con un livello di aliquota, o di aliquote, che consenta in via transitoria di minimizzare la perdita di gettito, per poi ridurle una volta assicurati gli effetti della crescita”.