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Home » Politica

Altro che emergenza sociale: così il tema della salute mentale è stato dimenticato dai partiti

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Credit: Christian Erfurt

I disturbi mentali sono una delle principali sfide di sanità pubblica. Nell’Agenda Onu 2030 per lo Sviluppo Sostenibile, la salute mentale è stata riconosciuta in modo più critico come una componente importante dell’agenda globale per la salute. In particolare l’Obiettivo 3.4 mira a ridurre la mortalità prematura dovuta a malattie non trasmissibili attraverso la prevenzione e le cure adeguate, nonché a promuovere la salute mentale e il benessere.

I dati più recenti che abbiamo a disposizione restituiscono un quadro allarmante: in Europa 9 milioni di adolescenti convivono con un disturbo legato alla salute mentale, ansia e depressione, mentre il suicidio rappresenta la quarta causa di morte nei giovani tra i 15 e i 19 anni, secondo l’ultimo rapporto dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS). Non vanno meglio le cose in Italia: secondo lo studio Unicef “La condizione dell’infanzia nel mondo 2021”, un minorenne su 5, circa 1,8-2 milioni (il 20% del totale), soffre di qualche disturbo di salute mentale. Inoltre, come riporta la Società Italiana di Neuropsichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza, negli ultimi dieci anni è raddoppiato il numero degli utenti seguiti nei servizi di neuropsichiatria infantile (NPIA), mentre il 50 % di minorenni con problemi di salute mentale non ha accesso a servizi pubblici e almeno uno su 10 (in particolare in età adolescenziale) viene ricoverata in reparti per adulti anziché pediatrici.

Dati confermati anche dal rapporto Istat del 2021, dal quale emerge che i giovani fra i 14 e i 19 anni lamentano peggiori condizioni di malessere psicologico: in 220mila (circa il 10% del totale) dichiarano di essere insoddisfatti della propria vita, delle loro relazioni interpersonali, familiari e della propria salute. Un dato preoccupante al quale si somma la presenza, attorno al 10%, di forme depressive o ansiose.

Gli effetti della pandemia sulla salute mentale

La pandemia di Covid-19, poi, non ha fatto altro che aggravare i problemi già esistenti: da un rapporto dell’OMS emerge che la crisi sanitaria ha interrotto i servizi fondamentali per la salute mentale nel 93% dei Paesi del mondo, a fronte di una richiesta di supporto in forte aumento. Gli effetti sulla salute psichica dei più giovani e dei bambini sono stati pesanti: più di 1,6 miliardi di bambini hanno perso parte della loro istruzione e almeno 1 bambino su 7 (332 milioni nel mondo) ha vissuto per non meno di 9 mesi, da quando ha avuto inizio la pandemia, sotto misure restrittive e anti-contagio, che hanno messo a rischio la loro salute mentale e il loro benessere psico-fisico, sostiene un altro studio Unicef.

Oltre a costituire un danno alla salute pubblica e al sano sviluppo della società, i disturbi mentali arrecano ingenti perdite economiche. L’Atlante della salute mentale dell’OMS nel 2017 ha provato a quantificare il costo per l’economia globale dovuto alla perdita di produttività relativo alla malattia mentale, che ammonta alla cifra impressionante di un trilione di dollari l’anno (un miliardo di miliardi).

Gli effetti della pandemia sulla salute mentale hanno messo in seria difficoltà anche il nostro sistema sanitario: mentre è aumentato il numero di cittadini in cura – se ne contavano 728mila nel 2020 – nei Dipartimenti di Salute Mentale (DSM), questi ultimi sono diminuiti, passando da 183 a 141 tra il 2015 e il 2020. Numeri che saranno sicuramente aumentati nel biennio 2021-22, anche se non ancora censiti. A questo si deve aggiungere la cronica carenza di personale, sia medico che infermieristico, nei DSM.

Inoltre, secondo uno studio recente di Anaao-Assomed, nel 2025 mancheranno altri 1000 psichiatri a causa dei pensionamenti e delle dimissioni. A maggio scorso la Società Italiana di NeuroPsicoFarmacologia (SINPF) ha lanciato un appello straordinario, a cui hanno aderito anche altre società scientifiche del settore, come la Società Italiana di Psicopatologia (SOPSI), la Società Italiana di Neuropsichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza (SINPIA) e la Società Italiana Psichiatria delle Dipendenze (SIPD), per la creazione di una Agenzia Nazionale per la Salute Mentale, in grado di colmare le gravi differenze regionali e con l’obiettivo di riportare l’Italia ai livelli di spesa media per Salute Mentale dell’Unione europea e di ridare dignità a tutti gli operatori e professionisti del settore. 

Tra bonus insufficienti e tagli alla spesa

Per far fronte al problema, il 25 luglio scorso il Governo ha introdotto la misura emergenziale del cosiddetto “bonus psicologo”, attiva fino al 24 ottobre 2022 e finanziata con 10 milioni di euro attraverso il decreto Milleproroghe. Una misura che si è però già dimostrata insufficiente. In soli due giorni, infatti, le richieste arrivate all’Inps sono state 113.343, ben oltre il limite finanziabile stabilito dalla norma, che corrisponde a massimo 50mila domande, se si considera l’importo minimo del voucher pari a 200 euro.

In questo modo, meno della metà delle domande potrà essere accolta. Un aiuto è arrivato dal decreto Aiuti bis, con il quale sono stati stanziati altri 15 mln di euro per il bonus. “Abbiamo lavorato assieme all’Ordine degli psicologi per rafforzare questa misura. È stato raddoppiato l’importo perché sono arrivate tantissime richieste in pochi giorni”, dichiara a TPI Michela Pensavalli, psicologa, psicoterapeuta e consigliera dell’Ente Nazionale Previdenza e Assistenza degli Psicologi (ENPAP). “Il bonus è una misura positiva – continua – ma è solo un segnale flebile. I dati ci dicono che i sintomi depressivi e l’ansia generalizzata sono duplicati dopo la pandemia. Questi disturbi sono spesso legati anche allo scenario instabile in cui ci viviamo e al futuro incerto che ci attende. A questo deve aggiungersi l’impatto che il cambiamento climatico ha sulla nostra salute mentale, la cosiddetta ecoansia, che si manifesta e si amplifica a seguito di fenomeni catastrofici come l’alluvione avvenuta nelle Marche pochi giorni fa”, spiega.

“Noi stiamo lottando da tempo per istituire lo psicologo di base. Sono convinta che l’utilizzo degli psicofarmaci diminuirebbe se ci fossero più specialisti disponibili ad ascoltare questi problemi. Oggi le persone prese dal panico ricorrono all’uso dei farmaci senza aprirsi e parlare dei propri problemi. Siamo sempre più soli e chiusi in noi stessi. Anche se sullo stigma e  sul pregiudizio stiamo facendo passi avanti – conclude –, c’è ancora tanta strada da fare”.

La miopia politica sul tema è riscontrabile anche nel sottofinanziamento pubblico della salute mentale, nella carenza di dati epidemiologici sulla salute mentale degli adolescenti e nella sua totale assenza all’interno del dibattito pre-elettorale. “Un tema diventa virale in campagna elettorale quando si ritiene che interessi una fetta importante di elettorato. È evidente che nel caso della salute mentale, la si sottovaluta”, spiega Fabrizio Starace, Direttore DSMDP AUSL di Modena, Presidente Società Italiana di Epidemiologia Psichiatrica e Presidente III Sezione del Consiglio Superiore di Sanità a TPI. “Si ritiene di dare una risposta attraverso interventi limitati e settoriali come il bonus psicologo, che non è però un intervento di sistema, perché non rispetta i criteri di universalità e territorialità che teoricamente governano il sistema di welfare”. 

Diversa la posizione di David Lazzari, Presidente del Consiglio Nazionale dell’Ordine degli Psicologi: “Ad agosto abbiamo lanciato un appello alle forze politiche”, racconta a TPI. “Sono rimasto positivamente sorpreso perché finora ci hanno risposto ben cinque forze politiche: il PD, attraverso la responsabile salute Sandra Zampa, FdI attraverso l’On. Maria Teresa Bellucci, il M5S, la coalizione Azione-Italia Viva e il segretario di +Europa, Benedetto Della Vedova.

Nelle risposte hanno illustrato anche le proposte dei partiti sul tema presenti all’interno dei programmi. In una campagna elettorale dove certamente il tema non è al centro del dibattito politico, anche per questo motivo io ho cercato di sollecitare un’attenzione più adeguata da parte delle forze politiche. Al momento, posso affermare con orgoglio che l’appello dell’Ordine ha prodotto un effetto significativo. Nella passata legislatura si erano ottenute convergenze importanti da parte di tutte le forze politiche sul bonus psicologo e sull’istituzione di uno psicologo di base e nelle scuole – prosegue -, per questo sono fiducioso e ritengo che nella prossima legislatura ci sarà un impegno serio”.

I programmi presentati dai partiti in occasione delle prossime elezioni, in realtà, fanno solo brevi accenni alla questione, anche se con significative differenze. La coalizione di centrodestra, tranne la Lega che propone il lancio di un Piano sperimentale quadriennale per la salute mentale, non ne fa cenno. I Cinque Stelle propongono invece di introdurre la figura dello psicologo di base e di aumentare il numero di psicologi e pedagogisti nelle scuole. La coalizione di centrosinistra è quella che dedica più spazio al tema, puntando un piano straordinario per la salute mentale e sullo sviluppo di Centri di salute mentale fortemente radicati sul territorio, sull’istituzione di uno psicologo per le cure primarie, su voucher aziendali per la prevenzione e la cura dello stress da lavoro e sull’istituzione di una guardia psichiatrica h24, fra le altre cose. Il Terzo Polo accenna solo alla figura dello psicologo di base. Nonostante l’interesse mostrato sul tema, si tratta comunque di misure che occupano un’importanza irrisoria all’interno dei capitoli sulla sanità e nella maggior parte dei casi non viene neppure specificata l’origine dei fondi per finanziare queste misure.

La salute mentale, in realtà, riguarda molto da vicino le figure politiche. Uno studio pubblicato due anni fa sulla rivista inglese “Parlamentary Affairs” ha dimostrato infatti che chi svolge un’attività politica, e quindi un lavoro di grande responsabilità, è sottoposto ad alti livelli di tensione, stress e ansia che possono manifestarsi in diversi tipi di patologie, dalla depressione ai disturbi del sonno. Secondo la ricerca, la frequenza di queste condizioni in chi lavora in ambito politico è addirittura doppia rispetto a quella della popolazione generale. “Laddove questo dato fosse replicabile in tutti i contesti (e non ho motivi per dubitare della ragionevolezza di questa ipotesi), ci aspetteremo una attività più intensa e propositiva su queste tematiche da parte dei nostri rappresentanti politici”, afferma Starace.

In Italia la spesa per la salute mentale negli anni dal 2015 al 2018 ammontava a circa il 3,5% del Fondo Sanitario Nazionale (FSN). I dati del 2019 hanno però evidenziato una preoccupante discesa al di sotto del 3% (2,98%), con una forte contrazione anche nelle Regioni e nelle Pubbliche Amministrazioni che negli anni precedenti avevano garantito fondi maggiori. Nel 2020, primo anno della pandemia, la spesa ha registrato un lieve aumento (€70 mln), ma sempre al di sotto del 3% del FSN. Nel 2018 la Lancet Commission sulla Salute Mentale Globale e lo Sviluppo Sostenibile dichiarava che “I Paesi a basso-medio reddito dovrebbero aumentare la loro allocazione per la salute mentale ad almeno il 5% e i Paesi ad alto reddito ad almeno il 10% del bilancio sanitario totale”.

L’Italia, che si colloca tra i Paesi ad alto reddito, per la salute mentale non raggiunge nemmeno i livelli di finanziamento previsti per i Paesi a basso-medio reddito. Questo nonostante l’impegno a “destinare almeno il 5% dei fondi sanitari regionali per le attività di promozione e tutela della Salute Mentale” fosse stato approvato all’unanimità dalla Conferenza dei Presidenti delle Regioni nel lontano 2001. Purtroppo neanche nella Missione Salute del PNRR sono state indicate risorse da destinare nello specifico alla salute mentale, confermando ancora una volta l’incapacità politica di comprendere l’importanza di questa voce. 

Gli effetti collaterali di questa contrazione della spesa pubblica, e quindi dei servizi e del numero di operatori disponibili, sono “l’arricchimento della sanità privata da una parte e l’allocazione delle poche risorse rimaste in trattamenti di casi gravi o in misure emergenziali, come il bonus psicologo, perdendo di vista gli interventi fondamentali di domiciliarità, territorialità e prevenzione”, spiega Starace.

Sulla questione delle coperture, il Presidente propone la sua ricetta: “Se si riconosce che un’area ha una priorità che finora non è stata sufficientemente recepita, e che quindi necessita di maggiori risorse – continua-, si dovrebbe procedere a una spending review, trasparente e condivisa da tutti, intervenendo su quelli che, seppur limitati, sono degli sprechi e lavorando sulle vere priorità”. Per Starace la cura e la riabilitazione psichica delle persone è un passaggio fondamentale verso la ripresa economica del Paese: “Se abbandoniamo le persone a loro stesse durante il tragitto, queste ci torneranno indietro sotto forma di spesa per l’assistenza, per le pensioni dell’invalidità e per la mancata produttività lavorativa. Non possiamo permettercelo”.

Il ruolo del terzo settore

Davanti all’immobilismo e spesso all’incapacità delle Istituzioni di attivarsi e far fronte all’emergenza psicologica e psichiatrica che stiamo vivendo, sono le associazioni del terzo settore e le no-profit a colmare i vuoti che si vengono a creare e a offrire alle persone un’alternativa concreta. Club Itaca Roma è una di queste. Si tratta di un centro di riabilitazione per l’autonomia socio-lavorativa di persone con disagio psichico che utilizza il metodo certificato Clubhouse International, nato a New York nel secondo dopoguerra e oggi applicato in oltre 300 centri in tutto il mondo. Il metodo consiste nell’affiancare alla terapia farmacologica, prescritta da un medico, una serie di attività e laboratori propedeutici al reinserimento lavorativo delle persone in cura. “Il nostro è un approccio personacentrico”, racconta il direttore Guido Valentini a TPI. “Più che alla malattia volgiamo lo sguardo alla persona. Quando si arriva al Club per la prima volta, si è già passati attraverso una lunga, difficile e quasi sempre dolorosa trafila di trattamenti terapeutici che se da una parte sono fondamentali e spesso salvano letteralmente delle vite, dall’altra, in molti casi, portano la persona (che in questo caso è un paziente) a identificarsi unicamente e completamente con la propria malattia. In una Clubhouse non si fanno differenze basate sulle diagnosi, si ha la possibilità di sperimentarsi e vengono valorizzate forze, talenti e abilità”, spiega Valentini.

La struttura, situata nella zona Monte Sacro di Roma, è interamente gestita dai soci/utenti, ovvero giovani utenti affetti da gravi patologie psichiatriche, seguiti da personale specialistico non sanitario. “Attraverso una giornata strutturata su impegni significativi autogenerati dal Club stesso, dalla contabilità ai pasti, fino alla manutenzione della struttura, ci si abitua a capire quali sono le attività dalle quali si trae maggiore soddisfazione – continua il Direttore -, a prendere decisioni autonomamente, a relazionarsi con gli altri in maniera sana e adulta, a condividere responsabilità con i propri colleghi e con il personale della struttura. In questo modo i soci/utenti vengono aiutati a riacquisire stima di sé, obbiettivi e fiducia e a ridurre via via la propria malattia a un singolo aspetto di sé tra tanti altri. Prima della malattia – sottolinea Valentini -, c’è sempre una persona, con il proprio carattere, la propria personalità, le proprie peculiarità. Quando questi aspetti vengono valorizzati e messi in risalto, ecco che la propria diagnosi, anche se grave, diventa un aspetto sempre più piccolo del proprio tutto”.

La pandemia ha inciso in maniera significativa sulle persone con disturbo psichico, aggravando situazioni di disagio pre-esistenti o portando molte persone allo sviluppo di disturbi di cui non avevano mai sofferto prima. “Questa situazione – afferma Valentini – ha generato un aumento delle richieste di aiuto al Club sia da parte di persone che si rivolgevano a noi per la prima volta, sia da parte di ragazze e ragazzi che avevano smesso di frequentare il nostro centro e che tornavano ad aver bisogno del nostro supporto”.

Anche la neonata associazione a scopo sociale, Pianeta, ha deciso di puntare sulla salute mentale, organizzando un evento al Monk di Roma mercoledì 21 settembre: una tavola rotonda con esperti, associazioni del settore ed esponenti politici dei diversi schieramenti per parlare del tema e provare a raccogliere suggerimenti e proposte utili al miglioramento del servizio pubblico. 

Esiste una connessione intima tra gli obiettivi dell’agenda Onu 2030, la crescita sostenibile e la felicità delle persone” dichiara Stefano Rimini, fondatore e presidente di Pianeta, a TPI.  “Per questo Pianeta parte a Roma, dopo essersi presentata in Emilia-Romagna, parlando di salute mentale dei ragazzi e delle ragazze. Non si tratta di un tema riservato a pochi esperti di settore, ma di una priorità su cui il mondo politico e la società civile sono chiamate ad agire insieme e che è alla base dello sviluppo e del benessere delle persone. I dati sulla salute mentale dei giovani sono davvero allarmanti – conclude – e non esiste politica ambientale e lotta al riscaldamento climatica che può concretizzarsi senza il benessere psicosociale dei giovani”.

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